In attesa della sentenza del tribunale di sorveglianza di Bologna che deciderà se Forlani, Pontani, Sagatto e Pollastri finiranno in cella o ai servizi sociali, parla il papà di Federico: "Sei mesi non sono niente. Ma fargli scontare anche un giorno solo sarebbe un segnale forte”.
“Mi auguro che lo Stato italiano dimostri di essere forte licenziandoli”. Queste le parole di Lino Aldrovandi, papà di Federico, a margine dell’udienza del tribunale di sorveglianza di Bologna che deciderà il destino dei quattro poliziotti condannati per omicidio colposo per la morte di suo figlio Federico, il 25 settembre 2005.
Il collegio dei giudici dovrà infatti scegliere se far scontare in carcere i sei mesi di pena comminati agli agenti, tutti ancora in servizio, oppure se concedere loro pene alternative, come gli arresti domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali. Per tre dei condannati toccherà attendere alcuni giorni per la decisione, per un quarto poliziotto caso ci vorrà almeno un mese.
Enzo Pontani – assistito dall’avvocato Michela Vecchi – dovrà tornare davanti al giudice il 26 febbraio, a causa di un difetto di notifica. Paolo Forlani verrà sentito tra due giorni. Oggi il suo difensore, Gabriele Bordoni, ha presentato documentazione medica che attesta come al tempo in cui scrisse le pesanti offese su Facebook alla madre soffrisse di problemi di salute: “Il mio assistito è finito in un profondo stato depressivo già dal momento in cui la sentenza è passata in giudicato. E a questo stato vanno ascritte le spiacevolissime frasi scritte sul social network”.
Intanto l’agente Forlani, forse tra i colleghi quello che rischia di più, ha presentato nuovamente le proprie scuse alla famiglia. Scuse che Lino Aldrovandi rispedisce direttamente: “non le deve fare non a me, ma a un ragazzo morto – replica secco il genitore -; per quello che hanno fatto, per quello che scrivono tre giudici in altrettante sentenze, meriterebbero il carcere. Sei mesi non sono niente. Ma farne scontare anche un giorno solo sarebbe un segnale”.
Un segnale che da Ferrara attende anche la madre di Federico, Patrizia Moretti, che ritiene la futura decisione del tribunale “un passo importante” per “capire la posizione dello Stato, della magistratura, di fronte alla richiesta di evitare il carcere di quattro persone che hanno commesso un delitto vestendo la divisa delle forze dell’ordine”. Intanto Patrizia Moretti guarda oltre, a marzo, quando il ministero dell’interno dovrebbe esprimersi sull’esito del procedimento disciplinare nei confronti dei quattro poliziotti: “il giudice di sorveglianza deciderà della sorte per i prossimi sei mesi, la disciplinare deve stabilire invece se sono ancora degni di vestire la divisa”.
di Marco Zavagli e David Marceddu
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