mercoledì 30 gennaio 2013

Rivoluzioniamo la scuola

L’Italia non può essere gestita al pari di una qualsiasi azienda, come hanno fatto i precedenti governi, e la scuola pubblica non può essere considerata una semplice voce di bilancio da tagliare per fare cassa. La scuola è, invece, cultura, risorsa fondamentale per lo sviluppo e, quindi, futuro.Non si può prescindere dalla qualità dell’istruzione pubblica, troppo spesso svilita o considerata residuale, Rivoluzione civile ne fa un punto fondante del suo programma.

La scuola è stata la vittima designata dei progetti di privatizzazione sostenuti dall’uscente governo Monti, contro i quali studenti e docenti si sono mobilitati: i primi per la difesa del diritto allo studio e i secondi per protestare contro il peggioramento delle condizioni di lavoro, la precarizzazione del personale e un concorsone che mortifica le competenze professionali, trasformandosi in una sorta di lotteria dell’occupazione, a danno dei precari, di cui si è colmata la scuola pubblica, che invece hanno diritto alla stabilizzazione del rapporto di lavoro. Nessuna inversione di tendenza, dunque, dopo le funeste riforme targate Gelmini. Anzi, l’esecutivo dei professori ha trascinato la conoscenza e i saperi nel calderone della spending review, continuando con i tagli lineari, sulla scia del precedente governo Berlusconi. La scuola pubblica è un bene comune che garantisce un diritto fondamentale, vanno dunque bloccati i progetti di privatizzazione e aziendalizzazione, a partire dal ddl Aprea, e recuperati i fondi dirottati sulle scuole private. “Non solo la scuola pubblica va rafforzata e gli insegnanti messi in condizione di lavorare – afferma Gabriella Stramaccioni, candidata alla Camera per Rivoluzione civile – ma va fatta un’opera di messa in sicurezza degli edifici scolastici che stanno letteralmente cadendo a pezzi”. La lista guidata da Antonio Ingroia vuole che sia garantito a tutte e tutti l’accesso ai saperi, perché solo così è possibile essere cittadine e cittadini liberi e consapevoli, recuperando il valore dell’art. 3 della Costituzione. Bisogna rendere centrali formazione e ricerca, bisogna investire nella scuola pubblica.È una strada imprescindibile per dare un calcio alla precarietà: quella del lavoro, che ha piegato fino alla tragedia tanti insegnanti; e quella esistenziale, che colpisce gli studenti, una generazione umiliata, senza prospettive di lavoro e privata del diritto allo studio.

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