mercoledì 21 novembre 2018

“L’esodo non si può fermare”

 

 dinamopress
Le carovane migranti, partite qualche settimana fa dal Centroamerica, stanno arrivando alla frontiera con gli Stati Uniti. Trump promette repressione e non è chiaro cosa potrà accadere. Abbiamo intervistato Anna Garrapa, attivista italiana che ora collabora con il centro per i diritti umani Frayba e sta seguendo le carovane

Qual è la situazione attuale delle carovane in viaggio verso il Nord?
La situazione delle carovane in questo momento è abbastanza disgregata, è difficile parlare di una sola carovana. Qui si è usata la parola esodo, che è un po’ biblica ma rappresenta la dimensione delle persone che si sono messe in cammino. C’è stata una prima carovana stimata dalla Protezione Civile Messicana in 7000 persone, perlopiù honduregni e con un profilo sociale di famiglie, donne incinta, anziani. Ci sono state altre due grandi carovane. La seconda di 1800 persone tra i quali vi erano anche guatemaltechi e salvadoregni. Una terza carovana stimata tra i 1500 e le 2000 di salvadoregni. Le ultime due sono di giovani e uomini.  Nel mezzo tante altre piccole carovane formate da 300 o 400 persone che sono state arrestate quasi subito.
Al momento le carovane si trovano da Città del Messico in su, la parte più consistente è già a Tijuana, ospitata in una cittadella sportiva e in case di accoglienza per migranti. Sono molti i piccoli gruppetti in cammino. C’è un gruppo grosso, anche a Guadalajara. Qui a Città del Messico si sono fermate 500 persone a cui è stato proposto di poter richiedere un trasferimento in Canada (per lavoro o asilo). Le previsioni dicevano che si sarebbero tutte concentrate a Città del Messico, invece c’è stata una dispersione in vari gruppi più o meno piccoli. La situazione attuale è che non sono ancora compattati a Tijuana. Qualche centinaio ha invece chiesto il ritorno assistito.

Qual è la condizione di diritti umani per i partecipanti alla carovana?
La situazione di diritti umani è grave. Ci sono state vari arresti arbitrari. La carovana era tenuta assieme da due elementi. Uno: andare verso Nord senza fermarsi, due stare assieme come strumento di forza interno. L’attraversamento del Messico che normalmente richiede mesi, con estremi pericoli così è stato molto facilitato. Poi da Città del Messico questa rilevanza dello stare assieme è venuta un po’ meno.
Nonostante la compattezza ci sono state varie violazioni di diritti umani. Sono stati operati arresti e sono stati attaccati gruppetti che sono andati troppo avanti o che rimanevano indietro. Molte organizzazioni di Diritti Umani hanno accompagnato le carovane, monitorando le violazioni. Abbiamo le prove di 10 persone detenute in Chiapas. 50 tra Chiapas e Oaxaca, e 60 a Sinaloa.  Molte altre non sono state denunciate. C’è una denuncia per un sequestro di un paio di furgoni carichi di migranti e pure con la presenza di minori nello stato di Veracruz. Per quanto riguarda l’assistenza lungo il cammino, ce ne è stata, ma hanno dovuto percorrere lunghi tratti di cammino senza acqua in zone calde o fredde. Nello stato di Jalisco le istituzioni hanno promesso trasporti in supporto, ma di fatto sono stati abbandonati all’ultimo momento in mezzo alla strada, con il rischio di essere arrestati.
Un altro aspetto grave è stata la mancanza di informazione rispetto alla possibilità di chiedere asilo nel paese transitante e rispetto al procedimento di rientro assistito nel paese di origine, casomai qualcuno lo chiedesse. Non conoscono le condizioni per chiedere asilo qui. Rispetto al rientro, nella prima carovana ci sono state numerose richieste. Il problema è che è stato pubblicizzata la possibilità di rientrare, ma di fatto l’unica cosa fatta era separare chi fosse interessato dal resto della carovana: erano così lasciati in attesa e in condizioni di grande vulnerabilità.
Spesso non sono stati assistiti e avevano paura di essere attaccati di notte.  Alcuni completamente esposti a pericoli nelle zone periferiche delle città. Alcune volte chi ha chiesto di essere riportato al proprio paese è stato in realtà arrestato e poi deportato senza la procedura concordata.
Infine nel tratto iniziale in Chiapas, sono state dirette con l’inganno molte persone verso i saloni della Fiera Mesoamericana, è stato detto loro che era un albergo per migranti, invece sono stati arrestati,  impossibilitati a raggiungere il resto della carovana e isolati in condizioni di vulnerabilità.
Infine al primo arrivo alla frontiera la polizia antisommossa ha disperso i migranti con lancio di lacrimogeni. In molti si sono buttati verso il fiume, ci sono stati dispersi, feriti e morti, mentre gli elicotteri volavano bassi nel fiume quasi schiacciando le persone che nuotavano. Un giovane è rimasto gravemente ferito per lancio di pallottole di gomma. C’è stata una risposta di contenimento con notevole abuso di forza.

