... Ma non c’è nessuna ragione ambientale, sociale o
economica per non fare nulla. A parte fare gli interessi di petrolieri
& Co, contro quelli del Paese e del Pianeta...
Iniziammo questa battaglia, in grande solitudine nel 2012.
Era in carica il governo Monti. Da allora sono passati sette anni e sei governi (tra cui l’esecutivo Letta, Renzi, Gentiloni e Conte 1), abbiamo ottenuto un’attenzione crescente su questo tema e l’obbligo di legge del loro censimento - con il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi a cura del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - ma non è stato fatto quel taglio necessario alle incredibili entrate economiche di chi inquina l’aria e alimenta l’emergenza climatica. Anche il l’attuale governo Conte che parla tanto di Green New Deal made in Italy, ha fatto lo stesso con la legge di bilancio in via di approvazione definitiva.
Nel 2018 sono stati 18,8 i miliardi di euro arrivati a tutto il settore delle fonti fossili, tra sussidi diretti e indiretti: una scelta che ha prodotto un danno per l’ambiente e un’ingente perdita per le casse dello Stato. Legambiente ha calcolato che il pacchetto di rendite e privilegi destinati alle compagnie che trivellano i mari e il territorio della Penisola, si traduce in 474 milioni di euro di mancate entrate annue per Stato, Regioni e Comuni. Risorse che potrebbero essere destinate alla bonifica dei territori inquinati dai siti di estrazione e di produzione da fonti fossili e allo sviluppo di un nuovo, efficiente e democratico sistema energetico basato sullo sviluppo delle fonti rinnovabili e competitive, sull’efficienza energetica, su una nuova mobilità a zero emissioni e sulla riconversione innovativa dell’industria.
Il nuovo rapporto di Legambiente Tutti i sussidi alle trivellazioni dimostra, con dati e numeri, come l’Italia continui a preferire le fonti fossili a un nuovo sistema energetico basato su prosumer, autoproduzione, reti smart e comunità energetiche e soprattutto, come ai tanti annunci fatti dalla politica e dal Governo Conte 2 non siano seguite azioni concrete per cancellare i sussidi alle fonti fossili, uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5stelle in campagna elettorale.
La legge di bilancio, ora alla Camera per il voto definitivo, ne è una prova tangibile visto che dal testo iniziale è scomparso il totale taglio alle esenzioni dal pagamento delle royalties, sostituito con esenzioni a partire dal 2020 di cui beneficeranno le concessioni sul gas con una produzione annuale fino a 10 milioni di smc (metri cubi standard) per quello estratto in mare e 30 milioni di smc per quello estratto sulla terra ferma. Per il settore petrolifero la limitazione delle esenzioni varrebbe per soli tre anni.
A tutto questo si aggiunge la timida misura arrivata dall’Esecutivo che riguarda l’introduzione del pagamento dell’Imu per le sole piattaforme petrolifere marine – prevista nel decreto fiscale ed effettiva dal 2020 – e per le quali è stata stabilita un’aliquota, ad hoc, pari al 10,6 per mille e il cui gettito sarà ripartito tra Stato e Comuni, per un’entrata stimata in appena 6 milioni di euro l’anno.
Anche per il 2020 resterà infatti in vigore un sistema di royalties inadeguato con canoni troppo bassi rispetto a quelli europei e la possibilità di dedurle dall’imponibile regionale (fino a un massimo del 3%), nonostante l’innalzamento dei canoni inserito nel Decreto Semplificazioni approvato dal governo Conte 1.
Legambiente ancora una volta lancia all’Esecutivo le sue proposte per l’eliminazione definitiva dei sussidi alle trivellazioni e per puntare finalmente dritti verso gli obiettivi climatici e di decarbonizzazione ed eliminare, da subito, tutti i vantaggi economici al settore oil&gas. In particolare tra le azioni da intraprendere immediatamente: l’adeguamento delle royalties petrolifere almeno al 20%, l’eliminazione di tutte le esenzioni al pagamento delle royalties per le aziende del settore e delle detrazioni regionali sulle royalties, che finiscono solo per ridurre le entrate per i territori a tutto vantaggio delle società petrolifere.
È tutto davvero paradossale. Per questo continuiamo a chiedere al governo italiano - che in diverse occasioni negli ultimi mesi ha espresso apprezzamento per le manifestazioni sul clima - di intervenire subito, eliminando tutti i sussidi alle estrazioni che rendono tali attività economicamente vantaggiose, e laddove necessario sviluppando politiche di sostegno alla riconversione delle aziende, a partire da quelle più esposte come quelle agricole.
Ma non c’è nessuna ragione ambientale, sociale o economica per non fare nulla.
