martedì 31 dicembre 2019

Il super stupidario della politica, tutte (proprio tutte) le assurdità dette nell'ultimo decennio

Una decade di dichiarazioni di leader politici e cariche istituzionali a tratti surreali se non incredibile. Un viaggio nelle parole che tutti abbiamo ascoltato e che, rimesse in fila, descrivono forse meglio di un saggio la nostra politica.

Dieci anni esatti, 3.651 giorni, sette governi, a cavallo di tre legislature. Un lungo viaggio, a tratti lisergico, che vi condurrà tra insapute celebri ed elogi hitleriani, scandali sessuali e abitativi, fiammate omofobe e razziste, gaffe planetarie e congiuntivi fantozziani, menzogne e contraddizioni, e poi complotti – uh!, i complotti – dall'uomo sulla Luna al Bilderberg, da Spelacchio a “Elisa di Frozen lesbica”.

Ma questo è niente. Siccome ci ostiniamo ad affibbiare una certa importanza alle parole, soprattutto se proferite dai più alti vertici istituzionali del Paese, è giunto il momento di ripercorrere questo curioso decennio attraverso le loro peggiori dichiarazioni, da gennaio 2010 a dicembre 2019. Mai come stavolta, fate un bel respiro e preparatevi al peggio.


2010
Governo Berlusconi, dal 2010 fino al 16 novembre 2011


Ruby
“Meglio essere appassionati di belle ragazze che gay”.
(Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, 2 novembre 2010)


Per la Camera è Sì
“Il presidente del Consiglio ha chiamato la Questura di Milano nella convinzione che Ruby fosse davvero la nipote di Mubarak”.
(Maurizio Paniz, parlamentare Pdl, 27 gennaio 2010)

Classe Operaia. Mille e non più mille. La mattanza dei morti sul lavoro nel 2019.

Un lungo elenco di incidenti e lutti, infortuni e malattie. Oltre 1000 vittime stimate nell'anno, in crescita sul 2018. E il piano annunciato dal Governo ancora non vede la luce.

Mille e non più mille. La mattanza dei morti sul lavoro nelGiuseppe Sabato, 50 anni, travolto da un albero mentre effettuava un intervento di manutenzione, in Basilicata. 

Loredana Guerra, 53 anni, investita da una rotoballa, in Friuli Venezia Giulia. 
Kumar Barati Pudota, 25 anni, annegato in una vasca di liquami, nell’azienda dove lavorava, in Veneto.  

Stefano Strada, 45 anni, rimasto folgorato mentre riparava un guasto in una cabina elettrica ad alta tensione, in Liguria. 
Giuseppina Marcinnò, 65 anni, schiacciata da una pressa nello stabilimento di Monticelli - provincia di Piacenza, in Emilia Romagna - che a breve avrebbe lasciato per andare in pensione. 
Sono gli ultimi morti sul lavoro in Italia - tre solo nel giorno della vigilia di Natale - ma ai loro potrebbero già essersi aggiunti altri nomi, l’elenco essersi allungato ulteriormente. 
Le notizie di incidenti mortali di lavoratori e lavoratrici, giovani e più avanti in età, nelle fabbriche, nei campi, da Nord a Sud, “continuano a essere quasi quotidiane”, ha detto il 13 ottobre scorso, nel suo messaggio per la 69esima Giornata nazionale per le vittime degli infortuni sul lavoro, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
I numeri della mattanza.

Anche i commercialisti hanno un cuore.

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ilsimplicissimus2.com Anna Lombroso

E difatti lo slogan scelto dalla loro pubblicità progresso  comunica con icastica immediatezza la loro filosofia: I commercialisti utili al Paese, e come sottotitolo reca Un vero commercialista fa la differenza, denuncia esplicita per l’occupazione del loro spazio di “servizio” alla collettività esercitata da quella conversione dei sindacati da incaricati della tutela dei bisogni dei lavoratori e custodi dei loro diritti, in patronati, centri di consulenza, piazzisti di fondi e assicurazioni.
Non c’è da stupirsi.
L’eclissi degli stati, oltre che dei ceti intermedi, quelli della rappresentanza, dai parlamentari ridotti a esecutori notarili degli atti dell’esecutivo sotto forma di fiducia incondizionata, ai partiti trasformatisi in organizzazioni lobbistiche e aziendalistiche, ai leader commercializzati con le tecniche del marketing, ai soggetti di salvaguardia del territorio e del patrimonio culturale retrocessi da depositari e conservatori di valori a manager e addetti alle vendite, ha reso necessarie altre figure.
Parlo ovviamente degli avvocati in un sistema sociale nel quale la maggior parte delle relazioni personali o  industriali trova il suo sbocco fisiologico in vertenze giudiziarie,

Brasile: a Belo Horizonte la sperimentazione di un’altra pratica politica.

