https://infosannio.wordpress.com
(pressreader.com)
– di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano – La rapida e vorticosa
regressione del dibattito pubblico verso l’età della pietra, con tutto
il rispetto per l’Uomo di Neanderthal, non è solo colpa dei social
populisti e sovranisti. Ma anche dei loro presunti avversari, perché è
il frutto di un impazzimento collettivo, che coinvolge anche chi
dovrebbe fornire all’opinione pubblica gli strumenti logici e fattuali
per farsi un’opinione informata e corretta: gli intellettuali e i
giornalisti, sempre più prevenuti ed embedded nell’una o nell’altra
banda. La settimana scorsa, quando il Minculpop renziano mise alla gogna
la casa del privato cittadino Formigli che l’aveva pagata con soldi
suoi, ma aveva osato chieder conto al politico Renzi della sua villa
acquistata col prestito di un imprenditore da lui nominato a Cdp, ci è
toccato spiegare un principio elementare che davamo per scontato e
condiviso, e che invece pareva improvvisamente dimenticato o
controverso: per i politici e gli altri pubblici ufficiali non esiste
privacy su vicende di interesse pubblico. La stessa sensazione di dover
ripartire ogni volta dall’Abc, anzi dalle aste, accompagna il dibattito
pro o contro il processo a Salvini per la nave Gregoretti.
Come la pensiamo sulla questione, i nostri lettori lo sanno perché
l’abbiamo spiegato fino alla noia nel caso simile (ma tutt’altro che
identico) della Diciotti.
1) Che Salvini abbia agito nella funzione di ministro dell’Interno
non è in discussione: lo riconoscono pure i giudici, altrimenti lo
rinvierebbero a giudizio senza chiedere l’autorizzazione al Parlamento,
prevista solo per i reati ministeriali.
2)È improbabile che Salvini venga condannato per sequestro di persona
per aver tenuto bloccata per qualche giorno in un porto italiano una
nave italiana carica di migranti, a prescindere dal giudizio morale
(ovviamente negativo) che merita; però la valutazione non spetta al
Parlamento, ma ai giudici, che vanno autorizzati a processarlo perché
non tutti gli atti politici di un ministro sono di per sé leciti o
insindacabili (così, fra l’altro, sapremo una volta per tutte se quello è
un reato o no).
3) I 5Stelle sbagliarono gravemente a votare col centrodestra contro
l’autorizzazione a procedere nel caso Diciotti, come scrivemmo per
giorni e giorni invitandoli a ripensarci, ospitando le voci critiche al
loro interno e criticando il voto-farsa su un quesito suggestivo e
fuorviante della piattaforma Rousseau (il mio editoriale del 19 febbraio
s’intitolava “Movimento 5 Stalle”). Ora, per coerenza, plaudiamo alla
decisione di autorizzare il processo sul caso Gregoretti. Che peraltro è
molto diverso dal caso Diciotti.
1) La Diciotti rilevò i naufraghi dopo un’operazione di salvataggio
coordinata da Malta, cui spettava l’obbligo di indicare un proprio porto
sicuro, anziché scaricare il barile sulla solita Italia; la Gregoretti
ospitava migranti salvati in un’operazione tutta italiana, dunque
indicare il Pos toccava all’Italia, mentre Salvini rifiutò.
2) La Diciotti è una nave adibita ai soccorsi in mare, dunque può
ospitare decine di persone sotto coperta in condizioni accettabili; la
Gregoretti è destinata alla vigilanza sulla pesca e non garantisce
un’adeguata sistemazione ai profughi, che infatti vivevano e dormivano
sul ponte, sotto la canicola (fino a 35 gradi).
3) Dalla Diciotti il governo fece subito sbarcare donne e bambini;
dalla Gregoretti i minori poterono scendere solo per ordine della
Procura minorile.
4) L’attesa della Diciotti in porto (agosto 2018) fu decisa perché
prima Malta per il Pos e poi l’Ue per i ricollocamenti facevano gli
gnorri; quella della Gregoretti (luglio 2019) fu decisa quando ormai il
meccanismo dei ricollocamenti nella Ue era collaudato e non c’era dubbio
che i migranti sarebbero stati distribuiti in vari Paesi.
5) Sulla Diciotti la decisione fu condivisa da Salvini con Conte, Di
Maio e Toninelli, che infatti si autodenunciarono ai pm (anche se la
responsabilità decisionale era esclusivamente del Viminale); sulla
Gregoretti decise il solo Salvini, che mai portò la questione in Cdm,
anche perché a fine luglio non parlava più con Conte né con Di Maio:
Lega e M5S erano ai ferri corti su giustizia, intercettazioni,
prescrizione, autonomie, flat tax e Tav, e Salvini si accingeva a
rovesciare il governo. Tant’è che La Stampa il 29 luglio titolò: “Stallo
sulla Gregoretti. Salvini resta solo, nessuna sponda da Conte e
Mattarella”.
Dunque il M5S avrebbe avuto ottimi argomenti per mandare a processo
Salvini sulla Diciotti, ma oggi ne ha ancora di più sulla Gregoretti.
Sulla Diciotti disse No, e lo attaccammo. Sulla Gregoretti dice Sì, e lo
applaudiamo. Si chiama coerenza e vi sarebbe tenuto chiunque altro
criticò i 5Stelle sulla Diciotti. Invece, in questa folle corsa verso
l’età della pietra, siamo circondati da “colleghi” che, alla vigilia di
ogni scelta del M5S, tengono pronti due articoli: uno per dargli torto
se dice Sì, l’altro per dargli torto se dice No. Come sulle Olimpiadi,
sullo stadio della Roma, sul Tav ecc. Ieri l’intera stampa non poteva
attaccare Salvini per le sue gravi condotte e le sue ridicole giravolte
(dal “Processatemi subito” al “Guai se mi processano”) perché era troppo
impegnata ad attaccare Di Maio per aver “cambiato idea”. Il bello è che
gli stessi erano pronti ad attaccarlo anche se non l’avesse cambiata. È
il loro personalissimo concetto di coerenza: i 5Stelle hanno torto sia
che facciano A, sia che facciano il contrario di A. Giovedì, a Otto e
mezzo, il compagno De Angelis definiva il Sì di Di Maio al processo a
Salvini “una sconcertante disinvoltura politica dei grillini”. Secondo
voi come avrebbe definito un No di Di Maio al processo a Salvini? “Una
sconcertante disinvoltura politica dei grillini”.
È la Salvinistra, bellezza! E poi si meravigliano se la Lega è ancora prima nei sondaggi.
Nessun commento:
Posta un commento