Come abbiamo scritto all’inizio di questa settimana, durante il periodo natalizio non si è realizzata “la tregua” auspicata dall’Esecutivo rispetto allo “sciopero ad oltranza,” iniziato il 5 dicembre, contro l’ipotesi di riforma pensionistica.
I
lavoratori delle ferrovie, così come quelli della metro parigina e gli
operai delle raffinerie, continuano la mobilitazione. Anzi, se così si
può dire, alzano il livello dello scontro, mentre in tutto l’Esagono continuano le operazioni “coup de poing” effettuate dai militanti sindacali insieme a gilets jaunes,
così come il taglio dell’elettricità a diverse aziende del CAC40 (le
principali aziende quotate in Borsa), rivendicato orgogliosamente dalla
branca dei lavoratori dell’energia della CGT.
Come ha detto Therry Defresne, delegato alla Total, prima di Natale, rispetto alla mobilitazione nel settore chimico: “tutto questo accelererà nei giorni seguenti”…
Si
avvicina la “soglia psicologica” dei 22 giorni consecutivi di
mobilitazione, ossia la durata complessiva dello sciopero vittorioso nel
settore dei trasporti contro l’ipotesi di riforma pensionistica del
governo di Lionel Jospin, dell’inverno del 1995: la più lunga e
vittoriosa vertenza degli ultimi 25 anni!
Mercoledì 25 dicembre il traffico ferroviario è stato ancora perturbato, con un “transilien” – che serve la regione parigina – su 6, 3 TER 10 e un TGV – treno ad alta velocità – su 3. Questo week end
la direzione della SNCF vorrebbe far circolare almeno 6 TGV su 10,
migliorando il traffico rispetto al fine settimana precedente ed
assicurando la maggior parte degli 800.000 viaggiatori con una
prenotazione dal 27 al 29 di questo mese.
Martedì
il tasso degli scioperanti è stato – secondo i dati forniti dalla
direzione aziendale – del 9,8%; ma quasi la metà dei macchinisti, quasi
un terzo dei controllori e più del 10% degli addetti agli scambi si sono
astenuti dal lavoro.
Si
tratta di un dato in leggero rialzo rispetto a quello di lunedì – il
più basso dall’inizio dello sciopero – di poco più del 9 % degli
scioperanti.
La
stima delle perdite causate dallo sciopero, secondo i calcoli del
direttore della SNCF, Jean-Pierre Farandou, ammontano per ora a 400
milioni di Euro.
«I conti del 2019 saranno fortemente impattati»
dall’azione dei lavoratori, ha dichiarato il dirigente. Le ferrovie
avevano realizzato 33,3 miliardi di Euro nel 2018, stimando a circa 900
milioni l’impatto del lungo sciopero “ad intermittenza” della primavera,
prima azione di massa dei lavoratori dell’“Era Macron”.
L’Esecutivo
aveva dato mandato alla direzione della SNCF, così come a quella della
RAPT, di negoziare con le organizzazioni sindacali del settore delle
modalità meno traumatiche di transizione al regime universale, da quello
“speciale” odierno, pur di far cessare lo sciopero.
La
direzione delle ferrovie aveva ricevuto una “apertura” dalla direzione
dell’UNSA – il secondo sindacato nella SNCF, altamente “collaborativo” –
ma questa è stata di fatto smentita dalla propria base, così come lo è
stata la leadership confederale della CFDT che si era per prima espressa
per una “pausa”, anch’essa rifiutata dal quarto sindacato di categoria
del settore.
Nella metro parigina – nonostante le trattative – non ci sono state nemmeno queste aleatorie ipotesi di ammiccamento…
Il
25 dicembre, solo le due linee “automatizzate” – la 1 e la 14 – hanno
viaggiato, le altre sono state chiuse. 3 bus di superficie su quattro
hanno viaggiato, ed i tram sono stati praticamente regolari. Le linee
RER che collegano il centro con la periferia e viceversa, sono state
“molto perturbate”, con la linea A chiusa per la maggioranza del
tragitto, e la B con solo un treno su tre a circolare.
Quale sarà la situazione nel 22° giorno di sciopero?
Giovedì,
nella RAPT, 5 linee rimarranno completamente ferme, le altre aperte
parzialmente e solo per una breve fascia temporale, mentre circolerà un
treno su due nella linea A della RER e uno su tre della B nell’ora di
punta, e viaggeranno due bus su tre e pressoché regolarmente i tram.