Una intervista di Florence Poznanski (Segreteria Esecutiva Nazionale Parti de Gauche/La France Insoumise – residente in Brasile) a Julia Moysés.
 
 


In Italia come in Francia, 2020 sarà un anno di elezioni locali. 
Nell’attuale periodo di grande diffidenza politica e assenza di rinnovamento vale la pena guardare altrove esperienze positive che hanno saputo conquistare l’interesse dei cittadini con una altra proposta politica.
In Brasile, nella città di Belo Horizonte con 2,5 milioni di abitanti, capitale dello stato di Minas Gerais nel sud-est del Paese, un gruppo di attivisti che non si era mai impegnato in nessuna elezione entra in campagna per le municipali del 2016 e conquista due consigliere comunali: Aurea Carolina e Cida Falabella. 
Aurea Carolina è la donna con la miglior performance elettorale della storia della città e viene eletta successivamente deputata nazionale nel 2018.

Il gruppo denominato “Tante, per la città che vogliamo” ridefinisce un nuovo lessico politico. Parla di radicalizzare la democrazia, di de-costruire i privilegi, di “occupare” la politica istituzionale. 
Valorizza il collettivo e l’allegria. 
Costruisce la sua campagna in difesa del diritto alla città per realizzare cambiamenti nella vita quotidiana dei cittadini.
Julia Moysés, ha seguito il collettivo sin dall’inizio e oggi si occupa di gestire la comunicazione del mandato. 
In questa intervista in due parti, ci racconta com’è nata l’iniziativa e come il mandato si confronti quotidianamente con l’istituzionalizzazione di un sistema elitista per mettere in pratica questo nuovo modo di fare politica.

Classe dirigente. Prefetto di Cosenza indagata per corruzione. È stata filmata mentre riceveva una mazzetta da 700 euro.

Paola Galeone è stata ripresa in un bar cosentino mentre riceveva il denaro. A denunciarla è stata un'imprenditrice a cui avrebbe proposto di emettere una fattura fittizia.

Il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, di 58 anni, è indagata per corruzione. L’ipotesi accusatoria a carico del prefetto è di avere intascato da un’imprenditrice, che ha denunciato i fatti alla Polizia, una “mazzetta” di 700 euro.

Prefetto di Cosenza indagata per corruzione. È stata filmata mentre riceveva una mazzetta da 700Sarebbe stata videoripresa dal personale della Squadra mobile di Cosenza la consegna da parte dell’imprenditrice al prefetto. La consegna della busta contenente il denaro, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbe avvenuta in un bar di Cosenza. Secondo quanto scrive la Gazzetta del Sud, il prefetto Galeone avrebbe proposto all’imprenditrice di emettere una fattura fittizia di 1.220 euro allo scopo di intascare la parte di fondo di rappresentanza accordata ai prefetti che era rimasta disponibile alla fine dell’anno.
Sempre secondo l’accusa, 700 euro della somma concordata sarebbero andati al prefetto Galeone e 500 all’imprenditrice.

Il 2019, l’anno in cui ha trionfato lo sportwashing.

Due Supercoppe italiane hanno aperto e chiuso, il 16 gennaio e il 22 dicembre, l’anno che ha visto trionfare lo sportwashing, la strategia praticata dalle monarchie del Golfo per distogliere – grazie all’organizzazione di eventi sportivi di grande fascino e richiamo – l’attenzione dalla pessima situazione dei diritti umani. 
 
Riccardo Noury Portavoce di Amnesty International Italia

Riccardo NouryNel 2019 nel regno dell’uomo forte dell’Arabia Saudita, il “riformista” Mohamed bin Salman, si è disputato di tutto: oltre alle Supercoppe, finali di boxe, tornei di golf e tennis, amichevoli di calcio, una gara del campionato automobilistico di Formula E e persino un incontro di wrestling femminile.

