sabato 31 maggio 2014

Rossana Rossanda: L'Europa di oggi.

Non è il meno interessante dei segnali quello che ci mandano le ultime elezioni, vistosamente segnate anzitutto dal rifiuto di votare: è la tendenza all’interpretazione casalinga che viene loro data dalla Francia che si è scoperta di colpo per il 40 per cento di destra e dall’Italia esultante per la vittoria di Renzi.

sbilanciamoci | Rossana Rossanda
È visibile a occhio nudo che il voto francese significa un furioso “no” a Francois Hollande per aver disatteso le sue stesse promesse più che l’adesione a Marine Le Pen mentre la soddisfazione italiana implica una vistosa perversione del senso delle parole “sinistra “e “riformismo”. Del resto valgono i numeri: il parlamento europeo, che doveva essere prodigiosamente rinnovato o almeno pareggiare fra socialisti e conservatori, si è spostato a destra e resterà incollato più che mai alla linea di questi ultimi anni, garante il Ppe; mentre il nostro vittorioso Pd ha raccolto il 40 per cento perché svuotato di qualsiasi contenuto sociale progressista. La disinvoltura con la quale il paese ha digerito quell’inno al precariato che è il Job Act e sembra accettare la liquidazione di una delle Camere, perdipiù da parte di un leader che insolentisce i soli veri difensori della Costituzione, è eloquente. Insomma il parlamento europeo resta agganciato più che mai al Centrodestra, appoggiato in varia misura da spunti di destra eversiva in guisa di guardia pretoriana o di spaventapasseri.

Subcomandante Marcos: "ultime parole in pubblico prima di smettere di esistere".


La lettera completa di addio del Subcomandante Insurgente Marcos.
TRA LUCE ED OMBRA.

Comitato Chiapas "Maribel"  Sub-comandante Marcos
La Realidad, Pianeta Terra
Maggio 2014
Compagna, compañeroa, compagno:
Buona notte, sera, giorno, qualunque sia la vostra geografia, tempo e modo.
Buone albe.
Chiedo in particolare alle compagne, compagni e compañeroas della Sexta che vengono da altre parti, ai media liberi compagni, di avere pazienza, tolleranza e comprensione per quello che dirò, perché queste saranno le mie ultime parole in pubblico prima di smettere di esistere.
Mi rivolgo a voi e a coloro che attraverso di voi ci ascoltano e ci guardano.
Forse all’inizio, o durante questo discorso, potrebbe nascere nel vostro cuore la sensazione che qualcosa sia fuori luogo, che qualcosa non quadri, come se mancassero dei tasselli per dare un senso al rompicapo che vi si sta delineando. Come se mancasse qualcosa.
Forse dopo, giorni, settimane, mesi, anni, decenni si capirà quello che diciamo ora.
Le mie compagne e compagni dell’EZLN a tutti i livelli non mi preoccupano, perché questo è il nostro modo: camminare, lottare, sapendo che manca sempre ancora qualcosa.
Inoltre, nessuno si offenda, ma l’intelligenza delle/dei compas zapatisti è molto al di sopra della media.
Per il resto, ci inorgoglisce che sia davanti a compagne, compagni e compañeroas, sia dell’EZLN che della Sexta che si comunica pubblicamente questa decisione collettiva.
Ed è bello che sarà attraverso i media liberi, alternativi, indipendenti di questo arcipelago di dolori, rabbie e degna lotta che chiamiamo “la Sexta“, che verrete a conoscenza di quello che dirò dovunque vi troviate.
Se a qualcun altro interesserà sapere che cosa è successo in questo giorno dovrà rivolgersi ai media liberi per saperlo.
Bene dunque. Benvenute e benvenuti nella realtà zapatista.

venerdì 30 maggio 2014

cccp - annarella-

"Forza sinistra, dopo il 25M parliamo alla società e non limitiamoci alla testimonianza". Intervista a Marco Revelli

controlacrisi

Marco Revelli, sociologo, storico, docente di Scienza della politica presso l’Università degli studi del Piemonte Orientale, tra i promotori della lista “L’altra Europa con Tsipras” non nasconde la propria grande soddisfazione per il successo ottenuto domenica da un cartello elettorale che ha dovuto superare non pochi ostacoli durante il suo percorso e che va ben al di là del superamento di misura della soglia del 4%. Dopo la maratona romana Revelli è già a Torino dove lo raggiungiamo telefonicamente. 

