I
leader di Sel e Idv inaugurano il "cantiere del centrosinistra" e
lanciano un aut aut: se i democratici decidono di allearsi con Casini
verrà meno il patto di Vasto. I due partiti fanno fronte comune ("Niente
coalizione se non ci siamo entrambi"), con il governatore pugliese che
protegge l'ex magistrato gettando sul tavolo il suo clamoroso successo
nelle ultime amminsitrative
“
Vendola va anche bene, ma è
Di Pietro
il problema. Continua a opporsi a tutto e tutti, attacca Napolitano, ci
crea problemi politici. Come facciamo ad allearci con uno che contrasta
tutte le misure del governo che noi sosteniamo”. Se la coalizione di
centrosinistra ancora non c’è, la colpa è di Antonio Di Pietro. E’
questa in sintesi, l’analisi di buona parte dei piani alti dei
democratici, pronunciata tassativamente a microfoni spenti, dell’aut aut al segretario
Pd Pier Luigi Bersani, pronunciato dal leader di Sel Nichi Vendola, seduto al fianco del deus ex machina
dell’Italia dei Valori:
“Senza Di Pietro io non ci sto. Chiediamo una risposta chiara al Pd:
non si può immaginare di essere alleati effimeri, virtuali, o
residuali”. Il segnale è forte e chiaro, e fa seguito all’esito positivo
del
vertice europeo che ha allontanato da
Mario Monti lo spettro della crisi e scongiurato, almeno per ora, un ritorno
anticipato alle urne. E arriva, soprattutto, dopo la mossa giocata in anticipo dall’Udc di
Pier Ferdinando Casini che si è detto disponibile a riaprire il discorso avviato con il Pd, cui Bersani ha risposto favorevolmente.
Al
riaprirsi dei giochi sugli schieramenti, dunque, Vendola ha messo in
campo la sua artiglieria a copertura dell’alleato Di Pietro e di se
stesso, visto che rischierebbe di restare schiacciato tra Pd e Udc in
una possibile alleanza che escluda l’Idv. E l’artiglieria arriva dal
bottino delle ultime tornate di amministrative, con quella batteria di
sindaci usciti vincenti dalle primarie di coalizione prima ancora che
dalle urne, tutti in quota Sel o Idv. Alla conferenza stampa di ieri,
infatti, avrebbero dovuto essere presenti
Luigi De Magistris, Leoluca Orlando (che domani saranno a Bari con l’Idv per un incontro con i sindaci del Sud cui parteciperà anche
Michele Emiliano),
Giuliano Pisapia e Marco Doria,
ma la chiusura dei bilanci di Milano e Genova ha bloccato i rispettivi
primi cittadini che hanno affidato la loro posizione ha un messaggio
comune: “Il nostro Paese attraversa una fase difficile. La crisi
economica acuisce il malessere sociale. L’incapacità di proporre
politiche capaci di favorire la crescita, coniugando l’indispensabile
rigore nell’impiego delle risorse pubbliche con la dovuta equità, impone
alle forze del centrosinistra scelte chiare e nette. Si tratta in primo
luogo di definire l’alleanza con cui ci si propone di costruire un
credibile programma di governo. Per noi tale alleanza non può che essere
quella che ha permesso al centrosinistra di vincere le elezioni e di
governare grandi città come Milano e Genova. Un’alleanza che lavori sui
contenuti: l’attenzione ai problemi del lavoro, della giustizia sociale e
fiscale, della valorizzazione delle autonomie locali, del rilancio
delle attività economiche e del rispetto dell’ambiente”.
E
infatti la strategia di Vendola e Di Pietro, per far uscire Bersani
allo scoperto, passa attraverso il tema delle alleanze come attraverso
quello del programma: ovvero senza una coalizione inclusiva Sel non
parteciperà alle primarie, e la coalizione deve formarsi a partire da un
confronto sul programma. Che per Idv e Sel deve vertere intorno a
cinque punti: legalità, lavoro, solidarietà, sviluppo e diritti civili.
E’ chiaro che proprio quest’ultimo punto, se declinato da un paladino
dei diritti degli omosessuali come della libertà di scelta sugli altri
temi sensibili, quale è Vendola, suona come una provocazione e una
minaccia all’abboccamento con l’Udc. E se Bersani per ora tace, la
minoranza veltroniana parla molto più chiaro. “La distanza programmatica
è incolmabile”, commenta
Stefano Ceccanti. E sebbene
Veltroni di recente abbia sollecitato una riflessione sui contenuti,
rinviando a tempi migliori quella sulle alleanze, il suo obiettivo resta
quello di dare continuità all’esperienza di Governo di Mario Monti,
obiettivo più che compatibile con l’Udc, molto meno con l’Idv fermamente
all’opposizione. E se Sel non rinuncia all’Idv, è il ragionamento, non
c’è margine per una coalizione. E forse nemmeno per le primarie. Ma
proprio sulle primarie sembra giocarsi tutta la partita, in questo
momento, sia interna al Pd che esterna con i possibili alleati. Molto
dipenderà dall’esito (o dal rinvio) dell’assemblea nazionale prevista
per il 13 e il 14 luglio, in cui si modificherà lo statuto proprio alla
voce primarie. Sul piatto anche la modifica della regola che vuole il
segretario candidato del Pd di default. E se si liberalizzassero le
candidature dei democratici, allora sì, come dice Vendola, le primarie
di coalizione diventerebbero una resa dei conti tra i democratici che
ben poco avrebbe a che fare con la coalizione e le alleanze per un
governo possibile.
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