Risultato immagini per SupercoppeAnche altri stati del Golfo hanno praticato lo sportwashing, privilegiando soprattutto le gare automobilistiche e motociclistiche, come nel caso del Bahrein e degli Emirati arabi uniti.
Un giorno prima della Supercoppa italiana, il Liverpool aveva vinto in Qatar quella mondiale (facendo almeno il gesto di rifiutare il soggiorno in un albergo noto per essere stato costruito sfruttando manodopera straniera).
Nel 2020, anno in cui l’Arabia Saudita presiederà il G20, sono in programma corse ciclistiche, rally automobilistici e un’altra Supercoppa di calcio, quella spagnola.
Grazie allo sportwashing rimangono sullo sfondo la guerra in Yemen, la repressione del dissenso interno, le decapitazioni in piazza, la prolungata detenzione delle attiviste per i diritti delle donne e l’omicidio di Jamal Khashoggi.

La Balla dell’Anno.

Alcuni lettori ci chiedono di premiare la balla più grande dell’anno. Mission impossible: sono troppe, tutte enormi. Però, catalogandole, possiamo premiare la campagna di stampa più demenziale e miserabile del 2019: quella contro il Reddito di cittadinanza.

 
infosannio.wordpress.com(pressreader.com) di Marco Travaglio Il Fatto Quotidiano  
Che sia partito fra mille pasticci, con i centri per l’impiego da sistemare, i tanti navigator ancora da assumere e formare, i molti poveri ancora da raggiungere, i ritardi sugli stranieri, il software in odore di conflitto d’interessi e i pochi posti di lavoro a disposizione, lo sappiamo e l’abbiamo scritto.
Ma il risultato è comunque buono, soprattutto per un Paese allergico ai cambiamenti come il nostro: 2,5 milioni di italiani che un anno fa non avevano un euro in tasca (oltre la metà dei “poveri assoluti”), da maggio-giugno ricevono in media 520 euro al mese.
Così l’Italia, che fino a due anni fa era l’unico Paese europeo a non fare pressoché nulla per i nullatenenti e solo nel 2018 aveva varato il timidissimo Reddito d’inclusione (Rei: pochi spicci ad appena 900 mila persone), da quest’anno ha invertito la rotta con la più robusta misura anti-povertà mai adottata.
Naturalmente la cosa non è passata inosservata: l’idea che i 5Stelle abbiano avuto una buona idea e che si investano 5 miliardi pubblici su chi non ha niente, dopo averne gettati a centinaia per chi ha e ruba di tutto e di più, ha letteralmente sconvolto tutti i partiti.
Quelli di destra, dalla Lega a FI, da FdI a Italia Viva. E pure quello che dovrebbe essere di sinistra: il Pd.
Ma la vergogna delle vergogne sono i giornali (a parte il nostro e il manifesto), che da un anno fanno il tiro al bersaglio sul Rdc come mai avevano fatto per le decine di leggi vergogna di B.&Renzi e i massacri sociali di Monti&Renzi.

Il 2020 anno della guerra allo sfruttamento. Per fermare la strage dei lavoratori.


Al 26 dicembre erano 696 i morti nei luoghi di lavoro, che raddoppiano contando le vittime in itinere: 1395. Il 25% delle morti ha interessato ultrasessantenni, grazie alla Fornero; il 13% lavoratori immigrati fuggiti da guerre, povertà e cambiamento climatico. Nel complesso gli infortuni sul lavoro al 30 novembre assommavano a 600.000.
Una contabilità fredda, che non dà l’idea del dolore e dello strazio che ognuna di queste morti ha prodotto, e nemmeno delle lacerazioni provocate nel tessuto connettivo del Paese. E contabilità è il termine usato per sminuire la portata degli eventi drammatici a cui si riferisce.

Stanno portando in carcere Nicoletta Dosio, storica attivista No Tav.

A Bussoleno un muro popolare cerca di impedire ai carabinieri di portare Nicoletta in carcere a Torino. In pratica è un corteo che a passo d’uomo sta accompagnando Nicoletta.
Intanto siamo qui alle Vallette aspettando l’arrivo di Nicoletta https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=3264781313555104&id=1938569209509661


I carabinieri si sono recati pochi minuti fa a casa di Nicoletta Dosio a Bussoleno e stanno eseguendo le pratiche per la sua immediata traduzione alle Vallette: un provvedimento nell’aria, dopo che questa mattina è stata resa nota la revoca della sospensione dell’ordine di carcerazione. 