“Sicuramente si è trattato di un risultato straordinario – dice lo studioso – e con il senno del poi, come abbiamo detto più volte, è stato un piccolo miracolo. Perché tutto giocava contro. Giocava contro questo ossessivo e oppressivo silenzio mediatico, davvero feroce se noi pensiamo al ruolo che hanno avuto quotidiani come “Repubblica”, sulle cui prime pagine scrivevano peraltro buona parte dei sostenitori della lista e anche dei candidati. Pensiamo alla televisione. I dati che abbiamo dall’osservatorio di Pavia sono da Bielorussia. Su seimila secondi di durata dei telegiornali nel corso della campagna elettorale meno di cinquanta secondi sono stati dedicati alla lista “L’Altra Europa con Tsipras”. Un silenzio che non è stato solo disattenzione ma dettato anche da una politica esplicita finalizzata a fare piazza pulita di qualsiasi posizione politica non riconducibile al teatrino. Con questa riduzione, che poi abbiamo visto essere stata artefatta, della campagna al duello Renzi-Grillo, come se ci fosse davvero l’emergenza democrazia determinata dal rischio del sorpasso e si giocasse sull’ultima spiaggia renziana la possibilità di salvare il Paese dalla catastrofe.”

AnnoUno (La7): la peggiore trasmissione televisiva mandata in onda sul tema cannabis

