Si diffondono in tutta Italia i gruppi di auto-aiuto per mangiatori compulsivi. Donne e uomini che non riescono a fare a meno di abboffarsi fino a quando non si sentono soffocare. Si ispirano agli alcolisti e dicono: 'Per smettere dobbiamo scoprire noi stessi'.
espresso.repubblica.it/di Tiziana Migliati
«Quando mangiavo, prima, neanche respiravo. Ingurgitavo il cibo
senza prendere fiato, finché non mi sentivo completamente pieno o
totalmente senz'aria. Volevo riempirmi e stordirmi. Adesso che sto
per compiere 40 anni voglio provare a riprendermi la mia vita. Mi
chiamo Paolo e sono un mangiatore compulsivo».
Siamo alla riunione di Overeaters Anonymous, un'associazione mondiale di gruppi di mutuo aiuto per il disturbo dell'alimentazione incontrollata. Sedute intorno al tavolo Francesca, Claudia, Elisa ascoltano attentamente, quasi tutti intorno ai 40 anni, una famiglia, a volte dei figli, un lavoro. Ci sono anche Andrea, Gaia e altri ancora. Seguono un programma di recupero che si ispira ad Alcolisti Anonimi: un percorso che ha l'obiettivo di scardinare la dipendenza dai cib. Di loro sai solo che si incontrano tutti i giovedì al gruppo. Non possono rivelarci i loro dati anagrafici o farsi fotografare, perché infrangerebbero una delle regole portanti dell'associazione: l'anonimato. Ma ci rendono partecipi della riunione.
Siamo a Saronno, una cittadina a nord di Milano, nodo di scambio ferroviario per i pendolari della regione. In Lombardia si conta oggi il maggior numero di gruppi, circa dodici, seguono l'Emilia Romagna e il Lazio, con dieci tutti a Roma. Nelle altre regioni si stanno diffondendo, oggi che c'è un'attenzione sempre maggiore ai "nuovi" disturbi alimentari.
«Io mi alzavo tutte le mattine dicendomi che mi sarei messa a dieta e poi non riuscivo a farcela. Ero ossessionata dal cibo, i dolci in particolare, e quando ne assaggiavo uno scattava un meccanismo che mi impediva di smettere di mangiare. La sera poi ero piena di sensi di colpa, stavo male, e mi vedevo sempre più grassa... e così erano tutte le mie giornate. Sono Francesca, mangiatrice compulsiva, e ho il compito di condurre questa riunione».
Francesca è la veterana del gruppo e spiega: «Vorrei precisare che non siamo un club dietologico: non diciamo a nessuno cosa deve mangiare, non ci pesiamo davanti a tutti. Non abbiamo psicologi o medici alle riunioni ma ci aiutiamo tra di noi, lavorando sui passi del nostro programma. Non siamo affiliati ad organizzazioni politiche o religiose e non c'è nessuna quota di iscrizione. Andiamo avanti con le nostre contribuzioni volontarie. L'unico requisito per entrare nel gruppo è il desiderio di smettere di mangiare compulsivamente».
Chiediamo a Claudia N., un'altra veterana, di spiegarci il percorso di recupero: «Il nostro è un programma fatto di dodici Passi e Tradizioni per guarire una malattia al livello fisico: la dipendenza da cibo; al livello emotivo: la gestione delle proprie emozioni; e al livello spirituale, affidandoci a una forza superiore. Che non è religiosa, attenzione, ognuno la può intendere come crede. E può trovarla all'interno del gruppo: ciascuno di noi sceglie uno 'sponsor' una persona che sia più avanti nel percorso di recupero a cui chiedere aiuto nei momenti difficili».
Riconoscere di avere una dipendenza è la prima fase del programma, quella che provoca le maggiori resistenze. Lo conferma Elisa, stringendosi le lunghe mani, magre e veloci: «Sono una mangiatrice compulsiva e lo sono da vent'anni, ma frequento il gruppo da sei. Per me è molto difficile accettare di avere questa malattia. Nel programma si parla di una fase spirituale in cui bisogna affidarsi a un potere superiore. Io ho sempre pensato di essere il Dio di me stessa, di essere il mio potere superiore e di decidere tutto con la mia forza di volontà e con il mio autocontrollo. Di fronte al cibo invece mi sento impotente, mi trovo completamente senza difese, il cibo mi chiama, mi comanda. Questo non mi ha impedito di avere una vita apparentemente normale, nel senso che comunque ho una famiglia, dei figli, una bella casa e molte altre fortune... che sono state però seppellite da montagne e montagne di cibo durante tutti questi anni».