A parte fare gli interessi di petrolieri & Co, contro quelli del Paese e del Pianeta.
Iniziammo questa battaglia, in grande solitudine nel 2012.
Era in carica il governo Monti. Da allora sono passati sette anni e sei governi (tra cui l’esecutivo Letta, Renzi, Gentiloni e Conte 1), abbiamo ottenuto un’attenzione crescente su questo tema e l’obbligo di legge del loro censimento - con il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi a cura del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - ma non è stato fatto quel taglio necessario alle incredibili entrate economiche di chi inquina l’aria e alimenta l’emergenza climatica. Anche il l’attuale governo Conte che parla tanto di Green New Deal made in Italy, ha fatto lo stesso con la legge di bilancio in via di approvazione definitiva.
Nel 2018 sono stati 18,8 i miliardi di euro arrivati a tutto il settore delle fonti fossili, tra sussidi diretti e indiretti: una scelta che ha prodotto un danno per l’ambiente e un’ingente perdita per le casse dello Stato. Legambiente ha calcolato che il pacchetto di rendite e privilegi destinati alle compagnie che trivellano i mari e il territorio della Penisola, si traduce in 474 milioni di euro di mancate entrate annue per Stato, Regioni e Comuni. Risorse che potrebbero essere destinate alla bonifica dei territori inquinati dai siti di estrazione e di produzione da fonti fossili e allo sviluppo di un nuovo, efficiente e democratico sistema energetico basato sullo sviluppo delle fonti rinnovabili e competitive, sull’efficienza energetica, su una nuova mobilità a zero emissioni e sulla riconversione innovativa dell’industria.
Il nuovo rapporto di Legambiente Tutti i sussidi alle trivellazioni dimostra, con dati e numeri, come l’Italia continui a preferire le fonti fossili a un nuovo sistema energetico basato su prosumer, autoproduzione, reti smart e comunità energetiche e soprattutto, come ai tanti annunci fatti dalla politica e dal Governo Conte 2 non siano seguite azioni concrete per cancellare i sussidi alle fonti fossili, uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5stelle in campagna elettorale.
La legge di bilancio, ora alla Camera per il voto definitivo, ne è una prova tangibile visto che dal testo iniziale è scomparso il totale taglio alle esenzioni dal pagamento delle royalties, sostituito con esenzioni a partire dal 2020 di cui beneficeranno le concessioni sul gas con una produzione annuale fino a 10 milioni di smc (metri cubi standard) per quello estratto in mare e 30 milioni di smc per quello estratto sulla terra ferma. Per il settore petrolifero la limitazione delle esenzioni varrebbe per soli tre anni.
A tutto questo si aggiunge la timida misura arrivata dall’Esecutivo che riguarda l’introduzione del pagamento dell’Imu per le sole piattaforme petrolifere marine – prevista nel decreto fiscale ed effettiva dal 2020 – e per le quali è stata stabilita un’aliquota, ad hoc, pari al 10,6 per mille e il cui gettito sarà ripartito tra Stato e Comuni, per un’entrata stimata in appena 6 milioni di euro l’anno.
Anche per il 2020 resterà infatti in vigore un sistema di royalties inadeguato con canoni troppo bassi rispetto a quelli europei e la possibilità di dedurle dall’imponibile regionale (fino a un massimo del 3%), nonostante l’innalzamento dei canoni inserito nel Decreto Semplificazioni approvato dal governo Conte 1.
Legambiente ancora una volta lancia all’Esecutivo le sue proposte per l’eliminazione definitiva dei sussidi alle trivellazioni e per puntare finalmente dritti verso gli obiettivi climatici e di decarbonizzazione ed eliminare, da subito, tutti i vantaggi economici al settore oil&gas. In particolare tra le azioni da intraprendere immediatamente: l’adeguamento delle royalties petrolifere almeno al 20%, l’eliminazione di tutte le esenzioni al pagamento delle royalties per le aziende del settore e delle detrazioni regionali sulle royalties, che finiscono solo per ridurre le entrate per i territori a tutto vantaggio delle società petrolifere.
È tutto davvero paradossale. Per questo continuiamo a chiedere al governo italiano - che in diverse occasioni negli ultimi mesi ha espresso apprezzamento per le manifestazioni sul clima - di intervenire subito, eliminando tutti i sussidi alle estrazioni che rendono tali attività economicamente vantaggiose, e laddove necessario sviluppando politiche di sostegno alla riconversione delle aziende, a partire da quelle più esposte come quelle agricole.
Ma non c’è nessuna ragione ambientale, sociale o economica per non fare nulla.
A parte fare gli interessi di petrolieri & Co, contro quelli del Paese e del Pianeta.
Nessun commento:
Posta un commento