Abbiamo dato spazio prioritario alla positiva notizia del pronunciamento della Cassazione sul ricalcolo delle pene, ma stavamo anche preparando un commento a quanto assistito nel corso della trasmissione di La7 che, pur manifestando la nostra simpatia nei confronti degli ingenui ragazzi pro legalizzazione, si è rivelata l’ennesimo collage di menzogne e disinformazione.
Ci associamo quindi e condividiamo, senza sprecare altre parole, a quanto pubblicato da Dolce Vita, sul suo sito, a seguito della trasmissione in oggetto.
Ultima osservazione: gli strumenti di comunicazione di oggi ci permettono di far sentire la nostra voce ai diretti interessati, questo è il form di La7 per opinioni e commenti:http://www.la7.it/la7/hai-un-quesito-unopinione-una-domanda-da-sottoporre-a-la7, se qualcuno volesse esternare il proprio dissenso o esprimere le proprie opinioni in merito al tema (civilmente), potrebbe contribuire a far migliorare, in futuro, la qualità di simili eventi.
Da parte nostra, abbiamo già contribuito inviandogli il seguente commento:
Sempre più spesso in TV si parla di legalizzazione della cannabis: ci sono arrivati gli echi di ciò che succede negli Sati Uniti e in alcuni paesi europei. Noi non vogliamo essere da meno, ma c’è una differenza importante. Negli altri paesi, la doverosa dialettica fra diversi punti di vista è impersonata da soggetti che conoscono bene l’argomento e posseggono pari esperienza come comunicatori.
Sappiamo bene che Giovanardi finge di essere preparato. Il suo lavoro consiste nel fingere di sapere e di convincere altri della sua ragione. Quello che non avremmo voluto vedere ieri sera ad AnnoUno sono giovani, più o meno preparati ma inevitabilmente di poca esperienza nella comunicazione, costretti a discutere con un lupo mannaro del Parlamento. Lupo sdentato ormai, ma sempre scaltro. E ci eravamo illusi che si potesse finalmente affrontare l’argomento con serietà e competenza.
La legalizzazione della cannabis non è senza rischi. Il pragmatismo americano, ma anche ispanico e nordeuropeo, ha semplicemente raccolto dati scientifici e li ha resi disponibili ai cittadini tramite persone competenti che espongono ragioni favorevoli o contrarie. I cittadini sono stati informati e i loro rappresentanti politici hanno preso conseguenti decisioni.
Triste dirlo, ma ieri sera, la trasmissione di AnnoUno su La7 non solo non ha informato i cittadini,  ma li ha totalmente disinformati e confusi. La discussione si è come sempre trasformata nell’italica caciara, in questo caso con un pizzico di conflitto generazionale che tira sempre, invece di usare competenze giornalistiche per sintetizzare e mostrare i risultati degli studi medici, biochimici e sociali compiuti negli ultimi quarant’anni.
Un cocktail di slogan populisti, cifre e dati sbandierati a casaccio, affermazioni false-travisate-confuse, servizi fuori luogo (non era una puntata sulla Cannabis? E allora perchè parlare di altre sostanze?), zero confronti costruttivi o spunti di riflessione approfonditi. Peggio di così era veramente difficile fare.
Probabilmente la maggioranza degli italiani è già a favore della legalizzazione. Ma fino a quando comunicatori attenti, come consideravamo la redazione di AnnoUno, commetteranno l’errore di mandare in onda spettacoli spazzatura come quello di ieri sera, non ci sarà alcuna evoluzione su questo tema nel nostro Paese. E cosa ancor peggiore, rischiano di vanificare il lavoro di chi (come noi) da diversi anni cerca di portare avanti una comunicazione seria e approfondita sul tema.
Questi argomenti sono molto complessi e influenzano qualità e durata della vita di milioni di persone. Non si lasciano discutere in prima serata in modo superficiale e spontaneistico.
Cara redazione di Anno Zero, se il vostro obiettivo era fare audience mettendo gladiatori contro leoni, forse ci siete riusciti. Se invece era Informare gli italiani sul tema Cannabis e proibizionismo, o per lo meno ospitare un confronto costruttivo, avete miseramente fallito.
Riportiamo infine il commento del nostro legale, l’Avv. Zaina, a conclusione della nostra analisi:
Passi Fedez che non si raccapezza, passi che l’opinionista principe sia il Chicoria, passi che la Innocenzi sia uno spot per una pubblicità di dentifrici, ma sentire: 1. Che per la conduttrice la recente sentenza delle SSUU riguarderebbe solo i recidivi ed il piccolo spaccio, quando, invece, si applica a tutte le ipotesi di condanna per derivati della cannabis; 
2. Che per il sen. Giovanardi la sua legge era più favorevole perché prevedeva una pena da 6 a 20 anni (per qualsiasi droga) mentre ora la pena va da 8 a 20 anni, omettendo di dire che questa sanzione è solo per le droghe pesanti (le leggere vanno da 2 a 6 anni), senza che nessuno glielo faccia notare; 
3. Che sempre per il Giovanardi ora la guida sotto l’effetto di stupefacenti non sarebbe reato (devono avere abrogato l’art. 187 CdS senza avvertire nessuno) ma determina solo la sospensione della patente, è davvero troppo.
 Un tema così serio, banalizzato da giornalisti Impreparati e chiacchiere da bar…
legalizzarela

Gli attacchi a Piketty e il dilemma europeo fra austerità e crescita.

Che arrivasse un attacco frontale al libro di Thomas Piketty su capitalismo del XXI secolo e disuguaglianze era solo questione di tempo: troppo forte il vulnus al pensiero unico neoliberista e ai suoi dogmi, implicito nelle tesi dell’economista francese, per non scatenare reazioni da destra. È vero che le maggiori testate italiane, egemonizzate dalle teorie dei “Bocconi Boys”, come Paul Krugman definisce la versione made in Italy dei Chicago Boys, hanno inizialmente preferito seguire la strategia del silenzio, limitandosi, come ho segnalato su queste pagine a proposito di alcuni articoli apparsi sul Corriere della Sera, ad attaccare Piketty sul piano del pettegolezzo personale piuttosto che su quello scientifico, ma ora un articolo dell’editorialista del Financial Times, Chris Giles, offre anche ai nostri prudenti paladini del liberismo argomenti per alzare la voce.

