Una
intervista di Florence Poznanski (Segreteria Esecutiva Nazionale Parti
de Gauche/La France Insoumise – residente in Brasile) a Julia Moysés.
In
Italia come in Francia, 2020 sarà un anno di elezioni locali.
Nell’attuale periodo di grande diffidenza politica e assenza di
rinnovamento vale la pena guardare altrove esperienze positive che hanno
saputo conquistare l’interesse dei cittadini con una altra proposta
politica.
In
Brasile, nella città di Belo Horizonte con 2,5 milioni di abitanti,
capitale dello stato di Minas Gerais nel sud-est del Paese, un gruppo di
attivisti che non si era mai impegnato in nessuna elezione entra in
campagna per le municipali del 2016 e conquista due consigliere
comunali: Aurea Carolina e Cida Falabella.
Aurea Carolina è la donna con
la miglior performance elettorale della storia della città e viene
eletta successivamente deputata nazionale nel 2018.
Il
gruppo denominato “Tante, per la città che vogliamo” ridefinisce un
nuovo lessico politico. Parla di radicalizzare la democrazia, di
de-costruire i privilegi, di “occupare” la politica istituzionale.
Valorizza il collettivo e l’allegria.
Costruisce la sua campagna in
difesa del diritto alla città per realizzare cambiamenti nella vita
quotidiana dei cittadini.
Julia
Moysés, ha seguito il collettivo sin dall’inizio e oggi si occupa di
gestire la comunicazione del mandato.
In questa intervista in due parti,
ci racconta com’è nata l’iniziativa e come il mandato si confronti
quotidianamente con l’istituzionalizzazione di un sistema elitista per
mettere in pratica questo nuovo modo di fare politica.
1a parte : Nasce una nuova forza politica
Florence
Poznanski: Raccontaci come è nato il movimento «Tante, per la città che
vogliamo». Da dove viene ? Che cosa ha di speciale?
Julia Moysés:
La maggior parte delle “Tante” si sono conosciute nel 2009, quando il
sindaco di Belo Horizonte, Marcio Lacerda, viene eletto grazie ad una
nefasta alleanza tra destra e sinistra, e impone una politica di
privatizzazione della spazio pubblico molto repressiva. Per denunciare
queste politiche di città-impresa, molte iniziative popolari emergono
dal mondo della cultura e delle occupazioni urbane.
Nel
2013, il Brasile vive grandi mobilizzazioni nazionali che possono
essere simili, ma qui le cose sono iniziate prima intorno a una proposta
molto municipalista, centrata sul bisogno democratico di città per
tutti.
Le nostre azioni hanno cominciato con azioni festive di strada
che ci avvicinano a movimenti popolari come quelli dei senzatetto, dei
senza-casa o ancora i collettivi del carnevale. In questo, siamo molto
lontani dai circoli intellettuali della sinistra.
Nonostante tutto questo, il sindaco viene rieletto nel 2012.
Sì.
È stato una dura delusione per noi. Ma è anche da lì che iniziamo a
capire che è tempo di avere una presenza più significativa nella città.
In ogni elezione tutti si dividono tra i diversi partiti di sinistra
[principalmente PT e PSOL]. Altri non prendono nemmeno parte al processo
elettorale perché denunciano che è troppo centralizzato attorno ai
partiti. Era tempo di occupare la politica istituzionale in modo
diverso.
La maggior parte del gruppo non aveva mai fatto politica prima. Come avete fatto per lanciarvi in questa nuova fase?
Non
sapevamo nemmeno cosa fosse costruire un programma e gli esempi di
politica istituzionale che ci arrivavano erano l’opposto di ciò che
difendevamo. Abbiamo iniziato ridefinendo tutto con il nostro
vocabolario, la nostra idea di politica. Abbiamo organizzato le
“esplosioni programmatiche” che erano dibattiti tematici in diverse aree
della città. Tutte queste proposte sono state centralizzate su una
piattaforma online dove si poteva votare e commentare.