Nelle ferrovie circolerà un TGV su 2, un Transilien su 5, e 4 TER su 10, un Intercité su quattro, con il traffico internazionale “molto perturbato”
Domenica
è iniziata la procedura – che durerà alcuni giorni – per il blocco
totale della raffineria Petroineos di Lavéra, nei pressi di Martigues
nel sud della Francia, seguita lunedì dalla raffineria Total di
Grandpuits a Seine-et-Marne, decisa nell’assemblea generale.
Il
sito di Martigues, il più importante del sud della Francia, impiega
12.000 lavoratori, raffina 10 milioni di tonnellate di greggio l’anno ed
alimenta anche la Spagna, l’Italia e – attraverso le pipelines – il nord dell’Europa; mentre quello di Grandpuits ne raffina la metà.
A
Grandpuits, come specifica Adrien Cornet della CGT, i lavoratori hanno
deciso per lo sciopero ad oltranza fino al 30 dicembre: «i lavoratori
non hanno votato direttamente l’arresto della produzione, ma la
non-spedizione dei prodotti finiti. Il fermo è dovuto al deficit di
stock provocato dalla nostra azione»
Come ha spiegato Emmanuel Lépine, segretario dei chimici della CGT, è «la metà della capacità di produzione di carburante che si ferma» con le due raffinerie. L’altra metà è assicurata dai depositi portuali, che sono omunque in sciopero. Inoltre «I
rimorchiatori di Fos-sur-Mer non connettono più le navi nel Porto
Petroli. A Le Havre è la stessa cosa, i portuali sono in sciopero».
Mentre
7 raffinerie su 8 hanno scioperato durante le tre giornate di
mobilitazione inter-professionale, sono 5 quelle che si astengono ad
oltranza ed a parte queste citate per le altre si tratta di ridurre al
minimo la produzione e di bloccare la consegna del carburante.
Alla
bio-raffineria Total di La Méde, la riduzione è ridotta al minimo dal 4
dicembre; in pratica 150 camion al giorno che non caricano.
Nel sito Total di Feyzin, nel mobilitare tutta la forza lavoro le cose sono un po’ più complicate.
Bisogna
ricordare che alla Total un’anzianità di lavoro dai 25 ai 38 anni dà
diritto a 5 anni di pre-pensionamento, pagato il 75%. Nel sistema a
punti proposto dal governo le pensioni verrebbero decurtate di qualche
centinaio d’euro al mese.
Lépine è lineare: «Avevamo dato un ultimatum al governo, non l’ha capito, facciamo ciò che avevamo previsto».
Infatti,
un documento co-firmato da quattro Federazioni della CGT (ferrovieri,
trasporti, energia e chimici) domenica 15 dicembre era stato più che
chiaro, dando una settima di tempo al governo per ritirare la riforma e
concludendo:
«Se
il Primo Ministro si ostina ad affermare “il Paese è perturbato ma non
bloccato”, i lavoratori del pubblico e del privato tireranno le
conclusioni che devono raddoppiare le mobilitazioni, moltiplicare gli
appelli allo sciopero in tutte le aziende ed implementare ulteriormente
il livello delle manifestazioni, per essere compresi»
Una certa coerenza tra il “dire e il fare”, quindi.
Per i marittimi, la partita che si gioca è importante.
Il
personale che lavora sui rimorchiatori a Le Havre è infatti in sciopero
da martedì 17 dicembre contro l’ipotesi di riforma pensionistica.
Questo
mestiere, che ha persino più feriti e incidenti sul lavoro
dell’edilizia, ha un “regime speciale” che permette di andare in
pensione a 55 anni di età e con 37,5 anni di contributi versati…
Giovedì
19 dicembre i marinai della CGT e della CFDT che lavorano sui
rimorchiatori al Fos hanno depositato un avviso di sciopero di 5 giorni
per la CGT, di 24 ore la CFDT.
Petroliere, gasiere e porta-container resteranno quindi “al largo” del bacino marsigliese…
L’azione
non è limitata ai due porti, perché l’appello è stato lanciato dalla
Federazione Nazionale dei Sindacati Marittimi e comprende i
marinai-rimorchiatori di Dunkerque, Saint-Nazaire e La Rochelle,
sull’onda degli scioperi effettuati già dai portuali in differenti scali
e le giornate “porto morto”…
Il
regime pensionistico dei “marittimi” – il primo ad essere stato
istituito in Francia, circa 400 anni fa – non era mai stato toccato
dalle varie riforme pensionistiche e se i colloqui con il governo – a
cui chiedono il ritiro secco della proposta – non avranno un buon esito,
la risposta non potrà che essere la mobilitazione.