 

Nicoletta, condannata in via definitiva insieme ad altri 11 attivisti No Tav per una mobilitazione in Valsusa del 2011, si era rifiutata nei mesi scorsi di richiedere misure alternative alla carcerazione, preferendo il carcere all’accettazione di una misura palesemente ingiusta e spropositata. 
L’ordine era stato inizialmente sospeso, nell’evidente imbarazzo di tradurre effettivamente in carcere una donna di oltre 70 anni e dopo alcune riuscite iniziative di solidarietà, come la partecipata assemblea organizzata da Potere al Popolo Torino il 7 novembre.
A breve aggiorneremo sulle iniziative di mobilitazione in solidarietà di Nicoletta e della lotta No Tav, ancora una volta oggetto di pesantissime operazioni repressive. Nel frattempo non possiamo che ribadire nuovamente la nostra incondizionata solidarietà a lei e a tutte le attiviste e gli attivisti colpiti da questi provvedimenti.
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Prime iniziative di protesta per l’arresto di Nicoletta Dosio
A Pisa martedì 31 dicembre ore 12 Piazza XX settembre

lunedì 30 dicembre 2019

Wounded Knee e il reducismo Made in Usa.

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ilsimplicissimus2.com
Proprio il, 29 dicembre, ma del 1890 le guerre indiane terminarono definitivamente con il massacro di Wounded Knee, seguito all’assassinio di Toro Seduto.
Non fu una battaglia come venne considerata e celebrata per oltre un secolo, ma una semplice strage di 300 nativi americani colpevoli solo di praticare il culto del Grande Spirito che ai responsabili di Washington non piaceva e per metterci un ulteriore carico di coscienza 20 soldati del settimo cavalleria, così coraggiosi da aprire il fuoco con le proto mitragliatrici Hotchkiss (di produzione francese tanto per la cronaca) su gente disarmata, ricevettero la medaglia al valore.
Con quell’episodio si concluse la grande mattanza dei nativi, 18 milioni dei quali, per stare bassi, furono sterminati in continui assalti cominciati appena 17 anni dopo lo sbarco dei padri pellegrini.
Anzi la festa del Ringraziamento, laico – religiosa nella quale si celebra la nascita della nazione  ricorda il primo massacro di nativi: 700 indiani Pequot furono bruciati vivi in un loro villaggio dai pii padri pellegrini  i quali pochi anni prima erano stati salvati dalla morte per fame da quegli stessi nativi che insegnarono loro a coltivare mais e ad allevare tacchini.
Che infatti vengono ritualmente mangiati alla festa.

Gioventù bollita

In questi giorni intrisi di spirito natalizio ha avuto successo su Facebook un post che concludeva con la frase “Io ho un’enorme fiducia nelle prossime generazioni, non so voi”, l’ennesima analisi del fenomeno Salvini definito “la Ferragni del disagio”, per dimostrare la superiorità dei fanciulli che su Tik Tok, nella percentuale incoraggiante del 99%, sbeffeggiano le performance del leader della Lega che si esibisce in Jingle Bells  o ballando sulle note di Dance Monkey.

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ilsimplicissimus2.com Anna Lombroso 

Pare che questo accerti che mentre gli adulti non comprendono la vera natura del personaggio, icona di una plebaglia ignorante e risentita ancorchè “matura”, i ragazzini “ci riescono benissimo”, perché, cito, “hanno vissuto in un mondo nuovo, sono abituati ad accettare la diversità, a non considerarla neppure tale. Per loro un omosessuale, un africano, un orientale, non rappresenta una  minaccia alle proprie tradizioni,  è il compagno di banco con cui parlano tutti i giorni”, mentre “Salvini, in tutto questo, è un intruso, un corpo estraneo, un virus che non riesce ad attecchire”.