micromega di Carlo Formenti
Vediamo qual è l’accusa: alcuni dei dati utilizzati da Piketty per sostenere la tesi secondo cui, negli ultimi decenni, le disuguaglianze fra ricchi e poveri sarebbero aumentate tanto da tornare ai livelli elevatissimi dei primi anni del Novecento, sarebbero stati, in alcuni casi, trascritti in modo scorretto, in altri, del tutto sbagliati (se non intenzionalmente manipolati). Sempre secondo Giles, gli errori sarebbero così gravi da inficiare in toto la tesi di Piketty.
Danilo Taino ha colto al volo l’occasione – sul Corriere dello scorso 25 maggio – per togliersi un sassolino dalla scarpa. Essendosi trovato costretto, lo scorso anno, a scrivere una imbarazzata (e imbarazzante) difesa d’ufficio degli economisti di scuola liberista Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, pizzicati a usare dati sbagliati per sostenere la tesi secondo cui esisterebbe un rapporto diretto fra dimensioni del debito pubblico e crescita economica, oggi Taino può finalmente gridare “chi di spada ferisce di spada perisce”. Avete visto, gongola, anche il neokeynesiano Piketty manipola le cifre per screditare le tesi della scuola rivale, così i suoi fan di sinistra, come Krugman e Stiglitz, ora faranno più fatica ad alimentare il successo editoriale – ideologico e “modaiolo” più che scientifico – del giovane economista francese.
Peccato che, nel frattempo, le repliche dello stesso Piketty, di Paul Krugman e di altri economisti come Mark Gongloff abbiano ampiamente dimostrato 1) che le accuse di Giles, ove provate, metterebbero in dubbio solo l’analisi delle disuguaglianze in Inghilterra, e non quelle di tutti gli altri Paesi esaminati; 2) che la novità del libro di Piketty consiste nel fatto che analizza periodi storici molto lunghi, non nella tesi dell’aumento delle disuguaglianze che, negli ultimi decenni e in tutti i Paesi occidentali, è un dato di fatto appurato e dimostrato da una enorme mole di dati provenienti da fonti indipendenti a prescindere dal libro di Piketty; 3) che gli errori di Piketty, ove confermati, sarebbero in ogni caso meno gravi di quelli commessi a suo tempo dalla coppia Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff per cui, a differenza di questi ultimi, non ne metterebbero in discussione la tesi di fondo.

'Trashed': viaggio nel regno dell'immondizia globale.

Nel docu-film di Candida Brady il celebre attore Jeremy Irons è una sorta di nuovo Virgilio nei gironi danteschi della sovrapproduzione di rifiuti mondiale. Dal Ghana all'Italia, il racconto dei rischi che corriamo. E della catastrofe che ci attende se non sapremo fare marcia indietro.

L'Espresso E. Fittipaldi

Dal Libano allo Yorkshire, dalla Grecia al Vietnam, dagli inceneritori islandesi che inquinano i fiordi immacolati fino all'Oceano Pacifico che ospita isole di plastica grandi come la Spagna: Trashed, il docu-film di Candida Brady (2012) è un viaggio dantesco dentro il regno della monnezza globale, con Jeremy Irons nella parte di Virgilio.
I rifiuti e la difficoltà che la popolazione mondiale incontra nello smaltirli restano, insieme al riscaldamento globale, uno dei pericoli principali dell'ecosistema terrestre. Nonostante gli allarmi lanciati da decenni e le promesse dei governi e dell'ONU, secondo l'ultimo rapporto della Banca Mondiale entro 10 anni il costo per la gestione dei nostri rifiuti salirà a 375 miliardi di dollari, e l'attuale produzione mondiale dovrebbe quasi raddoppiare.
Dati confermati dall'ultimo rapporto dell'International Solid Waste Association, l'associazione che riunisce i più importanti operatori del settore "smaltimento": attualmente nel mondo vengono prodotti circa 4 miliardi di tonnellate di rifiuti l'anno, la metà rappresentata da rifiuti urbani (quelli prodotti dai privati e le famiglie), mentre l'altra metà è costituita da scarti industriali e produttive. Secondo i loro studi nei prossimi 10, 15 anni l'immondizia prodotta potrebbe arrivare a 6 miliardi di tonnellate l'anno. Ma sono stime prudenziali, fatte sul consumo degli attuali 7 miliardi di abitanti del pianeta: se  lo sviluppo economico di paesi in crescita esponenziale come Brasile, Cina, India e Russia dovesse continuare ai ritmi dell'ultimo decennio, l'aumento sarà ancora più significativo.