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Ma quanto spende l’Italia in istruzione?
Di più o di meno rispetto agli altri Paesi avanzati, europei e del
mondo? Andiamo a vedere nel dettaglio che cosa dicono i numeri.
La spesa italiana ed europea in istruzione
Secondo i dati Eurostat più recenti disponibili per un confronto europeo, nel 2017 l’Italia ha speso circa
66 miliardi di euro per l’istruzione pubblica, in tutti i settori
dall’istruzione pre-primaria a quella universitaria: più o meno quanto erano costati quell’anno gli interessi sul debito pubblico (il 3,8 per cento del Pil).
Nessuno Stato membro dell’Ue si trovava quell’anno in una condizione simile.
Per di più dal 2011 al 2016 l’Italia ha sempre speso di più in interessi sul debito rispetto all’istruzione, raggiungendo la parità solo nel 2017.
La spesa di circa 66 miliardi di euro
colloca il nostro Paese al quarto posto su 28 nell’Unione europea –
dietro a Germania (circa 134,6 miliardi di euro), Francia (124,1
miliardi) e Regno Unito (poco più di 107,6 miliardi) – ma dice poco su
quanto effettivamente l’Italia investa in istruzione, anche se qualcosa
di interessante emerge già a un primo colpo d’occhio.
Nel 2009, l’Italia aveva infatti speso in
istruzione pubblica poco più di 72 miliardi di euro, circa 6 miliardi
di euro in più rispetto a dodici anni dopo.
Nello stesso periodo di
tempo, la Germania ha aumentato di oltre 28 miliardi di euro la spesa in
questo settore, la Francia di circa 15 miliardi, mentre nel Regno Unito
la cifra è rimasta più o meno stabile (anche se nel 2015 la spesa
britannica in istruzione aveva quasi toccato i 130 miliardi di euro).
Il quadro si fa ancora meno roseo se si
guarda alla spesa italiana in istruzione in rapporto a quella pubblica
totale e al Pil: in entrambi i casi, a livello europeo, la posizione in
classifica del nostro Paese scende parecchio.
Nel 2017, l’Italia ha investito nell’istruzione pubblica il 7,9 per cento della sua spesa pubblica totale: Stato membro Ue ultimo in graduatoria.
Le percentuali di Germania, Regno Unito e
Francia erano state rispettivamente del 9,3 per cento, 11,3 per cento e
9,6 per cento.
Prima della crisi, nel 2009, il 9 per cento della spesa
pubblica italiana era andato in istruzione: l’1,1 per cento in più
rispetto al 2017.
In confronto al Pil, invece, ci sono
quattro Paesi che fanno peggio del nostro (Romania, Irlanda, Bulgaria e
Slovacchia): nel 2017, come abbiamo visto, l’Italia ha speso in
istruzione pubblica una cifra equivalente al 3,8 per cento della
ricchezza nazionale, appunto la quintultima percentuale in graduatoria.
Anche in questo caso si è assistito a una riduzione rispetto ai livelli
pre-crisi: nel 2009 questa statistica era stata del 4,6 per cento.
È vero che, sia per quanto riguarda il
rapporto con la spesa pubblica totale che con il Pil, anche la media Ue a
28 Stati è calata nel tempo, ma in maniera meno ripida rispetto
all’Italia.
Nel 2017, i Paesi Ue hanno investito in
istruzione, in media, una cifra pari al 4,6 del Pil, un -0,6 per cento
rispetto al 5,2 per cento del 2009. Due anni fa, il rapporto tra spesa
in istruzione e spesa pubblica totale è stata in media del 10,2 per cento, in calo dello 0,3 per cento rispetto al 10,5 per cento del 2009.
Ricapitolando: l’Italia spende in
istruzione meno degli altri grandi Paesi Ue, sia in rapporto al Pil che
alla spesa pubblica totale, e il calo dal 2009 in poi in questo settore
di spesa sta avvenendo più velocemente rispetto alla media europea.
Prima di addentrarci nei singoli settori
di spesa, vediamo quali sono i dati generali negli altri Paesi avanzati
nel resto del mondo.
La spesa in istruzione nel mondo
A settembre 2019, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha pubblicato l’annuale rapporto Education at a Glance 2019,
che tra le altre cose contiene le stime sulla spesa in istruzione dei
37 Stati membri, più quella di alcuni Paesi partner dell’organizzazione.
Anche nella classifica degli Stati con le
economie più avanzate al mondo, l’Italia è ultima per spesa in
istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale.
Il 6,9 per cento del nostro Paese (percentuale diversa da quella Eurostat per una diversa metodologia di calcolo) è il fanalino di coda (p.
311 del rapporto). Più di noi spendono, per esempio, gli Stati Uniti
(11,4 per cento), il Giappone (7,8 per cento), il Canada (11,4 per
cento), l’Australia (12,5 per cento) e il Brasile (14 per cento).
Quindi, anche ampliando lo sguardo oltre i confini europei, l’Italia non è messa bene.
