Oggi a Roma l'incontro di esponenti del mondo della cultura, del cinema, della politica, della giustizia e delle associazioni per ribadire che torturare è un reato. Anche se l'Italia non lo sa. Al via la campagna per sollecitare governo e parlamento a introdurre il reato nel codice penale. Giornata dedicata a Carlo Saturno, morto in carcere.
fonte ilmanifesto.it Patrizio Gonnella*
Lo Statuto delle Nazioni Unite
fu firmato a San Francisco il 26 giugno del 1945. Il 26 giugno del 1987
è entrata in vigore la Convenzione dell'Onu contro la tortura. Dal 26
giugno del 1997 per volontà delle Nazioni Unite si celebra la Giornata
internazionale a sostegno delle vittime della tortura. Quella della
proibizione legale internazionale della tortura è una storia che nasce
dopo le barbarie nazi-fasciste. La tradizione giuridica e filosofica
italiana l'aveva già interiorizzata sin dai tempi di Beccaria e Verri.
Un uomo non è più uomo se è degradato a cosa. Le vittime della tortura
sono ridotte a mezzo per conseguire altro fine. A volte il fine consiste
nell'estorsione violenta di una confessione, a volte nell'intento di
umiliare e punire. La tortura ha quale bene protetto la dignità umana.
Le vittime della tortura sono private della loro dignità, della loro
umanità. In Italia la tortura non è un crimine previsto nel codice
penale. La tortura non è vietata. Non è neanche consentita. Ma non è
espressamente e democraticamente bandita dal nostro ordinamento
giuridico. La campagna Chiamiamola tortura, firmata da oltre tremila
persone, ha l'obiettivo di sollecitare il Parlamento a colmare questa
lacuna. Oggi al cinema Politecnico Fandango si incontreranno esponenti
del mondo della cultura, del cinema, della politica, della giustizia,
dell'associazionismo per ribadire il no secco alla tortura.
La
discussione in Commissione Giustizia del Senato è finalmente iniziata.
Queste le parole dette dal ministro della Giustizia Paola Severino in
occasione del dibattito parlamentare: «Il reato di tortura non deve
essere una norma di bandiera. La sua introduzione nel codice penale
italiano deve rappresentare una connotazione in più rispetto ai reati
che già esistono. Deve punire comportamenti disumani e degradanti. È un
compito difficile creare ipotesi diverse rispetto a tutti i reati, dalle
lesioni, al sequestro di persona, alla tratta di esseri umani, che già
esistono nel nostro codice». Dalle pagine di questo giornale rivolgiamo
un appello al Governo e al Ministro della Giustizia Paola Severino
affinché dica parole chiare contro la tortura, per la sua proibizione
legale, per la punizione dei torturatori, per il rispetto della legalità
interna e internazionale, per i diritti umani. Il crimine di tortura
non è una norma di bandiera. Senza quel crimine viene meno la
possibilità di punire. Il crimine di tortura non c'entra nulla con il
sequestro di persona (i detenuti a differenza dei sequestrati sono
custoditi legalmente), con le lesioni personali (alcune delle quali
richiedono la querela di parte e comunque non comprendono le sofferenze
psichiche), la tratta di esseri umani (che non c'entra nulla con le
violenze subite da chi è detenuto in un carcere o in una stazione di
polizia). E poi ci sono i tempi di prescrizione da cui dipende l'esito
processuale.
Carlo Saturno è un ragazzo di Manduria. Una decina di anni fa va a finire nel carcere minorile di Lecce. Nel 2006 un esposto di alcuni operatori racconta di violenze inaudite che avverrebbero in quel carcere a danno dei minori lì reclusi e di intimidazioni nei confronti del restante personale. Tra i ragazzi che subiscono angherie c'è anche Carlo Saturno. La procura di Lecce nel 2008 rinvia a giudizio otto agenti di polizia penitenziaria contestando loro abusi e violenze. Il processo segue ritmi sudamericani. Prosegue lento verso la sua morte. Nel frattempo Carlo Saturno si costituisce parte civile contro i presunti torturatori. È giovane. Torna in galera. Questa volta a Bari. Siamo al 2011. Si impicca nella cella di isolamento del carcere barese. Resta in coma per una settimana. In quella settimana sarebbe dovuto andare al processo per le violenze da lui subite. Carlo Saturno muore. E muore anche il processo. Viene rinviato a data successiva alla sua estinzione per prescrizione la quale viene certificata pochi giorni fa dal tribunale di Lecce. Questa storia dimostra che la norma sulla tortura non è una norma di bandiera. Se fosse stata presente nel codice e contestata agli imputati non avremmo avuto la fine indegna della prescrizione. A Carlo Saturno, vittima della tortura, dedichiamo la giornata di oggi.
Carlo Saturno è un ragazzo di Manduria. Una decina di anni fa va a finire nel carcere minorile di Lecce. Nel 2006 un esposto di alcuni operatori racconta di violenze inaudite che avverrebbero in quel carcere a danno dei minori lì reclusi e di intimidazioni nei confronti del restante personale. Tra i ragazzi che subiscono angherie c'è anche Carlo Saturno. La procura di Lecce nel 2008 rinvia a giudizio otto agenti di polizia penitenziaria contestando loro abusi e violenze. Il processo segue ritmi sudamericani. Prosegue lento verso la sua morte. Nel frattempo Carlo Saturno si costituisce parte civile contro i presunti torturatori. È giovane. Torna in galera. Questa volta a Bari. Siamo al 2011. Si impicca nella cella di isolamento del carcere barese. Resta in coma per una settimana. In quella settimana sarebbe dovuto andare al processo per le violenze da lui subite. Carlo Saturno muore. E muore anche il processo. Viene rinviato a data successiva alla sua estinzione per prescrizione la quale viene certificata pochi giorni fa dal tribunale di Lecce. Questa storia dimostra che la norma sulla tortura non è una norma di bandiera. Se fosse stata presente nel codice e contestata agli imputati non avremmo avuto la fine indegna della prescrizione. A Carlo Saturno, vittima della tortura, dedichiamo la giornata di oggi.
* Presidente Antigone
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