Il 17 dicembre è stato invece costituito il Comitato di Sorveglianza con funzioni consultive, di controllo, di informazione, ma anche di ascolto, di concertazione e di dibattito propositivo, sul servizio pubblico idrico. È composto da cinque consiglieri comunali e da rappresentanti degli utenti del mondo ambientalista e dei dipendenti dell'Azienda stessa.
Un percorso, quello della ripubblicizzazione dell’acqua, che la giunta De Magistris con il suo assessore ai Beni Comuni, Alberto Lucarelli, aveva intrapreso subito, all’indomani del referendum del 12/13 giugno 2011.
Un referendum in cui 27 milioni di Italiani avevano votato sì all’abrogazione di due norme che riguardavano l’acqua:
1) che i Comuni dovevano obbligatoriamente privatizzare almeno il 40% delle partecipazioni delle municipalizzate (Legge Ronchi, art. 23bis) e
2) che sull’acqua si potesse fare profitto (abrogazione del comma 1 art 154, D.Leg.vo 3 /4//2006 circa l’“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”).
Ma dopo quel referendum nulla in Italia era cambiato. Nulla fino alla decisione napoletana.
D’altra parte la ripubblicizzazione dell’acqua era stato uno dei temi forti del programma elettorale di De Magistris e il professore Alberto Lucarelli aveva partecipato all’estensione dei quesiti referendari.
Il percorso si è rivelato difficile: per gli interessi economici incrociati, le dispute legali e le forti resistenze politiche trasversali, e non solo a Napoli.
Non ultimo, da parte del governo Monti, il recente affidamento all’Authority dell’energia e del gas della gestione delle tariffe idriche: affidamento che i Comitati referendari sull’acqua vedono come un ulteriore tradimento della volontà popolare espressa nel referendum.
Il modello di gestione idrica partecipata rappresentato dalla Abc Napoli smentisce il concetto secondo cui il diritto positivo di beni essenziali (come acqua, trasporti pubblici ed energia) debba essere fondato sulla loro rilevanza economica e imprenditoriale da gestirsi tramite Società per Azioni, dunque con profitto sul capitale investito.
E smentisce anche il concetto che tali privatizzazioni ce le imponesse l’Europa, tanto più che la ripubblicizzazione dell’acqua ha visto anche città come Parigi e Berlino in prima linea.
Se Parigi però con l'esperienza di Eau de Paris si riprende l’acqua e risparmia sul bilancio 30 milioni di euro, le multinazionali francesi Veolia e Suez, che gestiscono l’acqua di mezzo mondo, continuano a dividersi le poltrone nei CdA di Società per azioni in giro per l’Italia.
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