Se lo squadrismo sionista usa penna e manganello, occorre riscoprire l’attualità e l’universalità dell’antifascismo contro le ideologie razziste. Un nostro compagno ci ha girato un articolo apparso sul sito della Comunità Ebraica con l’eloquente titolo ”Processo a Israele in Municipio" a firma di Fabio Perugia. L’articolista apre il suo pezzo con la domanda: Mentre Israele celebra la sua fondazione, i palestinesi ricordano la ‘Nakba’, la cacciata. Ma perché ospitare un processo politico contro lo Stato ebraico in un Municipio di Roma? La risposta viene spontanea: perché, caro Perugia, siamo in Italia, a Cinecittà, e non in Israele dove purtroppo ricordare la Nakba è reato. Qui in Italia se ne può parlare liberamente anche in un Municipio. E nonostante una legge liberticida, molti palestinesi ed israeliani democratici quest’anno hanno ricordato in Palestina la tragedia della nakba, in alcuni casi in manifestazioni comuni. Prendiamo come spunto questo bruttissimo articolo del sito della Comunità Ebraica di Roma per aprire una riflessione più ampia; chi volesse leggere l’articolo può farlo cliccando su: http://www.romaebraica.it/una-ricorrenza-al-contrario/#more-7219
Simili articoli e prese di posizione isterici ed oltranzisti sono sintomatici: gli autori manifestano tutta la loro grettezza, senza alcun pudore, proprio perchè si sentono legittimati. Ci sono diversi siti (come quello di "Informazione Corretta") che quotidianamente monitorano giornali, televisioni e siti web, e laddove riscontrano posizioni difformi, e non in linea con le loro sensibilità politiche sioniste, si scatenano in violente campagne diffamatorie. L'accusa di essere un antisemita è stata affibbiata, da questi custodi della verità, a chi rileva quanto sia ingiusta e dura la condizione dei palestinesi sotto l'occupazione israeliana. Fiamma Nirenstein e Dimitri Buffa sono arrivati a chiamare in causa l'antisemitismo nei confronti di quanti denunciavano la barbarie dell'operazione "Piombo fuso" contro la striscia palestinese di Gaza.
Non è follia e non sono operazioni gestite da quattro invasati. Da tempo denunciamo che a partire da Israele per finire nelle comunità ebraiche in giro per il mondo, il sionismo ha preso in ostaggio la radice culturale ebraica, pretendendo di rappresentarla in toto. Lo abbiamo fatto con un convegno sul sionismo il 29 novembre del 2009, diventato poi un libro: “Palestina, una terra cancellata dalle mappe. Dieci domande sul sionismo”. Secondo queste correnti reazionarie, l'ebraismo coincide con il sionismo e con la politica di Israele, un assioma pericoloso e falso.
Questo postulato è tutto interno alla corrente sionista, oggi tragicamente egemone non solo tra le comunità ebraiche e tra i cittadini israeliani, ma anche tra chi non è israelita, come buona parte della classe politica europea e statunitense. Ci sono sionisti tra gli estremisti evangelici americani, nella stessa Associazione Amici d‘Israele o addirittura nell’associazione Sinistra per Israele.
Fassino, Napolitano,Gianfranco Fini, Bertinotti, Vendola e Alemanno non sono ebrei ma sono sicuramente sionisti o molto, molto compiacenti verso il sionismo, molto di più di ebrei e cittadini israeliani come Warschawski, Ilan Pappè e Aaron Shabtai, che denunciano la politica sionista israeliana.
Il sionismo è un’ideologia politica nata all'interno dell'élite borghese della diaspora ebraica, un’élite che nel tempo ha rinnovato la sua alleanza con le cancellerie occidentali sostituendosi ad esse nella funzione di controllo dell’intera mezzaluna araba.
Questa simbiosi dialettica, con gli interessi degli imperialismi europei e statunitensi, ha fatto sì che l’ideologia sionista sia divenuta un elemento “culturale ed ideologico” preminente nelle relazioni politiche anche nel nostro paese. I quattro invasati, i coloni, i giovani delle colline, i picchiatori della LED e i giornalisti con tendenze anti-democratiche, con i loro eccessi fanno il lavoro sporco, di forza fisica e verbale, teso a conquistare spazio “vitale”. Sarebbero solo quattro invasati se non avessero il sostegno ed il supporto di Israele e delle istituzioni europee e statunitensi. Oltretutto, diventano funzionali nel gioco di squadra con i "sionisti dal volto pulito", quello dei vari Yehoshua, Grossman, Peres, Noa, o di politici come Fassino, Napolitano,Gianfranco Fini, Bertinotti, Vendola e Alemanno, che sostengono la tesi della democrazia israeliana.