Non mi soffermo nemmeno a ricordare che dopo più di 100 anni dalla morte di Oscar Wilde, altro abusato alla stregua di Bukowski e dei gatti, sarebbe ora di aggiornare la sua famosa frase, parlate male di me purché ne parliate: sarebbe un bene per tutti se i Mattei come molte altre icone negative della nostra contemporaneità, venissero condannate al cono d’ombra, punizione che temono più dei risultati elettorali da tempo poco influenti rispetto ai like e pure alle invettive, grazie a leggi elettorali largamente truccate e che non riescono mai a toglierli di mezzo, proprio per via della popolarità che viene loro regalata a costo zero.

La lettera di due studentesse solidali con gli operai e multate per blocco stradale a Prato.

Qui di seguito la lettera che due studentesse delle scuole medie superiori hanno inviato al giornale “La Nazione”. Le due studentesse, insieme a diciannove operai, sono state sanzionate per 4mila euro per aver partecipato al blocco stradale fatto dai lavoratori impegnati in una vertenza sindacale alla lavanderia Superlativa di Prato. Una società regolata dai Decreti Sicurezza è come la mafia: una montagna di merda.
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Caro direttore,
siamo #Elena e #Margherita, due ragazze di #Firenze. Ogni mattina, come tutti i nostri coetanei, ci alziamo e andiamo a scuola, il pomeriggio studiamo e passiamo il tempo libero con gli amici. Siamo due ragazze normalissime, che però qualche giorno fa si sono viste recapitare a casa una multa di 4000 euro. Può immaginare la sorpresa all’apertura della busta, ma niente rispetto allo sgomento che abbiamo provato scorrendo le righe dell’ammenda. In breve siamo accusate, insieme ad altri 21 operai, di blocco stradale e grazie al #DecretoSicurezza voluto l’anno scorso da Matteo Salvini adesso verremo punite per il pericolosissimo reato di #solidarietà. Sì, perché questo abbiamo fatto.
La mattina del 16 ottobre abbiamo letto dell’investimento di una sindacalista davanti alla fabbrica #Superlativa di Prato, i cui operai da mesi sono in sciopero perché non vengono pagati dall’azienda, e le cui vicende avevamo seguito anche in estate. Molti giornali infatti avevano parlato delle condizioni di lavoro disumane degli operai di Superlativa e delle loro semplici richieste: avere quello stipendio che mancava ormai da sette mesi. 

Il Marchese del Grillo, Alberto Sordi - L'ebanista Aronne Piperno by Film&clips.


youtube.com/watch?v=o8-foxbuUpk

Un mondo a colori.

Gente bizzarra quella della Val Susa: amano camminare, fare musica e i colori della libertà. Per questo trovano il tempo e il modo per scendere in città, al carcere delle Vallette, perfino nei giorni di Natale. C’è da salutare le vittime della repressione contro la lotta No Tav e la sofferente umanità che quel non-luogo rinchiude, a cominciare dai bambini figli delle detenute.


Un altro Natale se n’è andato. 
Giornata di vento, con raffiche di caldo fohn che combattono contro il gelo della tramontana. 
Nell’aria un’improbabile primavera, fatta di erba novella spuntata fuori stagione e di montagne candide di neve.  
Siamo scesi in città, al carcere delle Vallette, per dare un saluto, almeno da lontano, a Giorgio, Mattia, Luca e, con loro alla sofferente umanità che quel non-luogo rinchiude.

Intorno si allarga una sera gelida, grondante di umidità, squarciata dai riflettori del carcere: muri e cancelli, le sagome degli edifici di reclusione, l’angoscia di un non-quartiere delimitato dalla mole della centrale Iren lampeggiante di luci psichedeliche e dalle colline artificiali della discarica Barricalla.


Poco lontano, mascherato dalla notte, il mattatoio, silenzioso dopo la mattanza prenatalizia.
A questo paesaggio fa da sfondo la periferia operaia, i grandi falansteri degli anni Sessanta, popolati dagli immigrati del sud depresso, manovalanza della Fiat e del boom industriale di un nord ricco e arrogante.

