Il governo pronto a licenziare migliaia di dipendenti pubblici: la situazione
La querelle è nata quando il ministro del Lavoro Fornero qualche tempo fa ha parlato di equiparazione tra licenziamenti privati e licenziamenti nel pubblico impiego, dichiarazione che ha immediatamente ricevuto la risposta del ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi, cui hanno fatto seguito quelle delle principali parti sindacali, ancora una volta contro le parole del ministro del Welfare.
Ora, nell’ambito del cosiddetto piano di spending review, risulterebbero essere circa 276mila i potenziali esuberi individuati dal commissario Enrico Bondi e i sindacati sono già sul piede di guerra.
Intanto, è partita la prima operazione di taglio del personale, col decreto, adottato sempre venerdì, che riduce del 20% i dirigenti e del 10% il resto del personale della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia, con la probabilità anche di sopprimere tutte le sedi decentrate con meno di 30 addetti o che si trovano in Province con meno di 300 mila abitanti.
Il 15 giugno il Consiglio dei ministri ha, infatti, deciso di tagliare gli organici della presidenza del Consiglio e del ministero dell'Economia (del 20% i dirigenti e del 10% il resto del personale). Il timore è che ora si passi agli altri ministeri e ai comparti della pubblica amministrazione, col metodo della riforma Brunetta.
Per tutti gli esuberi la legge Brunetta prevede, infatti, già un percorso: prima l’ammortizzatore sociale, cioè l’80% della retribuzione per 24 mesi, come avviene con la cassa integrazione nel settore privato, poi il licenziamento se ne frattempo il lavoratore non sarà stato ricollocato. Tra le alternative, il blocco della tredicesima per tre anni o un contributo di solidarietà come quello già imposto ai dirigenti.
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