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Un appello per la liberazione di Julian Assange della Rete di intellettuali, artisti e movimenti sociali “In Difesa dell’Umanità” (REDH)
In una dichiarazione pubblica del 1° novembre, il Relatore speciale
delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, ha espresso “il suo
allarme per il continuo deterioramento della salute di Julian Assange
dopo il suo arresto e la sua detenzione all’inizio di quest’anno”, affermando che la sua vita è ora in pericolo.
Nel suo rapporto di maggio, Melzer ha dichiarato che in 20 anni di
lavoro con le vittime della guerra, della violenza e della persecuzione
politica, non aveva mai visto un gruppo di Stati democratici unirsi per
isolare, demonizzare e abusare deliberatamente di un individuo per così
tanto tempo e senza rispettare la dignità umana o lo stato di diritto.
Lo ha detto dopo aver incontrato Assange con un team medico
specializzato nella prigione di alta sicurezza di Belmarsh, a Londra.
Una delle conclusioni del team è stata che il detenuto “mostrava
tutti i sintomi tipici di una prolungata esposizione a torture
psicologiche, stress estremo, ansia cronica e traumi psicologici”.
Nel giugno 2012 Assange si è rifugiato nell’ambasciata del’Ecuador a
Londra. Ad agosto, il governo del presidente Rafael Correa gli ha
concesso asilo politico. La sua impossibilità di andarsene, poiché
sarebbe stato arrestato e sicuramente estradato negli Stati Uniti, lo ha
reso prigioniero. “La nazionalità ecuadoriana accordatagli nel dicembre 2017 non è stata sufficiente a cambiare la sua situazione”.
L’11 aprile di quest’anno il nuovo presidente dell’Ecuador, Lenin
Moreno, su richiesta del governo statunitense, ha ritirato il suo asilo e
la sua nazionalità. Assange è stato poi consegnato alle autorità
britanniche che lo hanno confinato a Belmarsh. Isolato, e senza poter
preparare la sua difesa, è in attesa di un processo che deciderà la sua
estradizione negli Stati Uniti dove, con le attuali accuse, potrebbe
essere condannato fino a 175 anni di carcere.
Assange, direttore di WikiLeaks, è accusato da Washington di
“cospirazione” e “spionaggio”, avendo inviato a molti media nel mondo i
“Diari di guerra”. Si tratta di migliaia di documenti militari e
diplomatici che denunciano molteplici crimini di guerra degli Stati
Uniti in Afghanistan e in Iraq.
Secondo Melzer, “Mentre il governo degli Stati Uniti persegue il
signor Assange per aver pubblicato informazioni su gravi violazioni dei
diritti umani, tra cui la tortura e l’omicidio, i funzionari
responsabili di questi crimini continuano a godere dell’impunità”.
Tra gli altri, il suo lavoro è stato premiato nel 2011 con il Walkley
Award for Outstanding Contribution to Journalism, il Martha Gellhorn
Journalism Award, il Index of Censorship Award, il The Economist’s New
Media Award, il New Media Award di Amnesty International e il Gavin
MacFayden Award 2019. WikiLeaks è stata anche nominata nel 2015
per il Premio Mandela dell’ONU e sette volte per il Premio Nobel per la
Pace (2010-2015 e 2019).
Qualche settimana fa un gruppo di giornalisti e comunicatori ha iniziato una campagna per la sua liberazione. Questa afferma: “Se
il governo degli Stati Uniti può perseguire Julian Assange per la
pubblicazione di documenti riservati, spianerà la strada ai governi per
perseguire i giornalisti in qualsiasi parte del mondo, il che
costituirebbe un pericoloso precedente contro la libertà di stampa
mondiale […] In una democrazia, deve essere possibile rivelare crimini
di guerra e casi di tortura e di abusi senza dover andare in prigione.
Questo è proprio il ruolo della stampa in una democrazia”.
Finora, nemmeno un migliaio di giornalisti hanno risposto a questo
appello e pochissime organizzazioni per i diritti umani hanno preso sul
serio la difesa del loro caso.
Perché questo atteggiamento nei confronti di Assange? Il relatore speciale Melzer ha una spiegazione: “Dopo
essere stato disumanizzato attraverso l’isolamento, il ridicolo e la
vergogna, è stato molto facile privarlo dei suoi diritti fondamentali
senza provocare l’indignazione dell’opinione pubblica mondiale”.
Un editoriale su Le Monde Diplomatique del dicembre 2018 dice: “La
persecuzione del signor Assange da parte delle autorità statunitensi è
incoraggiata dalla vigliaccheria dei giornalisti che lo hanno
abbandonato al suo destino, e persino dalla gioia per la sua disgrazia”.
Pertanto, noi, membri della Rete in Difesa dell’Umanità e coloro che
desiderano aderire a questo appello, chiediamo il rispetto del giusto
processo, la non estradizione e l’immediato rilascio di Julian Assange.
Esortiamo le organizzazioni nazionali e internazionali, gli
intellettuali, i giornalisti e i loro media a porre fine alla campagna
contro questo coraggioso essere umano per il crimine di aver rivelato
crimini di guerra contro l’umanità. Chiediamo che l’opinione pubblica
sia informata in modo veritiero su questa terribile violazione dei suoi
diritti fondamentali.
Come dice l’appello dei giornalisti e dei comunicatori: “Tempi pericolosi richiedono un giornalismo coraggioso”.
Segreteria Esecutiva della Rete in Difesa dell’Umanità:
Alicia Jrapko (USA), Anarella Vélez (Honduras), Ángel Guerra
(Cuba/Messico), Antonio Elías (Uruguay), Arantxa Tirado (Spagna), Ariana
López (Cuba), Arnold August (Canada), Atilio Boron (Argentina), Camille
Chalmers (Haiti), Carlos Alberto Beto Almeida (Brasile), Carmen
Bohórquez (Venezuela), Dario Salinas Figueredo (Cile/Messico), Fernando
León Jacomino (Cuba), Fernando Buen Abad (Messico/Argentina), Florencia
Lagos (Cile), Gabriela Cultelli (Uruguay), Gilberto Ríos (Honduras),
Hernando Calvo Ospina (Francia), Hildebrando Pérez Grande (Peru), Hugo
Moldiz (Bolivia), Irene León (Ecuador), Javier Couso (Spagna), Javiera
Olivares (Cile), Katu Arkonada (Paesi Baschi/Messico), Luis Hernández
Navarro (Messico), Marcos Teruggi (Argentina/Venezuela), María Nela
Prada (Bolivia), Marilia Guimaraes (Brasile), Nadia Bambirra (Brasile),
Nayar López (Messico), Omar González (Cuba), Orlando Pérez (Ecuador),
Pablo Sepúlveda Allende (Venezuela), Pasqualina Curcio (Venezuela),
Paula Klachko (Argentina), Pedro Calzadilla (Venezuela), Ricardo Flecha
(Paraguay), Sergio Arria (Venezuela/Argentina), Stella Calloni
(Argentina), Tim Anderson (Australia).
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