Nel giorno del Blackfriday, la celebrazione del culto consumista, chiediamoci: qual è il segreto di merci a prezzi così competitivi? Di seguito un estratto del mio “Neoliberismo e manipolazione di massa“, dedicato alla nascita del consumismo di massa e al suo approdo all’attuale modello neoliberista.
5. Il consumo accessibile a tutti
“Il sistema ha bisogno degli uomini in quanto lavoratori (lavoro salariato), in quanto risparmiatori (imposte, prestiti, ecc.), ma soprattutto in quanto consumatori.”
J. Baudrillard
La libera circolazione di merci, capitali e forza lavoro permette di produrre là dove i costi di produzione sono più vantaggiosi, con un conseguente abbassamento dei prezzi alla vendita.
Lo scenario è così delineato: da una parte una massa crescente di lavoratori-consumatori con bassa capacità di spesa, dall’altra un’industria di produzione indirizzata a soddisfare la domanda e che può contare su costi del lavoro sempre più bassi.
La delocalizzazione della produzione, l’automatizzazione del lavoro e la massiccia immissione d’immigrati non qualificati – che vanno a rimpolpare l’esercito dei disoccupati o dei sottopagati, nella migliore delle ipotesi – fanno in modo che i salari si livellino continuamente verso il basso.
Come se non bastasse, una crescente deregolamentazione in tema di tutela della salute e qualità dei prodotti, in linea con i nuovi accordi di libero scambio e apertura al commercio mondiale, ha permesso l’ingresso sul mercato di merci la cui qualità è sempre più scadente.
Dunque l’individuo, nella sua natura duale di lavoratore-consumatore, da un lato convive con disoccupazione e precarietà, dall’altro questo stesso impoverimento lo arricchisce come consumatore.
A seguito della contrazione dei salari, sulla spinta di un’incessante concorrenza, i prezzi scendono e aumentano le occasioni vantaggiose per il consumatore. Cresce la fetta di chi partecipa al consumo, che in ogni caso non può e non deve fermarsi, in quanto elemento vitale per la sopravvivenza del sistema capitalistico-consumistico.
In sostanza, il mercato si autoregola e rivede il suo equilibrio spostandolo verso il basso: aumenta la massa di poveri, cresce l’offerta di beni economici e di scarsa qualità.
Un circolo vizioso e perverso, ma in grado di riprodursi e autoalimentarsi, offrendo una nuova maschera consumistica alla povertà e alla precarietà.
Un esempio è la diffusione dei generi alimentari di pessima qualità (cosiddetto junk food) e del cibo geneticamente modificato: gli effetti sulla salute di questo tipo di alimentazione sono devastanti, ma è stupefacente come abbia reso proprio le persone indigenti soggette a problemi di obesità.
In alcuni casi si crea persino un’illusione di aumentato benessere, come ad esempio le offerte di capi di vestiario a prezzi stracciati, i continui sconti applicati nel genere alimentare dai supermercati, senza considerare le opportunità del commercio virtuale.
Difficile ricollegare l’ebbrezza di acquisti accessibili a tutti ai tristi episodi che avvengono nelle fabbriche di alcune città asiatiche, dove le condizioni dei lavoratori sono sempre più disumane. L’abilità dei nuovi esperti di marketing e comunicazione è in grado di far credere persino che la moda “low cost”, che induce ad acquistare continuamente oggetti subito gettati via e sostituiti, sia un modello sostenibile e rispettoso dell’ambiente e delle risorse.
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