Si può dire che queste carovane portino un messaggio politico chiaro, o è più un moto spontaneo e irrefrenabile?
Le carovane al momento non portano un messaggio politico compatto e univoco di rivendicazione sulla questione migratoria. La volontà è chiara, ma la composizione sociale e politica è variegata e non c’è un discorso unico. C’è una rivendicazione molto forte sulle ragioni delle partenze: violenza, violenza di strada, insicurezza, governi dispotici, criminalità organizzata. Anche dal punto di vista di genere, varie donne sono scappate  per paura di essere vittima di violenza nelle periferie delle città centroamericane. Questa è la rivendicazione più forte: sono persone vittime di violenza e hanno bisogno di migrare. È stato un moto spontaneo, molti si sono uniti apprendendolo dai social o dalla tv.
La prospettiva politica attuale è quella di un movimento di massa multiforme che chiede di migrare perché in fuga dalla violenza. Ci sono state precedentemente alcune esperienze di carovane, ora colpisce però il numero, per questo è stato definito un esodo. Hanno cercato di fermarli ma è stato impossibile. Questo pone sotto gli occhi di tutti la questione della migrazione e della libertà di movimento. È una questione mondiale, le situazioni vissute di povertà e violenza nei paesi di origine continuano a determinare il movimento delle persone: bisogna semplicemente prenderne atto perché sono moti che non si possono frenare.

Come è stata vissuta la carovana in Messico, paese di forte tradizione migratoria?
La situazione in Messico come paese di emigrazione e come paese di transito inizia a essere contraddittoria. C’è stata una prima risposta molto solidale: si offrivano acqua cibo vestiti addirittura bande musicali li accoglievano all’arrivo nei paesi. Molto di questa accoglienza era legata alla chiesa ma non solo. Quando il profilo sociale è cambiato e hanno cominciato ad arrivare giovani di barrios emarginati, la risposta è andata riducendosi. Ci sono anche altri fattori: gli stati nel sud del Messico sono molto poveri e non potevano così tanto rispondere ai bisogni di tutti, hanno perciò progressivamente smesso di aiutare. Infine il diverso profilo sociale ha alimentato tensioni. Sono emerse preoccupazioni, tensioni e giudizi. La tensione sta esplodendo a Tijuana. C’è stata una risposta razzista da parte di una parte della popolazione della città. Ieri ci sono state due manifestazioni, una a favore e una contro. Sono stati accusati di invadere il territorio, creare insicurezza ecc. – le cose che accadono anche in Europa.

Quale sarà la risposta che avranno una volta arrivati tutti alla frontiera nord?
Trump sta rafforzando la frontiera e il processo di richiesta di asilo sarà più difficile. Non c’è ancora una risposta organizzata di assalto alla frontiera. I migranti si sono fermati nelle varie zone attorno alla città. Al momento la situazione è sotto controllo. L’attesa per avviare il processo di asilo richiede periodi molto lunghi. Si prevedono mesi per ricevere le domande. Molte non verranno accolte e non sappiamo che risposta organizzata ci sarà a quel punto.
Si attende che arrivino gli altri, pare che ci siano carovane più piccole che domani cercheranno di entrare. Al momento alla frontiera nord non c’è ancora però una protesta globale.
Aleggia la possibilità di un accordo per poter entrare in Canada, mediato da padre Solalinde. Non si sa con quali procedimenti legali sarà possibile. Stanno arrivando in Messico attivisti ed esponenti della società civile internazionale che partecipano alla diffusione delle informazioni perché i migranti siano coscienti delle loro possibilità e dei propri diritti.

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