Ad
una settimana esatta dalla massiccia giornata di blocchi stradali di
sabato scorso, che sono proseguiti nei giorni successivi al 17 novembre
la “marea gialla” è a Parigi, come già preannunciato la scorsa domenica.
Sebbene giovedì il governo abbia annunciato la fine dei blocchi o dei filtri di rallentamento del traffico sui maggiori assi viari dell’Esagono, azione mirate dei GJ hanno colpito piattaforme logistiche e centri commerciali.
Questo movimento senza-capi, proteiforme ed eterogeneo ha catalizzato la rabbia popolare, facendo riconoscere quella parte della Francia peri-urbana e rurale nel sentimento in una comune condizione: “siamo tutti nella merda”, come ha testimoniato una partecipante ai blocchi.
Un procedere fermo ed allo stesso tempo incerto, che decide i suoi passi quasi in tempo reale: “è una pseudo-organizzazione” – spiega un manifestante – “si fa di giorno in giorno, ma va avanti”.
Questo movimento, secondo i sondaggi, ha aumentato dopo le azioni compiute il proprio gradimento, nel mentre diminuiva quello del governo. Certamente ci sono stati isolati episodi deprecabili, ma possiamo condividere il giudizio di una GJ “è la prova che è un movimento che è il riflesso della società, si sono dei buoni e dei poco di buono”.
Basterebbe leggere le inchieste degli ultimi anni e ascoltare le parole dei protagonisti per capire come la transizione ecologica sta molto a cuore alla popolazione francese che però vuole condividere dal punto di vista delle decisioni e dei costi questa strategia necessaria e non essere penalizzata da un governo che sta compiendo scelte fiscali a tutto vantaggio dell’establishment.
Sono ormai una parte degli stessi elettori di Macron che la pensa a questo modo, come rivela un sondaggio IPSOS sulla percezione della fiscalità in Francia. E mentre all’Isola della Reunion, territorio oltre-mare francese, il popolo sta resistendo all’esercito lì inviato per sedare la rivolta mai cessata da sabato, a Parigi oggi i GJ hanno rotto i diviete polizieschi e cercano di dirigersi verso l’Eliseo, dando luogo al lancio di lacrimogeni e al getto di idranti da parte dei CRS in una città militarizzata, in cui lo stato ha mobilitato la maggioranza della “celere” francese.
Non si può prevedere che piega prenderanno gli eventi, quel che è chiaro, ormai a tutti è che si è avverato il proposito per cui “A Parigi, faremo sapere che le peuple, quello esiste ancora”, come ha dichiarato un GJ al quotidiano “Le Monde” questa settimana.
E la prossima settimana, studenti medi e pezzi del movimento sindacale, arricchiranno il magma sociale che in Francia ribolle determinando ormai un punto di caduta inedito nel Continente, considerando che la prima “richiesta” è divenuta – tra le file dei GJ – le dimissioni di Macron, stando a ciò che dicono se intervistati e a ciò che circola sui socials. Prima di sabato erano stati recensiti due persone decedute a causa di avvenimenti legati ai blocchi, 600 feriti – di cui 18 gravi -, 850 interrogati e 700 posti in stato di fermo. Dopo le mobilitazioni per l’oxi in Grecia e quelle per l’indipendenza in Catalogna lo scorso autunno, la marea gialla dei GJ – e ciò che sta provocando – è il movimento più importante del vecchio continente. Non accorgersene è di una cecità preoccupante.
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