2020

Ha ragione Miguel Benasayag, dobbiamo smettere di concepire l’impegno come un proposito per l’anno nuovo. Il cambiamento in profondità di cui abbiamo bisogno comincia da noi, dalla vita di ogni giorno, dalla ribellione alla pigrizia e all’indifferenza. La rivoluzione, per dirla con Holloway, è un processo interstiziale. Si tratta di cominciare a non voltare le spalle per costruire relazioni sociali diverse, qui e ora.

comune-info.net Emilia De Rienzo

A volte ci nascondiamo dietro alla complessità dei problemi che diciamo sono più grandi di noi, ma in realtà quello che rifiutiamo è l’inizio di un nuovo percorso, temiamo di lasciare le nostre abitudini, le nostre sicurezze e indietreggiamo di fronte al rischio di andare contro corrente. 
Ecco allora che il nostro impegno nei confronti dell’”altro” rimane chiuso nelle nostre case e si esprime nell’indignazione verbale, nelle discussioni infinite come in un eterno talk-show, e la nostra vita continua nella più assoluta disillusione.
Meglio rimanercene a guardare dall’esterno senza coinvolgerci troppo, meglio aspettare che qualcuno pensi per noi.
Vincere la nostra pigrizia vorrebbe dire ribaltare i luoghi comuni, le parole già dette, le frasi fatte.

Anno nuovo, sabbia nuova. Geomanzie del Sahel.


L’antica arte divinatoria, chiamata geomanzia, che interpretava i segni presenti sulla sabbia o sul terreno, è a tutt’oggi praticata nella zona a cavallo tra il Burkina Faso e il Niger. 
Lo specialista, l’esperto nella decodificazione dei segni, avrebbe potuto fornire indicazioni utili sul da farsi nel contesto delle drammatiche turbolenze della zona.
Tra attacchi quasi quotidiani ad opera dei gruppi armati terroristi, al banditismo, ai traffici di ogni tipo e all’ingrossarsi dei ranghi militari disposti ad intervenire nel Sahel, l’arte divinatoria sembra oltremodo necessaria. 
Difficile poter uscire dalla spirale di violenza che ha avviluppato alcune regioni del Sahel, seminando vittime, provocando la chiusura di migliaia di scuole e l‘esodo di centinaia di migliaia di persone, senza affidarsi alla saggezza ancestrale della sabbia.

L’odio di classe in cifre, da conoscere.

«Il conto della crisi si è scaricato su salari e stipendi, non sulla capacità delle imprese di generare ricchezza».
 

Apre così un articolo di due giorni fa pubblicato sul Il Sole 24 Ore online, a firma Barbara Ganz, dove si da conto di una ricerca pubblicata dalla Fondazione Claudio Sabattini sui bilanci di tutte le aziende attive con più di 50 dipendenti nel territorio dell’autonomia differenziata (nell’area di Milano per la Lombardia, di Reggio Emilia per l’Emilia Romagna e il Veneto) nei settori delle «attività metallurgiche, la fabbricazione di prodotti in metalli (esclusi macchinari e attrezzature), la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, la fabbricazione di apparecchiature elettriche, la fabbricazione di macchinari e apparecchiature nca, la fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, la fabbricazione di altri mezzi di trasporto, la riparazione e installazione di macchine e apparecchiature».

Intergrazione à la carte. "Ragazzi autistici? No grazie". E l'albergo delle terme cancella la prenotazione di una decina di famiglie con i figli "speciali".

Calorosa accoglienza dall'hotel Terme di Pompeo, in provincia di Frosinone, quando i familiari dei ragazzi hanno fissato le stanze a cavallo del Capodanno ma alla parola autismo sono iniziate le scuse del direttore: dal numero chiuso per i bambini al fatto che la struttura non fosse attrezzata. Rifiutati con la stessa normalità con cui alcuni alberghi specificano che non accettano cani e altri animali domestici.

"Ragazzi autistici? No grazie". E l'albergo delle terme cancella la prenotazione di una decina di famiglie con i figli "speciali"


Fuochi d'artificio, musica, allegria e niente disabili. Potrebbero disturbare gli altri ospiti dell'hotel. Questo in sintesi quanto si sono sentite rispondere una decina di famiglie, per un totale di circa quaranta persone, che avevano deciso di trascorrere il Capodanno al "Terme di Pompeo- Fontana Olente" di Ferentino, a dieci chilometri di distanza da Frosinone.

