L'UNEP ha appena pubblicato il suo Rapporto "Emissions Gap 2018" nel quale documenta che complessivamente a livello mondiale i paesi non stanno adottando le misure necessarie per attuare l'Accordo di Parigi del 2015 sul clima.
Le emissioni mondiali di gas serra hanno raggiunto 53,5 miliardi di tonnellate di CO2equivalente.
Sembravano entrate in una fase di stabilizzazione fino al 2016, ma nel 2017 e anche nel 2018 sono di nuovo aumentate.
Per mantenere la traiettoria del riscaldamento globale entro i 2°C le emissioni mondiali dovrebbero essere ridotte di circa il 25% entro il 2030 e di circa il 50% per poter restare nella traiettoria di 1,5°C.
Secondo l'UNEP gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas serra dei vari Paesi, per poter mantenere la traiettoria dei 2°C, dovrebbero essere triplicati rispetto ai livelli attuali.
L'Agenzia Europea per l'Ambiente, a sua volta, ha appena pubblicato il suo Rapporto "Trends and projections in Europe2018", sulle emissioni di gas serra nell'unione Europea che documenta che, con le politiche in atto e quelle decise dai governi, tali emissioni si ridurranno al 2030 solo del 30-32% rispetto al 1990, molto meno del target del 40% fissato per la traiettoria dell'Accordo di Parigi. In termini di riduzione annua, le politiche esistenti e decise consentirebbero un taglio delle emissioni di 23-32 Mt ogni anno, meno della metà di quanto sarebbe necessario per raggiungere il target del 40% che richiederebbe un taglio medio di 79 MtCO2eq ogni anno. Sappiamo inoltre che se si dovesse puntare sulla traiettoria di 1,5°C, o comunque di quella ben al di sotto dei 2°C, i tagli di emissioni al 2030 dovrebbero essere ben superiori al 40% (fino al 60% ha scritto l'IPCC).
Il Rapporto dell'Agenzia europea fornisce anche una stima della riduzione al 2030 delle emissioni di gas serra generate dalle misure già in atto e già decise dai vari Paesi europei. Queste riduzioni sono suddivise in due grandi raggruppamenti: quello dei grandi impianti, grandi emettitori di gas serra che riguardano circa il 40% delle emissioni, sottoposti ad una regolazione europea diretta (ETS, emissions trading scheme) per i quali c'è un obiettivo comune a tutta l'Europa di riduzione delle emissioni del 43% al 2030 e quello degli altri settori (trasporti, edifici, agricoltura, rifiuti e piccoli impianti) regolati nazionalmente.
L'Italia che ha un obiettivo di riduzione delle emissioni del 2005 del 33% al 2030 per i settori non ETS, con le misure nazionali in atto e con quelle già decise, ridurrebbe le proprie emissioni da 330 milioni di tonnellate di CO2eq. del 2005 a 249 nel 2030, con un calo del 24%: mancherebbe quindi il suo target per ben il 9%. Le maggiori difficoltà l'Italia le avrebbe proprio nei trasporti e negli edifici dove le emissioni calerebbero solo del 20%.
Alla base di questi ritardi che stanno aggravando il riscaldamento globale, ci sono anche una disinformazione e una non conoscenza delle tecnologie e delle misure di green economy disponibili per affrontare la crisi climatica, non solo prevenendo costi disastrosi degli eventi meteorologici estremi, ma generando vantaggi investendo in nuove possibilità di sviluppo e in nuova occupazione.
Le emissioni mondiali di gas serra hanno raggiunto 53,5 miliardi di tonnellate di CO2equivalente.
Sembravano entrate in una fase di stabilizzazione fino al 2016, ma nel 2017 e anche nel 2018 sono di nuovo aumentate.
Per mantenere la traiettoria del riscaldamento globale entro i 2°C le emissioni mondiali dovrebbero essere ridotte di circa il 25% entro il 2030 e di circa il 50% per poter restare nella traiettoria di 1,5°C.
Secondo l'UNEP gli sforzi di riduzione delle emissioni di gas serra dei vari Paesi, per poter mantenere la traiettoria dei 2°C, dovrebbero essere triplicati rispetto ai livelli attuali.
L'Agenzia Europea per l'Ambiente, a sua volta, ha appena pubblicato il suo Rapporto "Trends and projections in Europe2018", sulle emissioni di gas serra nell'unione Europea che documenta che, con le politiche in atto e quelle decise dai governi, tali emissioni si ridurranno al 2030 solo del 30-32% rispetto al 1990, molto meno del target del 40% fissato per la traiettoria dell'Accordo di Parigi. In termini di riduzione annua, le politiche esistenti e decise consentirebbero un taglio delle emissioni di 23-32 Mt ogni anno, meno della metà di quanto sarebbe necessario per raggiungere il target del 40% che richiederebbe un taglio medio di 79 MtCO2eq ogni anno. Sappiamo inoltre che se si dovesse puntare sulla traiettoria di 1,5°C, o comunque di quella ben al di sotto dei 2°C, i tagli di emissioni al 2030 dovrebbero essere ben superiori al 40% (fino al 60% ha scritto l'IPCC).
Il Rapporto dell'Agenzia europea fornisce anche una stima della riduzione al 2030 delle emissioni di gas serra generate dalle misure già in atto e già decise dai vari Paesi europei. Queste riduzioni sono suddivise in due grandi raggruppamenti: quello dei grandi impianti, grandi emettitori di gas serra che riguardano circa il 40% delle emissioni, sottoposti ad una regolazione europea diretta (ETS, emissions trading scheme) per i quali c'è un obiettivo comune a tutta l'Europa di riduzione delle emissioni del 43% al 2030 e quello degli altri settori (trasporti, edifici, agricoltura, rifiuti e piccoli impianti) regolati nazionalmente.
L'Italia che ha un obiettivo di riduzione delle emissioni del 2005 del 33% al 2030 per i settori non ETS, con le misure nazionali in atto e con quelle già decise, ridurrebbe le proprie emissioni da 330 milioni di tonnellate di CO2eq. del 2005 a 249 nel 2030, con un calo del 24%: mancherebbe quindi il suo target per ben il 9%. Le maggiori difficoltà l'Italia le avrebbe proprio nei trasporti e negli edifici dove le emissioni calerebbero solo del 20%.
Alla base di questi ritardi che stanno aggravando il riscaldamento globale, ci sono anche una disinformazione e una non conoscenza delle tecnologie e delle misure di green economy disponibili per affrontare la crisi climatica, non solo prevenendo costi disastrosi degli eventi meteorologici estremi, ma generando vantaggi investendo in nuove possibilità di sviluppo e in nuova occupazione.
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