venerdì 30 novembre 2018

Migranti & Sicurezza. Con il Decreto Sicurezza diritti a rischio: tutti siamo chiamati a reagire.


Il Decreto Immigrazione e Sicurezza è legge. E la sua approvazione non mette solo a rischio i diritti dei migranti. Tutta la società civile è chiamata in causa per ridisegnare un'agenda politica dettata dalla paura e dall'esclusione.



Sono tre in particolare le novità del decreto che preoccupano: l'abrogazione della protezione umanitaria, la drastica trasformazione del sistema SPRAR, le modifiche alle procedure applicate in frontiera, rese inoltre sempre più inaccessibili alla società civile.

Cancellando la protezione umanitaria si compie un netto cambio di paradigma. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari riusciva a dare risposta alle esigenze di protezione, che nascono anche da obblighi costituzionali e internazionali. La restrizione prevista dalle nuove norme, invece, ridurrà le possibilità di riconoscimento di tutela aumentando il numero di cittadini stranieri in condizione di cosiddetta irregolarità, esposti ai rischi della marginalità sociale.

I cambiamenti nel funzionamento degli SPRAR ridurranno drasticamente le possibilità di integrazione per i cittadini stranieri che accedono alle procedure di riconoscimento della protezione internazionale. Con le novità introdotte, i richiedenti asilo saranno accolti nei centri governativi di prima accoglienza (hub regionali) o nei centri di accoglienza straordinaria (CAS). Periodi lunghi da trascorrere in strutture grandi e collettive, che spesso si sono rivelate non idonee anche dal punto di vista della qualità dei servizi, con il risultato di un peggioramento delle condizioni di vita e di un ostacolo al contatto con le comunità sul territorio.
Il sistema SPRAR era considerato un modello in Europa: la dimostrazione di come soltanto l'accoglienza in strutture diffuse, con addetti qualificati, una distribuzione sul territorio dei richiedenti asilo, favorisce l'autonomia e i processi di integrazione.
Il decreto infine modifica radicalmente le procedure applicate in frontiera, con la possibilità di valutazione della domanda di asilo direttamente negli hotspot, con una probabile diminuzione del tasso di consapevolezza dei richiedenti asilo.
Preoccupa inoltre la possibilità che, in attesa dell'esecuzione del provvedimento di espulsione, le persone possano essere trattenute anche in luoghi diversi dai Centri di Permanenza per il Rimpatrio, giudicati idonei solo sulla base delle indicazioni dell'autorità di pubblica sicurezza e non seguendo standard disciplinati per legge. Viene nei fatti creato un meccanismo di trattenimento potenzialmente diffuso che appare incompatibile con l'Articolo 13 della Costituzione in tema di inviolabilità della libertà personale.
In sostanza, i luoghi di frontiera d'ora in poi funzioneranno in maniera ancora più invisibile rispetto al recente passato, rendendo ancora più urgente strumenti per monitorare l'applicazione delle nuove procedure negli hotspot e tutelare i cittadini stranieri.
Il bilancio che emerge dalla breve analisi di queste tre novità è a tinte fosche e ci interroga su quale sia il ruolo della società civile in questa nuova fase. Indignarsi per la nuova legge è necessario ma non sufficiente. È urgente valutare, da vicino, quale sarà la sua concreta applicazione e intervenire per aumentare la consapevolezza su questi temi nel dibattito pubblico. I principi di uguaglianza, solidarietà e giustizia sociale sono alla base della nostra democrazia e non possono essere messi in discussione.
Soltanto una trasformazione complessiva nella percezione delle migrazioni, delle nuove povertà e delle forme di esclusione sociale potrà consentire di immaginare e costruire una stagione politica in cui i diritti di tutti e tutte siano finalmente al centro dell'agenda pubblica.

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