La
domanda non è retorica, è perentoria e la risposta farà la differenza.
Il 19 dicembre a Roma, presso lo Spin Time Labs, si è tenuta una
assemblea dal titolo: “Noi, la città emergente”. La ragione sociale
viene così declinata: “Combattere la Giunta Raggi oggi significa evitare
la deriva della città domani verso la destra estrema di Salvini”. La
questione ci sta tutta ma è sulle soluzioni che non convergiamo, anzi,
divergiamo apertamente.
I promotori dell’iniziativa (tra cui Action, Cinecittà Bene Comune ed altre realtà sociali “di movimento”) dichiarano di voler essere concorrenti del Pd, ma almeno due cose vanno chiarite.
Secondo La Repubblica l’ispiratore di questo percorso civico è Amedeo Ciaccheri, presidente del VIII Municipio, tra gli interventi e i presenti in sala abbiamo visto il dirigente nazionale del Pd Marco Miccoli, la senatrice del Pd Monica Cirinnà, il sindaco di Fiumicino ed esponente storico del Pd romano Esterino Montino, la presidente Pd del I Municipio. Pare che l’assenza di Massimiliano Smeriglio, un altro deus ex machina del Pd per i suoi addentellati e trascorsi nel movimento, sia stata dovuta ad altri impegni ma che garantisca il suo sostegno al progetto.
“Vogliamo avviare una discussione pubblica sulla possibilità di intraprendere un’iniziativa politica capace di muoversi nell’ambito dell’alleanza democratica e progressista in modo unitario ma con il massimo di autonomia politica, culturale e organizzativa possibile. Vogliamo discuterne tra pari, nel rispetto della libertà e dell’autonomia di tutte e tutti” è scritto nella convocazione. Sull’obiettivo del percorso viene precisato che: “Vogliamo dare un contributo nel campo delle forze civiche, superando il conservatorismo delle forze politiche, mettendo in rete le energie civiche che animano la città e che resistono all’onda nera nella pratica quotidiana”.
Forse è stata solo una coincidenza logistica che la riunione di questa rete civica sia avvenuta nello stesso luogo dove domenica 15 dicembre si è riunito il coordinamento delle Sardine, ma si capisce da tutti gli interventi che a quel mondo guardino apertamente i promotori della rete civica che vorrebbe dar vita ad una lista collaterale al Pd nelle prossime elezioni comunali a Roma.
Certo nessuno la declina così e si parla di essere concorrenti con il Pd, ma è una concorrenza che appare molto funzionale a cercare di fare man bassa dei consensi di un disilluso e piuttosto abbacchiato “popolo di sinistra” per farli poi convergere sul candidato sindaco che il Pd metterà in campo nel 2021 per Roma (a meno che la giunta comunale non vada in crisi prima).
La distanza e la divergenza su questo è totale. Ritenere che riportare il Pd al governo della città sia l’alternativa migliore alla destra o al M5S è una tesi discutibilissima sulla base di fatti. Il Pd a Roma è stato e rimane il partito degli affari e degli affaristi, ha governato con questo spirito e sulla base di questi interessi, magari lasciando cadere qualche briciola per l’associazionismo e qualche spazio sociale dallo stomaco forte.
Ci piacerebbe che i portatori d’acqua al Pd per le elezioni comunali di Roma rispondessero ad alcune semplici domande: con il Pd al governo lo stadio per la Roma di Parnasi sarebbe stato fatto o no? Le privatizzazioni di Ama e Atac sarebbero state fatte o no? Sorvoliamo sull’Acea perché è stata già privatizzata nel 1997 con la giunta Rutelli e continua ad agire come società quotata in borsa piuttosto che come Spa in cui il Comune è ancora azionista.
Ed ancora: la truffa dei Piani di Zona sarebbe venuta fuori o sarebbe rimasta ancora insabbiata? La città vetrina avrebbe continuato a prevalere sulle periferie o no? Le generose concessioni ai privati di servizi pubblici sarebbero cessate o aumentate? Le lavoratrici e i lavoratori dei servizi sociali sarebbero stati internalizzati o sarebbero rimasti imbrigliati nel verminaio delle cooperative sociali?
Sono domande di fondo sulle scelte decisive fatte finora e sulle quali le verifiche sul futuro non potranno certo limitarsi a programmi in cui, come di consueto, c’è sempre il tutto e il contrario di tutto.
Roma in questi anni è stata divorata dalle giunte di destra (Alemanno) come da quelle del Pd, ed infine è stata portata al collasso dalla giunta Raggi costruita su un mix di incompetenza, ottusità burocratico/legalitaria e pessimi personaggi emersi dal mondo dell’affarismo.
La sfida su Roma è quindi altra e alta, altissima. Ridurla alla riconsegna nelle mani del Pd solo perché “altrimenti vince la destra”, è un ricatto che non funziona più e non deve più funzionare. Il meno peggio non è una alternativa all’esistente, è la sua negazione. Un progetto per un’altra città sta prendendo corpo tra gli abitanti delle periferie tradite, tra gli attivisti che stanno contrastando i fascisti nei quartieri popolari giorno per giorno e metro per metro, tra le lavoratrici e i lavoratori precarizzati nei servizi sociali, tra quelli delle aziende muncipalizzate, e tra i giovani e studenti liberatisi dalla “scimmia”.
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