Si tratta di famiglie con alcuni figli autistici, una decina di ragazzi tra i 12 e i 18 anni, tra cui romani, campani, piemontesi. Giovani disabili che fanno terapia psicocognitiva. Famiglie che spesso trascorrono alcuni giorni insieme e che quest'anno avevano pensato di recarsi in Ciociaria, nella nota struttura termale, che risale ai tempi dell'imperatore Vespasiano e che si presenta come particolarmente attenta al benessere dei bambini. 

Una famiglia doveva addirittura rientrare per l'occasione in Italia dal Portogallo. Per i ragazzi autistici però è stato diverso. 
Niente Capodanno per loro. Con la stessa normalità con cui alcuni alberghi specificano che non accettano cani e altri animali domestici, al "Terme di Pompeo" hanno detto, sostanzialmente, di non accettare autistici. 

Il privato è meglio del pubblico? La Corte dei Conti dice l’opposto. Ma nessuno controlla.

“Nel campo dei lavori pubblici, i privati fanno meglio e prima, sovente costano meno”.


Mariano Turigliatto Docente, ecologista e coltivatore di speranza

Mariano Turigliatto A smentire questo luogo comune, ben frequentato anche da politici svagati e giornalisti poco documentati, ci pensa la Corte dei Conti nella sua delibera di ricognizione circa lo stato del programma straordinario di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario [qui il dettaglio], evidenziando che non c’è differenza nei tempi di realizzazione fra le opere eseguite direttamente dagli enti e quelle realizzate da privati mediante una delle tante forme di contratto che vanno per la maggiore.
Poco meno di un anno fa Alberto Avoli, Procuratore generale della Corte dei Conti, nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario considerava che: “Nella gestione per obiettivi […] trovano spazio tutti i nuovi modelli di organizzazione delle funzioni pubbliche, fra i quali in primo luogo quelli che valorizzano le potenzialità del partenariato pubblico-privato”.

Nel passare in rassegna i vantaggi – come la capacità da parte del pubblico di attrarre risorse di privati per investimenti di utilità collettiva – e le problematiche connesse all’uso degli strumenti giuridici necessari a supportare le negoziazioni fra operatori privati e pubbliche amministrazioni, il Procuratore generale forniva dati e suggestioni che debbono essere sfuggite ai più.

domenica 29 dicembre 2019

Riprendersi le parole, difendere la democrazia. A Corso Francia.




 


Roma, parrocchia del Preziossimo Sangue, 27 dicembreImmaginiamo che tutto questo abbia una giustificazione commerciale, il clamore fa click, il dolore in prima pagina fa audience, il processo mediatico scalda i cuori, crea tribunali sulla carta stampata che dividono la società in buoni e cattivi. Il caso della morte delle giovani a Roma, a Corso Francia, è stata la vetta più triste di questo 2019, la profanazione della memoria di queste giovani donne con fotografie trafugate sui social, la condanna già intervenuta del guidatore, la rincorsa al luogo comune.
Ma voi siete sicuri che questa strada salverà il giornalismo? Siete sicuri che rincorrere l’orrore sia il giusto modo per arginare la perdita dei lettori, di credibilità e di attenzione dei nostri concittadini?
Siete consapevoli che la china intrapresa non porterà alla salvezza di qualcuno ma alla morte definitiva del giornalismo?
Spesso la colpa viene ascritta ai social ma i comportamenti dentro le redazioni sono così dissimili dalle reazioni di pancia degli utenti finali?
C’è uno iato di fiducia sempre più grande tra i lettori, gli ascoltatori e i mezzi di informazione, così come c’è una politica che si serve sempre di più della mediazione giornalistica al fine di amplificare messaggi sempre più semplificati, a questa distanza va messo un argine, non tanto per tutelare le nostre professionalità ma per evitare l’inizio di un totalitarismo dell’informazione che vale la pena ricordare inizia prima di ogni dittatura.

"In Francia scene di lotta di classe che in Italia non vedremo mai, grazie alla cogestione sindacale".

Il Domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti
 
In Francia bloccano il paese contro l'aumento dell'età pensionabile, in Italia si smette di lavorare alle soglie dei 70 anni ma i sindacati siederanno , a Gennaio, al tavolo Governativo per contenere la spesa previndenziale. 
 
controlacrisi.org
Risultato immagini per sciopero francia L'amara riflessione di fine anno non puo' che investire il ruolo subalterno e collaborativo con il capitale delle pricipali centrali sindacali, zitte e buone, o quasi, davanti alla perdita di potere di acquisto e di contrattazione, allo smantellamento del vecchio welfare e alla crescita degli anni contributivi necessari per la pensione.
 