Lanciamo un manifesto alla fine del 2015, “le 10 proposte per la città che vogliamo“.
Si concentra sui bisogni urgenti della popolazione: mobilità per tutti,
conservazione dei parchi, diritto all’abitazione, difesa dei
senzatetto. Abbiamo quattro principi fondamentali: femminismo,
antirazzismo, affetto e radicalizzazione della democrazia. Con questo
abbiamo adottato una strategia di “massima confluenza”, vale a dire un
tentativo di agglomerare le forze progressiste attorno a temi concreti
del nostro programma.
Dopo
di che iniziamo a chiedere alle persone nelle riunioni pubbliche i nomi
di chi vorrebbe come candidato. La gente proponeva i nomi e noi
andavamo a cercarli per chiedere loro se accettavano. Non era una
moltitudine di persone, e la maggior parte di loro erano persone che
conoscevamo e che seguivano il movimento sin dall’inizio. Concludiamo
con una lista di 12 persone. La forza di questo gruppo era nella
rappresentatività, era anche un argomento molto forte a quel tempo.
Avevamo una rappresentante delle popolazioni indigene, un membro della
comunità LGBT, un membro del movimento hip-hop, ecc.
In
Brasile è necessario avere la sponda di un partito legalizzato per
partecipare ad una elezione. Come avete scelto il PSOL (Partido
Socialismo e Libertade)i?
È
stato il momento più difficile, perché il nostro desiderio era di
trascendere i partiti. Eravamo a pochi mesi delle elezioni, eravamo già
una sessantina e non avevamo un partito. Per decidere, invitiamo i
partiti a presentarsi in riunione pubbliche, ma non riusciamo a metterci
d’accordo. Dopo molte difficoltà decidiamo di aderire al PSOL che è il
partito con cui la maggior parte dei membri si identificava.
Ma
l’entrata è stata difficile perché molti militanti del partito ci hanno
respinto. C’era un vero problema di grammatica tra di noi [ride]. Non
condividevamo affatto la stessa cultura politica. Li prendevamo per dei
politici di indole autoritaria e loro ci consideravano come degli
opportunisti che non rispettavano le regole del partito.
Alla
fine, riuscite a lanciare la vostra mini-lista insieme agli altri
candidati del partito. Solo per situare i nostri lettori, è importante
ricordare che in Brasile i consiglieri comunali rappresentano un potere
legislativo a parte e non sono eletti insieme al sindaco. Le elezioni
del sindaco e dei consiglieri comunali sono distinte. I candidati al
consiglio comunale presentano candidature individuali dentro un partito e
devono competere tra di loro. Quali sono state le caratteristiche
principali della vostra campagna?
La
nostra campagna è stata collettiva, il nostro slogan era “se voti per
una, voti per tutte”. Abbiamo deciso di scrivere sempre tutto al
femminile, anche se avevamo candidati uomini. Il video più emblematico della campagna
è stato quello in cui ogni candidata chiedeva di votare per un’altra.
Era davvero innovativo perché rompeva completamente con l’individualismo
delle campagne tradizionali. La nostra proposta era di occupare la
politica con coraggio e con coscienza civica in modo che un’altra
politica fosse possibile.
C’era
una dinamica molto bella ma nessuno aveva idea di cosa potesse
succedere. Ricordo che il giorno delle elezioni ho detto a mio marito
che sarei andata al conteggio per sostenere i miei amici perché
pensavano che avrebbero vinto. E poi è avvenuto il risultato più
inaspettato: abbiamo eletto due consigliere comunali. Questa era la
prima volta che il PSOL entrava al consiglio comunale. E Aurea Carolina è
la donna melio eletta nella storia di Belo Horizonte.