Dalla materna all’università: la spesa in istruzione per settori
Torniamo adesso a concentrarci sul nostro
Paese e le singole voci di spesa. I dati Eurostat visti in precedenza
permettono infatti di conoscere la spesa pubblica italiana nei diversi
settori dell’istruzione, da quella dell’infanzia (la cosiddetta “scuola
materna”) alla terziaria (ossia quella universitaria).
Per quanto riguarda l’istruzione pre-primaria e primaria, nel 2017 l’Italia ha speso una
cifra pari all’1,5 per cento del Pil, una percentuale rimasta stabile
dal 2009 (quando si attestava intorno all’1,6 per cento) e uguale alla
media europea.
In termini assoluti, il nostro Paese due anni fa ha speso in
questo settore 25,1 miliardi di euro (oltre un terzo della spesa totale
in istruzione); nel 2009 erano stati quasi 30 miliardi di euro.
Discorso diverso vale per
l’istruzione secondaria (che comprende le scuole medie e quelle
superiori). Qui, nel 2017, il nostro Paese aveva speso l’1,7 per cento
del Pil (di uno 0,1 per cento inferiore alla media Ue), meno del 2,1 per
cento registrato nel 2009. Nello stesso periodo, la media Ue era scesa
di meno, dello 0,2 per cento.
In termini assoluti, il calo di spesa italiana per la secondaria è stato di oltre 2,3 miliardi di euro in 12 anni, dai 32,3 miliardi del 2009 ai 30 miliardi del 2017.
Una continua decrescita si sta registrando anche nell’istruzione terziaria, costata alle casse dello Stato poco più di 5,5 miliardi di euro nel 2017 (lo 0,3 per cento del Pil, ultimi in Europa, contro una media Ue dello 0,7 per cento). Questa cifra aveva raggiunto quasi 6,8 miliardi di euro nel 2009 e gli oltre 7,3 miliardi di euro nel 2007.
Nei singoli settori, l’Italia è sotto la media anche se paragonata agli Stati Ocse. Come spiega la nota dell’Education at a Glance 2019 riservata
al nostro Paese, in Italia «la spesa per studente spazia da circa 8.000
dollari statunitensi nell’istruzione primaria (94 per cento della media
Ocse) a 9.200 dollari statunitensi nell’istruzione secondaria (92 per
cento della media Ocse) e 11.600 dollari statunitensi nei corsi di
studio terziari (74 per cento della media Ocse)».
È vero dunque che la spesa dello Stato
aumenta al crescere dei livelli di istruzione, ma non abbastanza per
colmare il divario con la media degli altri Paesi avanzati nel mondo. In
generale, a livello europeo, il settore in cui l’Italia spende
particolarmente poco resta comunque quello universitario.
Quanto c’entra il calo demografico
La stessa nota dell’Ocse ha sottolineato
che il calo della spesa in istruzione avvenuto in Italia è stato
maggiore rispetto a quello demografico. In breve: i minori soldi
investiti non sono del tutto giustificati dal calo delle nascite, e dal
conseguente calo del numero degli iscritti a scuola.
«La spesa [italiana in istruzione per
studente] è diminuita del 9 per cento tra il 2010 e il 2016 sia per la
scuola che per l’università, più rapidamente rispetto al calo registrato
nel numero di studenti, che è diminuito dell’8 per cento nelle
istituzioni dell’istruzione terziaria e dell’1 per cento nelle
istituzioni dall’istruzione primaria fino all’istruzione post-secondaria
non terziaria», spiega l’Ocse.
Un calcolo simile è stato fatto a luglio
2019 anche dall’Osservatorio sui conti pubblici italiani (Ocpi)
dell’Università Cattolica di Milano.
Il declino della spesa in istruzione in
Italia «è avvenuto in modo più rapido rispetto ai cambiamenti
demografici: tra il 2007 e il 2017 la quota di popolazione 3-25 anni sul
totale della popolazione è calata del 2,3 per cento», sottolinea l’Ocpi.
«La spesa media per popolazione 3-25 anni in pubblica istruzione in
rapporto al reddito pro capite è calata del 14,1 per cento».
Conclusione
Nel 2017 (dati Eurostat più aggiornati),
l’Italia ha speso in istruzione – dalla scuola dell’infanzia
all’università – circa 66 miliardi di euro, una cifra in calo rispetto
ai 72 miliardi di euro registrati nel 2009.
In rapporto alla spesa pubblica totale, il
nostro Paese è ultimo in Europa (con una percentuale del 7,9 per cento)
ed è quintultimo, invece, se si rapporta la spesa in istruzione con il
Pil (3,8 per cento nel 2017, in diminuzione rispetto al 4,6 per cento
del 2009).
In termini quantitativi, meglio di noi
fanno anche gli altri grandi Paesi del mondo – oltre a quelli europei –
come Stati Uniti, Canada, Giappone e Brasile.
Nello specifico, il singolo settore di
spesa in istruzione più lontano dalla media Ue è quello relativo
all’università. Nell’istruzione terziaria, infatti, l’Italia investe –
dati relativi al 2017 – lo 0,3 per cento del Pil, contro lo 0,7 per
cento della media comunitaria.
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