Eppure in Italia esisterebbero condizioni oggettive per emulare i lavoratori francesi ma l'atmosfera che si respira è ben altra.
 
Le spiegazioni sono molteplici, non ultima la legislazione in materia di sciopero che in Italia è assai piu' severa verso la forza lavoro di quanto lo sia in Francia. 
 
Ma anche in questo caso il ruolo dei sindacati complici è stato dirimente per arrivare alla situazione attuale, ricorderete, alla fine degli anni ottanta, le manifestazioni contro le privatizzazioni nel settore dei trasporti a seguito delle quali cgil cisl uil siglarono i codici di autoregolamentazione per arrivare poi alla legge antiscipero con servizi minimi e pretazioni essenziali da garantire sempre e comunque .

Classe Operaia. Operaio cade dentro un compattatore, è in condizioni gravi.

L’incidente nella zona di carico merci del centro commerciale di Arese nel Milanese.

repubblica.it
Operaio cade dentro un compattatore, è in condizioni graviE’ in condizioni gravi ma per fortuna non è in pericolo di vita, un operaio di 42 anni che è finito accidentalmente dentro un compattatore di rifiuti che era nel retro del centro commerciale di Arese (Milano), nell’area di scarico merci. Stava tentando di recuperare un coperchio che era caduto dentro il macchinario ma è scivolato finendo anche lui all'interno del compattatore. 
Immediati i soccorsi dei suoi colleghi. L’uomo, tirato fuori dal macchinario, è stato soccorso dal 118 e trasportato, dopo un arresto cardiaco, all’ospedale San Carlo di Milano. E' grave ma per fortuna non in pericolo di vita. L’operaio è stato schiacciato al torace e alla testa. Indagano i carabinieri.

Classe dirigente. Caso Dolfuss, sette a processo: tra loro anche Anna Rita Rovelli e il suo ex marito Francesco Bellavista Caltagirone

Gli altri rinviati a giudizio sono il commercialista Gabriele Bravi (che nel 2013 venne anche arrestato e ora è il solo a rispondere di associazione per delinquere e riciclaggio), l’uomo d’affari genovese Franco Lazzarini, il costruttore Massimo Pessina, l’imprenditore ed ex dirigente sportivo (è stato anche all’Inter e all’Udinese) Franco Dal Cin e Filippo Aleotti, in passato partner del fondo Investindustrial. I sei sono accusati a vario titolo o di omessa dichiarazione o di infedele dichiarazione dei redditi.


ilfattoquotidiano.it

Risultato immagini per Filippo DolfussSette rinviati a giudizio, undici prosciolti. È la decisione del gup milanese Giusy Barbara, che ha mandato a processo alcuni dei “clienti italiani vip” del barone italo-svizzero Filippo Dolfuss e del commercialista Gabriele Bravi per aver aggirato il fisco tra il 2010 e il 2015.
Dollfus e Bravi sono ritenuti gli artefici di una “complessa struttura operativa” composta da società con sede a Lugano e a Panama.

La notizia del rinvio a giudizio è di un paio di settimane fa, ma è stata resa nota in queste ore. Il dibattimento si aprirà il prossimo 12 febbraio davanti alla seconda sezione penale del Tribunale, dove dovranno presentarsi – tra gli altri   
  • Anna Rita Rovelli (la figlia del petroliere Nino, uno dei protagonisti del caso Imi Sir) e 
  • il suo ex marito Francesco Bellavista Caltagirone, già presidente del gruppo Acqua Marcia, ex socio di Cai, Compagnia Aerea Italiana ed ex componente del Consiglio d’amministrazione di Alitalia.
     
  • A processo anche lo stesso Bravi (che nel 2013 venne anche arrestato e ora è il solo a rispondere di associazione per delinquere e riciclaggio), 
  •  l’uomo d’affari genovese Franco Lazzarini, 
  • il costruttore Massimo Pessina, 
     
  • l’imprenditore ed ex dirigente sportivo (è stato anche all’Inter e all’Udinese) Franco Dal Cin e  
     
  • Filippo Aleotti, in passato partner del fondo Investindustrial.