Dai casi di Daphne Caruana
Galizia e Jan Kuciak ai reporter vittime dei narcos in America Latina.
L'organizzazione fa appello agli Stati perché garantiscano "appoggio e
protezione" ai professionisti dei media che indagano sulle grandi
strutture mafiose.
Christophe Deloire, segretario generale dell’organizzazione, chiede che “gli Stati facciano tutto il possibile per fornire appoggio e protezione” a chi è finito nel mirino delle strutture mafiose. E fa appello a “non cadere nei ricatti, come ha fatto di recente il ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, con Roberto Saviano, minacciando di togliergli la scorta, in reazione ad alcune critiche del giornalista”.
Rsf, da oltre trent’anni la principale organizzazione per la difesa della libertà di stampa nel mondo, esamina poi nei dettagli il livello di penetrazione delle strutture mafiose ad ogni latitudine, e le conseguenze della presenza criminale nell’attività dei media. Dall’America Latina, con almeno 10 giornalisti uccisi quest’anno dalle mafie del narcotraffico in Messico, Colombia e Brasile, ai casi di India, Cambogia e alcuni Paesi africani, dove la criminalità organizzata si arricchisce con il saccheggio delle risorse naturali: chi denuncia i traffici di petrolio, legname o minerali rischia di essere ucciso, come è accaduto nel marzo scorso al reporter indiano Sandeep Sharma.
Una parte consistente del rapporto è dedicata all’Europa. Vengono citati ovviamente i casi di Daphne Caruana Galizia, assassinata un anno fa a Malta, e Jan Kuciak, ucciso in Slovacchia nel febbraio scorso. Rsf ricorda anche come, nel corso dell’ultimo anno, più di 200 cronisti abbiamo ricevuto protezione, mentre sono “una decina i giornalisti, come Roberto Saviano e Paolo Borrometti (sfuggito a un tentato omicidio in Sicilia) che vivono sotto scorta costante”.
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