martedì 27 maggio 2014

Europarlamento, il Pse è a trazione Pd. E Renzi passa all’incasso: punta alle nomine.

Europarlamento, il Pse è a trazione Pd. E Renzi passa all’incasso: punta alle nomineL'ottimo risultato alle urne consente al premier di avere la supremazia all'interno del gruppo socialista e di rappresentare il propulsore dell'asse anti-Berlino. Ora il rottamatore ha due obiettivi: puntare alla presidenza dell'Europarlamento (favorito Gianni Pittella) e ottenere un commissario strategico: Esteri (per D'Alema) o Commercio con l'Estero (per Enrico Letta).


“Il risultato dell’Italia? Siamo contenti, ma anche in Romania è andata bene”. I due dirigenti del Partito socialista europeo che commentano i dati elettorali nell’emiciclo semivuoto del palazzo Altiero Spinelli dell’Europarlamento non hanno ancora capito bene cosa è successo, troppo concentrati sull’avanzata degli euro-scettici. “Siamo la prima forza della seconda delegazione del Parlamento, non abbiamo mai avuto un ruolo così rilevante”, esulta invece Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli Affari europei. Il 40,8 per cento del Partito democratico è arrivato a notte fonda, quando giornalisti e politici nell’Europarlamento stavano già rientrando in l’albergo. Ma il risultato italiano per gli equilibri europei è più importante di quello di Marine Le Pen in Francia: mentre il Front National resterà al margine del processo decisionale, il Pd ha l’ambizione di influenzarlo.

Il Partito democratico manda a Bruxelles 31 europarlamentari nel gruppo S&D (i socialisti, ex Pse). Per colpa del tracollo di François Hollande, i socialisti francesi ne hanno ottenuti soltanto 13. La sinistra europea è a trazione renziana. E il premier conta di ottenerne qualche dividendo. Il primo dossier è quello delle nomine, se ne inizia a discutere questa sera, nella cena tra capi di Stato e di governo in cui Matteo Renzi si troverà di fronte Angela Merkel, Hollande e gli altri colleghi. Il premier punta a due obiettivi rilevanti. Il primo è la presidenza dell’Europarlamento, che l’Italia non ha mai avuto da quando ci sono elezioni europee a suffragio universale, 1979. Certo, c’è già un italiano alla Bce, Mario Draghi, ma forte del suo successo il Pd può reclamare quella poltrona per Gianni Pittella, già vicepresidente molto apprezzato a Bruxelles. Ma l’incastro richiede che la presidenza della Commissione venga assegnata a Jean Claude Juncker (candidato dei Popolari) o a un altro conservatore e che alla presidenza del Consiglio, cioè l’organo che raccoglie i governi, vada una donna. Oppure viceversa: una donna – magari la danese Helle Thorning-Schmidt – alla Commissione e Juncker al Consiglio.
Poi c’è la partita dei commissari: l’Italia può ambire alla casella di Alto rappresentante per la politica estera (si candida Massimo D’Alema), ma il trionfo permette al Pd di chiedere un portafoglio economico meno prestigioso ma più utile, per esempio il Commercio, l’Energia o il Mercato interno (di nomi utili ce ne sono tanti, a cominciare da Enrico Letta). L’affermazione elettorale conferisce anche prestigio e credibilità, importanti per Renzi che a livello europeo è ancora inesperto e poco compreso, lo guardano con la diffidenza riservata da sempre ai primi ministri italiani che fanno tante promesse ma poi durano troppo poco per riuscire a realizzarle. All’improvviso l’inutile semestre di presidenza italiana (rito ereditato dall’epoca pre-2009, quando il Consiglio non aveva un presidente permanente) diventa simbolicamente rilevante: l’Europa sarà guidata da un Paese del Mediterraneo in cui gli euroscettici sono stati sconfitti da una forza di centrosinistra che si impegna al rispetto dei vincoli di bilancio ma ne chiede la revisione.
Visto il tracollo della Francia, Renzi diventerà il riferimento di tutto il fronte ostile a Berlino (il premier francese Manuel Valls lo ha già individuato come esempio da seguire). Nessuna conseguenza concreta, ma sarà utile per molti enfatizzare la guida italiana almeno quanto è stato interesse condiviso oscurare completamente la presidenza greca che si sta per chiudere, visto che Atene resta una delle dimostrazioni del fallimento europeo nella gestione della crisi. Per Renzi e il suo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, l’obiettivo minimo è evitare che a giugno la Commissione apra una procedura d’infrazione per squilibri macroeconomici, visto che l’Italia ha rinviato il pareggio di bilancio strutturale dal 2015 al 2016 e si rifiuta di fare la riduzione di spesa permanente da 4-5 miliardi che era richiesta da Bruxelles per rispettare i vincoli sul debito. Il 2 giugno poi arrivano le raccomandazioni della Commissione ai singoli Paesi: quelle per l’Italia non saranno leggere; ci sarà, tra l’altro, la richiesta di intervenire ancora sul mercato del lavoro. Renzi, già da questa sera, farà il possibile per chiarire che è anche nell’interesse dell’Europa non mettere in difficoltà il suo governo, baluardo contro l’avanzata dei populisti. Una certa indulgenza europea andrà a sommarsi all’entusiasmo dei mercati: Unicredit, per esempio, segnalava ieri agli investitori che il successo del Pd “è senza dubbio una notizia positiva, soprattutto per la spinta che può fornire al processo di riforme”. La Borsa di Milano si è messa a correre, +3 per cento, mentre lo spread sui titoli di Stato resta basso a 160 punti.
A giugno la Banca centrale europea di Mario Draghi dovrebbe lanciare nuove misure straordinarie che – nelle intenzioni – sosterranno i mercati, le banche e se tutto va bene anche famiglie e imprese. Nel 2012 il governo Monti si impegnò molto per cercare di creare le condizioni politiche più favorevoli all’azione di Draghi (il famoso discorso sul fare “tutto il necessario per salvare l’euro” e la promessa di acquisti illimitati di debito pubblico se necessario). Renzi padroneggia molto meno di Monti i riti brussellesi ma, a differenza del professore, la sua forza si regge sui voti invece che sulla caratura tecnica. E quindi può compensare: deve evitare che Angela Merkel, molto bendisposta verso il nuovo intervento di Draghi, finisca ostaggio di quella pattuglia di falchi monetari che ormai è minoranza anche nella Bundesbank, la Banca centrale tedesca. C’è un’incognita in questo scenario roseo per il premier: Renzi riuscirà a trasformare i voti in peso negoziale a Bruxelles? L’ultima volta ha perfino confuso il Consiglio europeo con il Consiglio d’Europa, in una gaffe su Twitter, quando è andato a Berlino da Angela Merkel si è giustificato per trattare la cancelliera da pari (“non siamo gli alunni somari”, frase che ha indignato Mario Monti). Adesso si fa sul serio e Renzi deve dimostrare di saper sedurre i partner europei come ha fatto con gli elettori italiani.

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