In carcere esponenti dei Gallico. Sigilli ad alcuni noti esercizi commerciali della capitale. L'inchiesta parte da investimenti finanziari sospetti.ilmessaggero.it |
ROMA
- Una consistente infiltrazione della 'ndrina dei Gallico nella realtà
economica-finanziaria della capitale tramite il reinvestimento di
cospicue somme di denaro di provenienza ritenuta illecita. Questo
quanto emerso dall'operazione della Dia di Roma, in collaborazione con
quella di Reggio Calabria che ha portato all'arresto in carcere di tre
persone, all'iscrizione nel registro degli indagati di altre sei e al
sequestro di beni per circa venti milioni di euro. Tra i beni cui sono
stati apposti i sigilli locali al centro della capitale.
In particolare: la società «Colonna Antonina 2004 srl» intestata a soggetti ex titolari del noto bar «Chigi» sito nell'omonima via e sottoposto a sequestro preventivo dalla Dia nel luglio 2011; il bar «Antiche Mura» in via Leone IV, a due passi dal Vaticano; il ristorante «Platinum» in via dei Banchi Nuovi, nei pressi di Castel Sant'Angelo.
In particolare: la società «Colonna Antonina 2004 srl» intestata a soggetti ex titolari del noto bar «Chigi» sito nell'omonima via e sottoposto a sequestro preventivo dalla Dia nel luglio 2011; il bar «Antiche Mura» in via Leone IV, a due passi dal Vaticano; il ristorante «Platinum» in via dei Banchi Nuovi, nei pressi di Castel Sant'Angelo.
«L'operazione dimostra evidenti infiltrazioni della 'ndrangheta nella capitale. Una presenza concreta in relazione alla quale non possiamo far finta di niente e abbassare la guardia». Così il direttore nazionale della Dia Arturo De Felice nel corso di una conferenza stampa cui hanno preso parte anche il capocentro di Roma della Dia il colonnello Gregorio De Marco e il dirigente della stessa Direzione Antimafia capitolina Giuseppe Puzzo. L'operazione, secondo quanto riferito, è l'esito di indagini avviate dopo il sequestro del bar «Chigi».
Quindi è emerso un trasferimento fraudolento di beni e valori aggravato dal metodo mafioso. Una contestazione, questa ipotizzata nei confronti dei tre finiti in manette, soggetti legati alla 'ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Si tratta di Francesco Frisina, di 57 anni nato a Palmi ma residente a Roma con precedenti per associazione mafiosa, estorsione, armi e rapina e che in passato è stato anche sottoposto a sorveglianza speciale; Carmine Saccà, di 46 anni nato a Taurianova, residente a Roma, con precedenti anche per estorsione.
Il terzo destinatario della misura cautelare firmata dal gip Simonetta D'Alessandro su richieste dai pm Maria Cristina Palaia e Luca Palamara, risulta ancora da rintracciare e ha precedenti per furto, porto abusivo di arma da fuoco, favoreggiamento di un latitante. I sei indagati, sono «prestanome» che hanno concorso al raggiungimento dell'attività del gruppo che, con l'ausilio anche di familiari e con l'aiuto di un'agenzia immobiliare romana (il cui titolare è indagato in stato di libertà, ma la cui società è stata sottoposta a sequestro) ha comprato noti locali commerciali della capitale, nonché immobili e terreni tra Roma e la provincia di Reggio Calabria.
I terreni erano destinati alla coltivazione delle olive. Ad essere sequestrati anche conti correnti e autovetture. L'attività investigativa ha permesso di appurare che gli indagati avevano creato un «sistema» per reinvestire a Roma i proventi illeciti delle attività delittuose della loro cosca di appartenenza. Parte dei ricavi illeciti si ritiene siano stati reinvestiti nell'acquisto di tre immobili in via Boccea del valore ciascuno di circa 500mila euro che erano stati indagati fittiziamente a familiari per eludere eventuali misure patrimoniali nei loro confronti.
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