Ai tempi della crisi cambiano anche le dipendenze: secondo l'osservatorio regionale lombardo da ora al 2015 i pericoli maggiori arrivano dall'abuso di sostanze lecite. Cioè alcol, farmaci e gioco d'azzardo. Ma non solo: a causa delle difficoltà economiche c'è chi diventa "pusher a progetto"
di Adele Lapertosa | 27 giugno 2012
Basta con cocaina, doping e droghe del sabato sera. Adesso lo sballo lo si vuole “rilassante” e lo si cerca nel modo più facile, economico e meno rischioso possibile. Ecco perché da qui al 2015 uno dei pericoli più immediati in Italia è rappresentato dall’abuso di sostanze lecite, come alcol, farmaci e gioco d’azzardo. E’ questo uno dei punti su cui mette in guardia il Bollettino previsionale 2015 dell’Osservatorio regionale lombardo sulle dipendenze, secondo cui le tendenze che si stanno delineando, complice la crisi economica, sono quelle di un calo leggero dei consumatori occasionali, di un aumento di quelli dipendenti in modo continuativo da droghe e altre sostanze, della crescita del consumo di eroina tra gli studenti e di una consistente espansione di nuove droghe e molecole per sfuggire ai controlli.
“Quello che ha dimostrato questa crisi economica – spiega Roberto Gatti, responsabile scientifico del rapporto – è che il mercato della droga è come gli altri mercati. Non si basa sul rapporto ragazzo-spacciatore, ma é più complesso e la crisi incide sull’auto come sulla droga, che ormai è diventata un bene di consumo. A fronte di risorse più risicate da spendere, le droghe tradizionali subiscono la concorrenza di quelle nuove, rappresentate non solo da nuove molecole (solo 65 quelle scoperte in Europa negli ultimi 2 anni), ketamine e designer drugs, ma farmaci, alcol, gioco d’azzardo, internet e social network, che danno effetti simili agli stupefacenti ma in modo più accessibile”. E’ questo il punto chiave da capire, secondo Gatti, perchè l’attuale generazione di giovani è quella dei nativi digitali, che pensano che tutto sia come internet, “facile, gratuito e scaricabile”, e che non hanno vissuto il periodo del “proibizionismo” e non sono in grado di cogliere le implicazioni etiche del vocabolo “droga”.
Chi sale e chi scende. Le previsioni per il prossimo triennio, contenute nel rapporto, individuano dopo il boom degli anni Novanta, un calo del 9 per cento dei consumatori di cocaina tra i 15 e 64 anni e del 16 per cento tra gli studenti. Più in generale ci sarà un calo del consumo “dopante” anche di amfetamine e simili, in quanto si tratta di un modello ormai datato. Aumenterà invece l’uso di eroina, soprattutto nella fascia studentesca (+18 per cento), venduta a prezzo basso, fumata, non più iniettata e che produce molta dipendenza. Rimarranno sostanzialmente stabili i consumatori di cannabinoidi, con un trend di crescita del 5 per cento da qui al 2015 (in passato era molto di più), mentre caleranno tra gli studenti (-6 per cento), e aumenteranno i consumi di droghe sintetiche, che danno sballo a basso a costo e per cui mancano i narcotest sulle molecole nuove. Al posto però dei sintetici da discoteca, dove ora la musica é più lenta e si chiude prima, si preferiranno altre droghe sintetiche, acquistate su internet, o come la ketamina, che è anche un farmaco veterinario, usato dai giovani e meno rilevabile ai controlli.
Pusher a progetto. La crisi può offrire nuove opportunità di lavoro. Spinti dall’indigenza e minori guadagni, possono essere molti coloro che sceglieranno di improvvisarsi spacciatori temporanei, “magari con coltivazioni individuali di cannabis – continua Gatti – anche in campi agricoli, o facendosi inviare dall’estero molecole non tabellate ma con effetti simili. Inoltre possono esserci maggiori possibilità di affiliazione nelle organizzazioni criminali, e quindi non si disdegna l’occasione di guadagni facili in tempi brevi”.
Droghe lecite (?). “Nelle campagne anti-droga si stigmatizzano gli stupefacenti classici – rileva Gatti – trascurando però altre fonti di dipendenza lecite, come alcol, facilmente reperibile e poco costoso, gioco d’azzardo e farmaci”. Un esempio sono gli Stati Uniti, dove l’abuso di farmaci inizialmente usati per le cure palliative è diventata la nuova emergenza del Paese e su cui bisogna tenere gli occhi aperti anche in Italia. “Non significa che non si debba dare i farmaci oppiacei ai malati terminali – conclude Gatti – ma stare attenti al fatto che molti possono iniziare ad abusare di farmaci, partendo dagli antidolorifici presenti in casa. Senza contare che i mercati legali, collegati a queste sostanze e comportamenti, non hanno grandi interessi a contrastare tali fenomeni”.
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