venerdì 22 giugno 2012

L'Italia, uccisa dalle clientele

Giuseppe De Ritadi Wlodek Goldkorn

«Siamo un Paese in cui quasi tutti, a ogni livello, per farcela puntano sulle relazioni, sugli amici, sulle conoscenze, sui clan. Poi ci lamentiamo che non c'è meritocrazia....». La provocazione sociologica di Giuseppe De Rita, presidente del Censis
Giuseppe De RitaUna borghesia inesistente e un ceto medio di dimensioni mostruose: autoreferenziale e familista. Un potere articolato in una serie di cerchi orizzontali, dove la cooptazione avviene non per capacità e sapere acquisito, ma per abilità a tessere relazioni personali e per appartenenza. E ancora: università ipertrofiche, dove i criteri di valutazione sono arbitrari e le esigenze della vita reale e del mercato tenute fuori. Ecco in estrema sintesi, le ragioni per cui in Italia la parola meritocrazia non ha cittadinanza, se non nei sogni e nelle utopie. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, fresco autore (con Antonio Galdo) di "L'eclissi della borghesia", signore ottantenne di modi gentili e affabili, quando racconta questa Italia e quando spiega perché anche nel campo del sapere e della mobilità sociale siamo messi molto peggio della gran parte del mondo civile (e a poco servono le trovate del ministro Profumo su concorsi per i primi della classe), sembra un medico impietoso. Non si ferma ai sintomi, individua invece le vere ragioni della malattia ormai cronicizzata, per poi proporre una lunga faticosa via di guarigione. Con qualche speranza per il paziente.Partiamo da un'ipotesi. Viviamo in un'epoca in cui le reti di potere, di comunicazione, di scambi, non sono verticali ma orizzontali. Una volta si diceva: "Sono stati assunti due democristiani, un comunista, un socialista e uno bravo". Oggi, in assenza di veri partiti, di organizzazioni forti, nella frammentazione della vita sociale anche la cooptazione avviene a prescindere dai meriti e in base a considerazioni di tipo lobbistico, familistico, di clan.
"E' un'ipotesi giusta, ma non vale solo per l'Italia. Tutto il potere mondiale è ridotto a circuiti orizzontali, ad anelli simili a quelli intorno a Saturno e che non comunicano tra di loro. Il primo anello è la finanza internazionale; subito dopo c'è l'anello europeo: la burocrazia di Bruxelles. Anche in Italia abbiamo a che fare con circuiti orizzontali, a partire dal governo: le ragioni per cui sono stati scelti i ministri, in fin dei conti, sono la conoscenza reciproca e uno stile di vita comune. Pure i rapporti tra governo e partiti sono orizzontali. Non si capisce se l'esecutivo debba tener conto di quello che dice il Pd o il Pdl, oppure dei commenti degli importanti editorialisti dei grandi giornali".

Una definizione della parola orizzontale?
"E' sinonimo del "relazionale". Ma attenzione: è l'orizzontalità a creare la relazione perché fuori dal circuito di cui fai parte non c'è salvezza. Infatti, a cosa pensano i politici? Al sistema di alleanze, questione di relazioni. La tragedia di questo momento è che l'unica verticalità la danno i mercati".

Cosa hanno a che fare i mercati con la mancanza di meritocrazia in Italia?
"Parto da lontano. Una volta, un leader del Pci che andava a Mosca si recava in visita dal suo imperatore. Lo stesso valeva per un capo della Dc che faceva un viaggio a Washington. Ambedue adattavano poi gli ordini ricevuti alla realtà italiana. Facevano, in altre parole, una serie di mediazioni: da quella nella direzione del partito e giù giù fino alla sezione o alla parrocchia. La verticalità dei mercati è invece diversa, in basso arrivano solo ordini perentori, senza mediazione e senza dialettica. Ma come si può, senza una dialettica politica e sociale - verticale per la sua natura - parlare di merito e di mobilità verso l'alto?".

Perché in Italia la situazione è peggiore? Perché da noi la pratica della corruzione, l'andare avanti per raccomandazioni è più radicata che in altri Paesi occidentali?
"Perché non abbiamo avuto una borghesia come classe generale. Abbiamo avuto invece la "cetomedizzazione"".

Scusi?
"Abbiamo fatto crescere a dismisura il ceto medio. Tra il 1971 e il 1981 i capannoni sono passati da 500 mila a 950 mila. Aggiunga il pubblico impiego, ed ecco la grande bolla del ceto medio, l'85 per cento della popolazione. Aveva capito tutto Pasolini quando diceva: questo è l'imborghesimento, non la creazione di una classe borghese. L'élite da noi non è diventata borghesia. Invece in Germania quella classe si è formata attorno all'ethos militare, in Inghilterra attorno a quello finanziario e in Francia a quello amministrativo. In tutti e tre i casi esiste il senso dello Stato. Da noi no".

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