giovedì 15 novembre 2018

Manovra, tagli al servizio civile e niente agevolazioni fiscali per il terzo settore. “Associazioni pagheranno come aziende”.


Nella legge di Bilancio mancano gli adeguamenti previsti dalla riforma del 2017. Le norme avevano già avuto l’approvazione delle commissioni di Camera e Senato. Riduzione del 3% delle risorse per il servizio civile: basteranno per poco più di 20mila volontari, meno della metà di quelli avviati nel 2018. Solo 5 miliardi all'Aiuto pubblico allo sviluppo: "La Nota al Def ne prevedeva 5,8".
 
 
Manovra, tagli al servizio civile e niente agevolazioni fiscali per il terzo settore. “Associazioni pagheranno come aziende” Mancano gli adeguamenti della normativa fiscale del terzo settore, che registra anche tagli per progetti e attività di interesse generale. 
 
Ci sono meno risorse per il Fondo interventi del servizio civile nazionale, una scommessa che rischia di essere persa, e deludono le previsioni per la cooperazione allo sviluppo. 
 
Ecco alcuni dei nodi che la manovra non è riuscita a sciogliere e che in queste ore stanno suscitando diverse preoccupazioni. 
A cominciare da quelle manifestate dal Forum del Terzo settore che, nel testo della Legge di Bilancio, non trova riscontro soprattutto rispetto ad alcune richieste sugli adeguamenti della normativa fiscale necessari, secondo il forum, “per l’operatività di oltre 340mila organizzazioni”. Parliamo di norme che riguardano in primo luogo le attività del volontariato e dell’associazionismo di promozione sociale “la cui mancata approvazione – spiega a ilfattoquotidiano.it Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale – toglierà alle associazioni la possibilità di autofinanziarsi”.
LE ASPETTATIVE DEL TERZO SETTORE – Per quanto riguarda il Terzo settore le aspettative sulla manovra non possono che fare riferimento alla necessità di realizzare la riforma descritta dal decreto legislativo 117/2017. Una riforma che, tra le altre cose, allarga la platea dei potenziali volontari e concede alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale un anno di tempo per reintegrare, in caso di riduzione, il numero minimo di associati richiesto dalla legge, evitando così la cancellazione dal Registro unico nazionale. Due decreti correttivi hanno prolungato il tempo a disposizione degli enti non profit per adeguare gli statuti alle nuove regole. Per Onlus e associazioni di promozione sociale il termine, prima fissato per il 3 febbraio 2019, è stato prorogato al 3 agosto. Le imprese sociali costituite in base alla vecchia normativa avranno tempo fino al 20 gennaio (prima il termine era fissato al 20 luglio 2018). Si passerà da una fase transitoria che durerà fino a quando il nuovo Registro unico nazionale (Run) non sarà operativo (con l’emanazione di un decreto) e non arriverà l’autorizzazione della Commissione europea sulle misure fiscali. Va sottolineato che tra i numerosi decreti attuativi che devono essere emanati, alcuni servono per rendere operative le norme applicabili fin da subito, ossia già dal periodo transitorio, mentre altri riguardano disposizioni che entreranno in funzione solo successivamente, con l’integrale entrata in vigore del Codice del Terzo settore.
I TAGLI NELLA MANOVRA – In questo contesto la manovra ha portato più di qualche cattiva notizia. Sul fronte delle risorse economiche, il testo della Legge di Bilancio prevede la riduzione del fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel Terzo settore. Per il 2019 si passa da 40 a 39 milioni di euro. Stesso taglio anche per il 2020 e il 2021, mentre per gli anni successivi si dispone una riduzione di 5 milioni all’anno. Scendono anche gli stanziamenti per il Registro unico nazionale. Per il 2019 e il 2020 le risorse passano da 20 a 18 milioni, si prevede un taglio di 2 milioni anche per il 2021 (anno per cui la dotazione era di 23,9 milioni) e di 5 milioni negli anni successivi. Il testo della Legge di Bilancio in discussione in Parlamento, però, ha suscitato perplessità che vanno oltre la questione dei tagli, tanto da spingere la portavoce del Forum del Terzo Settore, Claudia Fiaschi a lanciare l’allarme sul futuro di tante associazioni e cooperative che operano nel mondo del Terzo settore. Perché alcune norme che avevano già avuto l’approvazione delle commissioni di Camera e Senato e che, per ragioni tecniche, non erano entrate nel decreto correttivo varato prima dell’estate, non hanno trovato spazio neppure nella manovra. Il riferimento è, in primis, al trattamento fiscale del volontariato. “Ad oggi, senza cambiamenti in manovra – spiega Fiaschi – queste associazioni pagherebbero come un’impresa”.