Anche all’inizio della settimana sono continuate le iniziative “a sorpresa”. Citiamone alcune…
Il
presidio di fronte alla sede della RAPT a Parigi lunedì mattina per
denunciare la repressione dei picchetti di sciopero nelle rimesse dei
bus, sgomberati violentemente dalla polizia, si è trasformato in una manif sauvage
che ha infine bloccato la linea automatizzata 1 della metropolitana e
la Gare de Lyon della ferrovia, con l’occupazione dei binari di questa
importante stazione parigina.
Nella
notte tra lunedì e martedì, al sito di Amazon di Seine-Saint-Denis, che
lavora 50.000 colli a notte con 800 autisti, è stata tagliata l’energia
elettrica fino alle 7.30 del mattino, dalla CGT 93 che ha rivendicato
l’azione, contro le condizioni di sfruttamento dei lavoratori – di cui
una buona parte precari – e contro la riforma.
Sull’autostrada
A36, a Fontaine, martedì c’è stata un’operazione di “pedaggio
gratuito”; mentre a Rouen, lunedì, è stato bloccato un centro di
smistamento delle poste…
***
Il
governo ha reso pubblico il calendario di incontri che svolgerà a
cominciare dal 6 gennaio, nelle settimane che precedono la presentazione
della riforma al Consiglio dei Ministri, il 22.
Stupisce
l’arroganza dell’Esecutivo che, nelle riunioni con i partner sociali lo
scorso mercoledì e giovedì, aveva escluso la SNES-FSU – il maggior
sindacato nelle scuole medie inferiori e superiori – e le organizzazioni
giovanili che sono parte integrante dell’Intersindacale che ha promosso
le mobilitazioni.
Non
soddisfatto, ha fatto sapere alla CGT dei prossimi incontri “a mezzo
stampa”, senza convocare direttamente la Confederazione, come ha
dichiarato Philippe Martinez.
Il
6 Edouard Philippe dovrà proporre un “metodo di lavoro” rispetto alla
questione dell’equilibrio finanziario della riforma, e dunque dell’età
pivot prevista a 64 anni, ipotesi che ha suscitato la contrarietà
perfino della CFDT, che sarebbe “l’interlocutore naturale” del governo.
Il
13 gennaio, il Ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer incontrerà
i sindacati degli insegnanti per le negoziazioni su una presunta
ri-valorizzazione degli stipendi, in un clima di grande sfiducia del
corpo insegnanti nel confronto del governo.
Il
7 diversi ministri saranno impegnati nelle discussioni sugli unici nodi
su cui si è aperta la possibilità di modifica come il carattere
usurante di alcune mansioni, ecc.
Il 9 gennaio ci sarà la quarta mobilitazione “inter-categoriale” ed “inter-professionale” in poco più di un mese…
***
Gli
inviti alla tregua avanzati da Macron dalla Costa d’Avorio, sabato 21
dicembre, sono rimasti lettera morta; così come gli ammiccamenti in
questo senso alla CFDT – teoricamente favorevole alla riforma degli
attuali regimi – e all’UNSA, smentendo le dichiarazioni del nuovo
incaricato della riforma, Laurent Pietraszewski, che si augurava che la
“disponibilità” delle direzioni di SNCF e RAPT potessero «permettere di riprendere il lavoro e assicurare il servizio pubblico indispensabile in questo periodo».
La
contrapposizione, al di là degli ammiccamenti ad una parte dei
sindacati “riformisti”, è frontale: da un lato l’Esecutivo in tutte le
sue componenti ha ribadito che non metterà in discussione la
soppressione dei 42 regimi speciali, dall’altra si chiede il ritiro
della proposta.
Un anno di mobilitazione dei gilets gialli
e le precedenti esperienze vittoriose sembrano avere insegnato che la
durata, l’incisività ed il consenso attorno alle proprie battaglie sono
l’unico modo per far fare marcia indietro al governo, nonostante il
prezzo non proprio basso che si deve pagare.
Qualcuno l’ha definita palestra d’odio: per noi è un ottima ginnastica.
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