E’ di questi giorni l'ordinanza di archiviazione del procedimento contro l’unico indagato, tale A.D.P., come partecipante all’aggressione subita dai Palestinesi e dalla "Rete Romana di solidarietà con la Palestina" il 24 giugno 2010. In quella aggressione ben 4 persone furono ferite, quando gli squadristi sionisti armati di tirapugni e caschi tentarono di gettare dalla scalinata del Campidoglio due compagni palestinesi. Un'aggressione che, come sempre quando si tratta di violenza legata al potere, non trova colpevoli.
Sono aggressioni finalizzate a negare l’agibilità politica, e possono sia presentarsi come aggressioni fisiche sia prendere la forma di pressioni politiche e campagne giornalistiche. Nelle scuole ed in molti altri luoghi pubblici è sempre più difficile parlare dell’occupazione israeliana e della Palestina; non è raro che le amministrazioni locali e le istituzioni scolastiche neghino la disponibilità di spazi pubblici. Una scelta che tocca direttamente la libertà di pensiero e manifestazione.
Il 31 maggio doveva essere inaugurata alla Casa della Memoria a Roma una mostra sulla strage di Sabra e Chatila, avvenuta nel settembre 1982, durante l’invasione israeliana del Libano. Tutto era pronto, quando, a pochi giorni dall’inaugurazione, i responsabili della Casa della Memoria hanno cancellato l’evento senza darne una spiegazione ufficiale agli organizzatori della mostra.
L’esposizione fotografica insieme ad un calendario di incontri voleva raccontare della situazione dei rifugiati palestinesi, oltre 400mila solo in Libano, e ricordare il massacro di oltre 3000 persone, operato dai falangisti (fascisti libanesi) alleati degli israeliani. Quel massacro si svolse sotto la supervisione del generale israeliano Ariel Sharon, divenuto in seguito Primo Ministro. Nonostante ci siano robuste prove del coinvolgimento dell’esercito israeliano e del suo comandante in quell’orrendo crimine, la Corte di giustizia internazionale ha deliberatamente insabbiato quel processo.
Riprendiamo, senza retorica ma solo per dare la misura dell’involuzione della sinistra e del gruppo dirigente dell’ANPI che oggi co-gestisce la Casa della Memoria, il saluto agli italiani che il 31 dicembre 1983 l’allora Presidente della Repubblica e partigiano socialista Sandro Pertini pronunciò in televisione "Io sono stato nel Libano. Ho visto i cimiteri di Sabra e Chatila. E' una cosa che angoscia vedere questo cimitero dove sono sepolte le vittime di quell'orrendo massacro. Il responsabile dell'orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso di questo massacro compiuto. E' un responsabile che dovrebbe essere bandito dalla società internazionale”.
Nelle parole di Pertini si possono ritrovare sia le ragioni della politica estera italiana che si opponeva al tentativo di "controllo" israeliano ma anche e soprattutto i valori di chi, armi in pugno, aveva combattuto per la liberazione del proprio paese. Agli occhi di Pertini le similitudini della guerra imposta dall’occupante straniero, dei rastrellamenti e degli eccidi si tramutano in una condanna della politica israeliana fino ad invocarne l’espulsione dalla società internazionale.Queste valutazioni sono le stesse che animano molti compagni, compagne e semplici democratici.
Venendo ai giorni nostri, crediamo che i valori come la difesa degli oppressi e la lotta per la libertà valgano sempre: per questo la condanna del sionismo e dell’occupazione israeliana, che nega l’esistenza della Palestina e dei palestinesi, trova i suoi elementi fondanti nella tradizione antifascista. Per questo crediamo sia giusto sostenere le aspirazioni del popolo palestinese per una Palestina libera, democratica, laica e sovrana, e quelle dei democratici, dei progressisti e pacifisti che anche in Israele si battono su questo fronte comune.
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