Un altro aspetto è legato alle attività con cui le associazioni si autofinanziano: “Bisogna rimettere il mondo del volontariato nelle condizioni di svolgere attività di autofinanziamento, ovviamente tassandole, quindi con un’entrata per lo Stato”. Secondo il Forum, poi, le nuove norme fiscali introdotte dal Codice sono molto rigide: “Abbiamo proposto l’introduzione di margini di tolleranza, quantomeno per un periodo transitorio”. E poi c’è la richiesta di aumentare la possibilità di avvalersi di lavoratori nelle associazioni di promozione sociale. “Una correzione necessaria – spiega la portavoce del Forum – per consentire a tante organizzazioni, come quelle che operano nel campo della disabilità e non autosufficienza, di poter continuare a fornire il loro sostegno alle persone fragili ed in condizioni di marginalità”.
SERVIZIO CIVILE, DA 152 A 148 MILIONI – La manovra taglia anche i fondi per il servizio civile. Si passa da 152,2 a 148,1 milioni di euro. Un taglio del 3 per cento, ossia circa 4,1 milioni di euro in meno per il 2019 rispetto ai fondi ordinari stabiliti dal governo precedente. Lo stanziamento scenderà a poco meno di 143 milioni nel 2020 e quasi 102 milioni nel 2021. A ciò va aggiunto l’azzeramento, da parte del ministero dell’Interno, del progetto «Integr-azione», varato lo scorso anno grazie ai fondi europei del programma Fami (Fondo asilo, migrazione e integrazione). Parliamo di uno stanziamento di 18 milioni di euro, aggiuntivo al fondo per il servizio civile, con cui era stato possibile prevedere altri 3mila posti da riservare a giovani titolari dello status di rifugiato o di protezione umanitaria o sussidiaria. Cosa accadrà in concreto? Che se nel 2018, tra fondi ordinari e risorse aggiuntive, si era arrivati a 300 milioni di euro con un bando di 53.363 ragazze e ragazzi da avviare, nel 2019 le risorse saranno sufficienti per poco più di 20mila volontari, meno della metà.
Rappresentanza nazionale dei volontari in servizio civile, Cnesc, Forum nazionale per il servizio civile e Associazione Mosaico non ci stanno. “Nessuna smentita è arrivata da chi ha la delega governativa per il Servizio Civile – hanno scritto in una nota – Dal governo non è arrivata neanche una dichiarazione con l’impegno ad aumentare la dotazione durante il percorso parlamentare, oppure il riferimento ad altre fonti da cui attingere i fondi necessari a confermare il contingente degli oltre 53mila volontari del 2018”. Le preoccupazioni, però, non riguardano solo “i fondi, largamente insufficienti”, ma anche “il silenzio sulla ricostituzione della Consulta Nazionale del Servizio Civile, proprio mentre sono urgentissimi i provvedimenti di modifica della normativa, a cominciare da quella in materia di accreditamento degli enti e di organizzazione quotidiana del servizio dei giovani operatori volontari, per dare applicazione alle nuove disposizioni di legge”.
I FONDI PER LA COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO – A porre, invece, l’accento sui fondi per la Cooperazione allo sviluppo è la rete Link 2007. L’associazione di Ong impegnate nella cooperazione ha inviato ai membri del Parlamento un documento di analisi e di proposta in merito agli stanziamenti dell’Italia previsti nella legge di Bilancio. La nota di aggiornamento del Def approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso – ricorda Link 2007 nel documento – stabiliva per il triennio 2019-2021 “i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,33% del Rnl nel 2019, 0,36% nel 2020 e 0,40% nel 2021”. Ma il disegno di Legge di bilancio 2019-2021 “ha stroncato le aspettative suscitate dalla nota”. I numeri: secondo la Nota di aggiornamento del Def lo stanziamento per l’Aps (Aiuto pubblico allo Sviluppo) “dovrebbe essere per il 2019 pari a circa 5,8 miliardi, mentre il ddl di Bilancio ne prevede solo 5,077”. Il rapporto Aps/pil pari allo 0,19% nel 2014 ha quasi raggiunto lo 0,30% nel 2017 (0,295%), con l’impegno di allinearsi alla media europea pari allo 0,50% del pil, rendendo così raggiungibile l’obiettivo dello 0,7% secondo gli impegni assunti con l’Agenda 2030. “Per mantenere l’attuale livello dello 0,30 del Pil – ricorda Link 2007 – servirebbero almeno 5,277 miliardi per il 2019, 5,331 per il 2020 e 5,385 per il 2021, mentre le cifre indicate nel ddl in discussione al Parlamento sono inferiori e hanno perfino un andamento decrescente”.

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