«Da quando frequento le riunioni», racconta Gaia, lunghi capelli biondi e poco più di vent'anni, «ho smesso di '
farmi di
cibo'. Per me era come una droga, anestetizzava le
emozioni e mi impediva di entrare in contatto con i miei
sentimenti. E poi c'erano le amiche, la scuola, il fardello dei
miei chili di troppo e l'incapacità di mettermi a dieta, la
frustrazione mascherata con un sorriso perenne, nessuno doveva
scoprire come stavo, in realtà, male. Poi ho capito, grazie al
gruppo OA, che se mangi troppo non è per golosità o perché sei
stupida quando non riesci a controllare ciò che ingurgiti. Hai una
dipendenza. Sei impotente di fronte al cibo. Devi affidarti a un
potere superiore che ti dia la forza di uscirne, e io sto imparando
a farlo. Sto lavorando sulle motivazioni che mi spingevano a
mangiare. Il cibo è solo la punta dell'iceberg. La scoperta di se
stessi è il viaggio che si compie ogni giorno, condividendo il
tragitto con gli altri».
Siamo alla riunione di Overeaters Anonymous, un'associazione mondiale di gruppi di mutuo aiuto per il disturbo dell'alimentazione incontrollata. Sedute intorno al tavolo Francesca, Claudia, Elisa ascoltano attentamente, quasi tutti intorno ai 40 anni, una famiglia, a volte dei figli, un lavoro. Ci sono anche Andrea, Gaia e altri ancora. Seguono un programma di recupero che si ispira ad Alcolisti Anonimi: un percorso che ha l'obiettivo di scardinare la dipendenza dai cib. Di loro sai solo che si incontrano tutti i giovedì al gruppo. Non possono rivelarci i loro dati anagrafici o farsi fotografare, perché infrangerebbero una delle regole portanti dell'associazione: l'anonimato. Ma ci rendono partecipi della riunione.
Siamo a Saronno, una cittadina a nord di Milano, nodo di scambio ferroviario per i pendolari della regione. In Lombardia si conta oggi il maggior numero di gruppi, circa dodici, seguono l'Emilia Romagna e il Lazio, con dieci tutti a Roma. Nelle altre regioni si stanno diffondendo, oggi che c'è un'attenzione sempre maggiore ai "nuovi" disturbi alimentari.
«Io mi alzavo tutte le mattine dicendomi che mi sarei messa a dieta e poi non riuscivo a farcela. Ero ossessionata dal cibo, i dolci in particolare, e quando ne assaggiavo uno scattava un meccanismo che mi impediva di smettere di mangiare. La sera poi ero piena di sensi di colpa, stavo male, e mi vedevo sempre più grassa... e così erano tutte le mie giornate. Sono Francesca, mangiatrice compulsiva, e ho il compito di condurre questa riunione».
Francesca è la veterana del gruppo e spiega: «Vorrei precisare che non siamo un club dietologico: non diciamo a nessuno cosa deve mangiare, non ci pesiamo davanti a tutti. Non abbiamo psicologi o medici alle riunioni ma ci aiutiamo tra di noi, lavorando sui passi del nostro programma. Non siamo affiliati ad organizzazioni politiche o religiose e non c'è nessuna quota di iscrizione. Andiamo avanti con le nostre contribuzioni volontarie. L'unico requisito per entrare nel gruppo è il desiderio di smettere di mangiare compulsivamente».
Chiediamo a Claudia N., un'altra veterana, di spiegarci il percorso di recupero: «Il nostro è un programma fatto di dodici Passi e Tradizioni per guarire una malattia al livello fisico: la dipendenza da cibo; al livello emotivo: la gestione delle proprie emozioni; e al livello spirituale, affidandoci a una forza superiore. Che non è religiosa, attenzione, ognuno la può intendere come crede. E può trovarla all'interno del gruppo: ciascuno di noi sceglie uno 'sponsor' una persona che sia più avanti nel percorso di recupero a cui chiedere aiuto nei momenti difficili».
Riconoscere di avere una dipendenza è la prima fase del programma, quella che provoca le maggiori resistenze. Lo conferma Elisa, stringendosi le lunghe mani, magre e veloci: «Sono una mangiatrice compulsiva e lo sono da vent'anni, ma frequento il gruppo da sei. Per me è molto difficile accettare di avere questa malattia. Nel programma si parla di una fase spirituale in cui bisogna affidarsi a un potere superiore. Io ho sempre pensato di essere il Dio di me stessa, di essere il mio potere superiore e di decidere tutto con la mia forza di volontà e con il mio autocontrollo. Di fronte al cibo invece mi sento impotente, mi trovo completamente senza difese, il cibo mi chiama, mi comanda. Questo non mi ha impedito di avere una vita apparentemente normale, nel senso che comunque ho una famiglia, dei figli, una bella casa e molte altre fortune... che sono state però seppellite da montagne e montagne di cibo durante tutti questi anni».
«Da quando frequento le riunioni», racconta Gaia, lunghi capelli biondi e poco più di vent'anni, «ho smesso di '
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