VITERBO - Nuovi elementi utili al pm Massimiliano Siddi che indaga sull’acqua «avvelenata» dall’arsenico e i 25 milioni di euro messi in bilancio (ma solo sulla carta) per risolvere il problema, arrivano dal Codacons dell’avvocato Carlo Rienzi.Che annuncia: «Non solo ci costituiremo parte civile nell’inchiesta viterbese, ma scartabellando nei vari documenti - dice - abbiamo scoperto che, con una nota del 3 ottobre 2008, la Regione addirittura autorizzò l’Ato ad aumentare le tariffe dell’acqua in ragione di un minimo di 0,05 euro a un massimo di 0,15 euro per metro cubo, dal momento che avrebbero dovuto dare avvio a tutta una serie di studi e ricerche sull’arsenico». |
ilmessaggero.it di Alessia Marani
Per l’associazione dei consumatori «non
solo quegli studi sulla salute pubblica non vennero mai fatti, ma la
Regione da allora giustificò con essi l’aumento delle tariffe e corse a
chiedere ulteriori deroghe».Il Codacons ieri ha incontrato i cittadini di Tarquinia in un’assemblea pubblica, ribadendo la possibilità di fare ricorso per ottenere il risarcimento dei danni soprattutto da parte delle attività pubbliche che dal primo gennaio non possono erogare acqua potabile. «Fin da ora - conclude Rienzi - diamo piena disponibilità per essere ascoltati dalla Procura, probabilmente prepareremo un altro esposto».
Intanto, ieri pomeriggio, altro incontro pubblico, questa volta a Grotte di Castro, con il vicepresidente della Provincia e assessore all’Ambiente Paolo Equitani. «Sugli effettivi rischi dell’arsenico nell’acqua sulla nostra salute - afferma - ho una mia idea personale. Fatta dopo diverse ricerche, dopo avere studiato per mio contro l’argomento. Se bollo per esempio un kg di pasta in un litro d’acqua con 20 microgrammi di arsenico, la quantità reale che ne sarà assorbita dall’alimento cotto e poi ingerito sarà veramente minima per costituire un reale pericolo nel tempo in una persona di media corporatura. Ma come amministratore ho il dovere di fare rispettare la legge».
Equitani ricorda che «a partire dal 2010, da quando ho questo incarico - dice - avrò scritto quasi 40 lettere alla Regione insistendo sull’urgenza di intervenire». E aggiunge: «L’accordo del 2007 per lo stanziamento dei 25 milioni di euro, fu sottoscritto dall’allora assessore Zaratti con il presidente della Provincia dell’epoca Alessandro Mazzoli. Tutto si fermò». Insomma, passa il tempo finché nel 2010 Renata Polverini diviene commissario straordinario per l’emergenza arsenico nel Lazio. A quel punto la Regione ha tutti i poteri per intervenire. E i soldi, almeno sulla carta. Ma nulla si muove. Solo a fine 2012 arrivano i primi bandi per i dearsenificatori.
E il nuovo commissario, ora un tecnico, ammette: «Quei fondi in cassa non ci sono». Spariti. Oppure fotocopiati in bilancio anno dopo anno per ottenere le deroghe da Bruxelles. La Procura indaga.
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