2a parte : la sfida dell’instituzionalità
Una
volta elette fondate la “gabinettona”. Un termine che femminizza la
parola “gabinetto” e gli da una dimensione maggiore, con il suffisso
accrescitivo “ona”. Cosi descrivete questo mandato ampio ed aperto che
qualificate di “mandato colletitvo”. Spiegaci come funziona.
Non
abbiamo mai deciso che il mandato dovesse essere collettivo. Ma in
effetti è stato implicito e la decisione è sembrata naturale. Perché
come avevamo fatto una campagna insieme, dovevamo esercitare il mandato
insieme. Quindi tutte le candidate sono entrate automaticamente nel
gabinetto. Un mandato collettivo è un gruppo congiunto intorno alle due
consigliere comunali che definisce collettivamente le strategie
politiche. Non sono solo due gabinetti che lavorano insieme perché
abbiamo letteralmente demolito il muro che separava i due uffici. È un
collettivo che prende decisioni e guida le azioni di Aurea Carolina e
Cida Falabella.
Come vedete il ruolo della gabinettona in relazione al resto del consiglio comunale?
Abbiamo
tutti un passato di attivisti, così, naturalmente abbiamo continuato
attraverso il mandato di intervenire per strada, in città, fuori dalle
mura del consiglio comunale. Abbiamo 3 linee d’azione prioritarie: i
diritti umani, la cultura e il diritto alla città. E per ognuno abbiamo
sviluppato progetti per la città. Sono collegati alla nostra azione
istituzionale ma vanno oltre i limiti del lavoro istituzionale in senso
stretto. È certamente il contrario di molti altri consiglieri comunali. È
un mandato molto poroso, i movimenti sociali hanno un ingresso diretto.
E purtroppo siamo spesso arrestati durante le manifestazioni. Riteniamo
che ogni membro della gabinettona sia un agente di cittadinanza. Ognuno
di noi ha il compito di seguire lotte specifiche nei diversi territori,
il che ci consente di essere molto reattivi e di avanzare proposte
concrete.
Dammi degli esempi di progetti che realizzate.
Ce
ne sono davvero molti e a volte è persino difficile avere una visione
coordinata di tutto ciò che sta accadendo e alla fine, tanto meglio! Ma
posso darti due esempi.
Durante le elezioni, le candidate si sono
impegnate a decostruire i privilegi e hanno promesso di riscuotere solo
una parte del loro stipendio.
Il resto verrebbe ridistribuito come fondo
per incoraggiare iniziative sociali e culturali in tutta la città.
Abbiamo lanciato il primo concorso
nel 2018 che ha assegnato un premio a una ventina di progetti. Siamo
alla seconda edizione.
Oltre a sostenere iniziative positive per la
citta, il premio favorisce le connessioni tra queste iniziative.
Abbiamo anche lanciato una rete di avvocati popolari che ricevevano
denunce di violazioni dei diritti umani. Le vittime possono riportarci
gli attacchi e sono curate da professionisti impegnati nella giustizia a
basso costo.
Quali sono i risultati? Si parla molto di “de-politicizzazione” della società. Pensi avere delle soluzioni per combatterla?
I
nostri progetti mirano ad agire a livello della micro-politica
quotidiana.
Per noi, questo è un vettore fondamentale perché fiorisca la
resistenza democratica.
È in questo spirito che Cida Falabella lavora
nel suo quartiere.
Invece di fare come gli altri consiglieri comunali
che usano i fondi per finanziare l’acquisto di materiali o attrezzature,
ha messo a disposizione il suo tempo e la sua capacità di mobilitazione
per riunire le donne.
Prende la forma di uno spuntino settimanale in
cui invita le donne a discutere dei loro problemi per trovare soluzioni.
Quindi, a seconda delle richieste, organizza attività o coinvolge
professionisti specifici per parlare di violenza domestica, ricerca di
lavoro o gestione dell’economia domestica, ad esempio.
Col passare del
tempo, questo collettivo si sta organizzando e diventa sempre più
autonomo. Queste sono piccole azioni, ma sono potenti.
