Giuristi per il lavoro Luisa Cozzi *
Morale, etica, responsabilità e diritto
Ma cerchiamo di spiegare meglio un concetto che collegato alle responsabilità aziendali altamente tecnologiche e innovative non è di così facile comprensione. Innanzitutto cosa significa ai nostri giorni essere un’azienda che si occupi di innovazione tecnologica in modo etico? Come si possono coniugare i due aspetti, uno legato al business e al cambiamento necessario in atto, l’altro più legato all’aspetto “morale”, sempre ammesso che morale possa definirsi un’azienda? Per rispondere a questa domanda, dovremmo prima di tutto fare in modo che morale, etica, responsabilità e diritto convergano sinergicamente e facciano fronte comune, senza però aspettarci che siano solo enti e istituzioni private (come le società di capitali) a gestire il mix vincente, così composto:
1. Morale come insieme di regole e comportamenti comuni e condivisi che stabiliscano, in coscienza, cosa è bene e cosa è male, giudicando in modo imparziale e oggettivo.
2. Etica della civiltà tecnologica. Trovo molto interessante questa iniziativa: la “lettera aperta all’umanità” a opera di 150 esperti (tecnologi, designer, filosofi, educatori e artisti) ritrovatisi durante il Techfestival nel 2017. Mi piace sottolineare come abbiano invocato il ritorno di un nuovo “rinascimento”. Molte sono le iniziative che stanno emergendo e tra queste spicca lo Special Etichal Digital Award, il primo in Italia ad affrontare organicamente le problematiche.
3. Il principio di responsabilità: ne Il principio responsabilità di Hans Jonas, edito nel 1979, si approdava già alla necessità di applicare tale principio a ogni gesto dell’uomo, che “deve” prendere in considerazione le conseguenze future delle sue scelte e dei suoi atti. È urgente restituire l’etica alla plurale concretezza del mondo e della vita, osservando che la ricerca di principi universali condiziona le decisioni e le scelte sull’ambiente, sull’economia, sulla comunicazione e, in sintesi, sulla vita del genere umano.
4. Diritto: inteso come l’insieme e il complesso delle norme che regolano la vita dei membri di una comunità di riferimento.
Ci si interroga sulle troppe distorsioni cui abbiamo dovuto assistere in questi anni a opera principalmente delle grandi digital company (ma non solo) e, in questo contesto, nasce un premio, presentato in anteprima a Milano. Si chiama Special Etichal Digital Award 2019 ed è promosso dai Digital Guys, un premio (parallelamente ad altre iniziative) che intende monitorare il modo in cui la tecnologia si modella e modellerà la nostra esistenza politica, sociale, morale con il tentativo di far emergere comportamenti virtuosi.
Dopo aver assistito alla nascita, nelle società evolute, di un forte atteggiamento no tech, in risposta all’oligarchia di pochi player mondiali (spesso senza scrupoli ma soprattutto senza una cultura adatta che li possa aiutare nel loro cammino di consapevolezza sociale), l’innovation world presenta ora molte zone d’ombra (si vedano, tra l’altro, gli ultimi scandali che hanno attraversato tutto il mondo digitale). Il must è rimettere l’uomo al centro e riconsiderare che all’interno della tecnologia imperante non possiamo essere considerati strumenti o merce di scambio.
La mission del premio è quella far emergere persone, aziende e associazioni che hanno come focus un’innovazione contraria a ogni tipo di manipolazione, promotrici della libera concorrenza e, non per ultimo, che condividano i propri utili (vedi “pagare le tasse”) in ogni Paese ove esse operano. E proprio in questo contesto verranno promossi nei prossimi mesi, tavoli tematici e call to action. Il primo tavolo è stato fissato per il 4 dicembre a Milano e affronterà questi due argomenti: “Platform capitalism, una società software dominante” e “Vero, verosimile, falso”. Ne seguiranno altri incentrati su tematiche dell’innovazione tecnologica nei rapporti con etica e diritti fondamentali della persona.
In chiusura le parole del sociologo Francesco Morace: “Non esiste sviluppo hi-tech senza inclusione: se lo sviluppo hi-tech continua a essere una galoppata per pochi eletti gestita da una super élite irraggiungibile senza contemplare una ‘quota di restituzione inclusiva’ ai territori e alle persone stesse, non avrà un futuro facile. E ci tengo a precisare che quando parlo di una ‘quota di restituzione inclusiva’ non intendo una ‘compensazione buonista’, bensì un vero e proprio nuovo processo integrato”. E per uno sviluppo più equo e corretto, nell’ottica di questa nostra trattazione, sarebbe fondamentale la figura dell’innovation manager, descritta nell’ultima legge di bilancio. Siamo in attesa di conoscere le peculiarità necessarie per accedere all’elenco che, entro marzo 2019, dovrà essere istituito presso il MiSe.
* Libera professionista nel mondo della comunicazione digitale, promuove eventi con finalità di acquisizione e sviluppo di nuovi business. Scrive per blog e portali professionali su tematiche quali salute & benessere, innovazione, imprenditoria al femminile e start-up. È del 2017 il suo “La Logica del Fluire; che mercato saremo”, Lupetti Editore. È co-fondatrice di Lavoro da Favola e ambasciatrice del Festival della Crescita.
Nessun commento:
Posta un commento