Ma alla fine il vostro ruolo è de votare le legge del municipio no?
Sì,
certo. Ma anche qui abbiamo cercato di costruire meccanismi di
partecipazione popolare. Non puoi più fare politica dando manuali alle
persone su come fare questo o quest’altro e conformarsi semplicemente
alle norme prestabilite.
La formazione politica deve avvenire attraverso
la pratica politica.
Per noi, l’elaborazione della legge coinvolge
altri attori, altre pratiche e l’obiettivo è chiarire che sono gli
abitanti che devono costruire quotidianamente questo mandato.
Ogni
volta, sia che si tratti di leggi o emendamenti, convochiamo gli attori
dei diversi settori in modo che questi testi siano costruiti
collettivamente.
A volte sono anche loro che ci chiedono di presentare
una nuova legge.
Ciò richiede diversi incontri in cui il testo viene
modificato varie volte.
In diverse occasioni ciò ci ha permesso di
migliorare in modo significativo la qualità dei testi che presentiamo e
talvolta ci ha persino portato a cambiare idea.
Dopo
il 2016, avete ripetuto lo stesso metodo per le elezioni regionali e
federali del 2018, che vi hanno fatto crescere. Oggi in Minas Gerais
avete una parlamentare regionale e Aurea Carolina è diventata
parlamentare federale. 4 donne elette. La casa sta crescendo. Funziona?
Sì,
oggi la “gabinettona” ha tre sfere di azione: a livello comunale,
regionale e federale. Oltre ai vari organi legislativi in cui siedono le
nostre parlamentari elette, ora abbiamo anche una casa di lavoro comune
a Belo Horizonte.
Questo ci consente di ampliare la nostra azione e
coordinarci nelle diverse sfere per agire congiuntamente.
E non avete paura di istituzionalizzarvi troppo?
È
un vero problema.
Quando siamo arrivate al consiglio comunale abbiamo
avuto una vera difficoltà a conformarci all’istituzione perché nessuno
di noi conosceva questo universo.
Oggi conosciamo bene gli strumenti. E
allo stesso tempo vediamo concretamente come opera
l’istituzionalizzazione per distruggere collettivi come il nostro.
Distruggere in tutti sensi della parola. Anche nella nostra
soggettività, nelle nostre relazioni emotive.
A volte ci troviamo
spaventati da alcuni problemi spinosi. A volte, quando questo tipo di
informazioni ci arrivano, ci chiediamo se dovremmo aprire questo
argomento alla popolazione.
Questo è irrazionale perché in realtà la
trasparenza ci protegge sempre: in caso di dubbio devi sempre aprire.
La mia percezione è che siamo sotto questa costante minaccia e che
stiamo istituzionalizzandoci molto più di quanto dovremmo. Ma direi che
abbiamo due antidoti che ci proteggono: la trasparenza e la festa.
La festa?
Nei
momenti più difficili, abbiamo sempre organizzato molte feste,
incontri, passeggiate, eventi pubblici.
Perché è in questi momenti che
ci ricomponiamo emotivamente e simbolicamente. Ognuno di noi si
riconnette con il mondo da dove viene che si ricorda perché è arrivato fino
li.
*****
Per
un approfondimento sul PSOL e le dinamiche politiche nella sinistra
brasiliana rimandiamo al contributo di Achille Lollo, “ Il PSOL di
Marielle, storia di un partito di sinistra”, http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/03/30/brasile-il-psol-di-marielle-storia-di-un-partito-di-sinistra-0102389
i (NdR)
Per un approfondimento sul PSOL e le dinamiche politiche nella sinistra
brasiliana rimandiamo al contributo di Achille Lollo, “Il PSOL di Marielle, storia di un partito di sinistra”, http://contropiano.org/news/internazionale-news/2018/03/30/brasile-il-psol-di-marielle-storia-di-un-partito-di-sinistra-0102389
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