giovedì 15 novembre 2018

Scuola Pubblica. MARINA BOSCAINO e GIORGIO TASSINARI - Ciò che manca non può essere contato

Ancora una volta la FGA (Fondazione Giovanni Agnelli, curiosa assonanza con FCA) esce con il suo “cinepanettone”, ovvero con l’edizione del 2018 di Eduscopio (simpatica assonanza con endoscopio, fate voi…). Grande successo di critica, a tener conto della grande risonanza mediatica. Tuttavia non siamo convinti della “bontà” dell’operazione; la troviamo mistificatoria, almeno sotto tre punti di vista.
micromega M.Boscaino-G.Tassinari
Risultati immagini per Fondazione Giovanni AgnelliLa scuola rappresenta – ancora, e nonostante il tentativo di destrutturarla rispetto a questa sua identitaria condizione - un ambiente peculiare soprattutto da un punto di vista: è la prova che una relazione significativa dà vita ad apprendimenti significativi.  

La metodologia FGA non tiene invece in alcun conto di quello che nella letteratura specializzata viene denominato l’“effetto classe”, il lavoro vivo degli insegnanti e degli studenti, la relazione e la cura. Si tratta di un errore metodologico particolarmente grave, che omette un elemento non così imprevedibile e fantasioso – benché strutturale – di cui Antonio Gramsci ha fatto oggetto di riflessione: l’interazione tra gli allievi e i loro professori. 
Anche senza chiamare in causa la metodologia statistica e la letteratura specializzata, infatti, l’esperienza quotidiana di ognuna/o di noi testimonia della rilevanza dell’analisi a livello di classe.  
Per essere espliciti, questo è, a nostro avviso, il punto di caduta dell’approccio proposto dalla Fondazione Agnelli e dai suoi collaboratori, ed esso non attiene semplicemente alla metodologia statistica.
Ma è un errore che mina tutto l’esercizio, in quanto proprio la mancata presa in carico dell’effetto “classe” nel modello statistico utilizzato dalla Fondazione Agnelli corrisponde ad una completa mancanza di attenzione al processo scolastico nelle sue determinazioni concrete e fattuali, quelle più vive e umane, che proprio nelle classi si esplicano, nel loro farsi quotidiano in cui l’interazione studenti-professori-studenti determina quelle trasformazioni interiori che sono l’esito più potente e politicamente prezioso del processo educativo. La hybris statistica della FGA trascura proprio di cogliere, come abbiamo appena detto, gli aspetti qualitativi della vita scolastica, il che non sarebbe difficile se si adottasse un metodo di tipo sociologico. Ma come dice la Bibbia, “ciò che manca non può essere contato” (Ecclesiaste I, 15).
Il risultato del processo educativo non può essere appiattito soltanto sul successo negli studi universitari o nel mondo del lavoro (di cui non neghiamo l’importanza). Durante gli anni delle scuole medie superiori gli adolescenti si trasformano in uomini e donne e acquisiscono i diritti politici: una dimensione non riconducibile esclusivamente al successo universitario L’apprendimento scolastico è innanzitutto un processo collettivo (come la gran parte dei fatti sociali, che, proprio per questo, sono sociali). E’ sbagliato pensare agli studenti e alle loro famiglie come a degli individui isolati, che agiscono in uno spazio idealizzato senza interazioni reciproche.  
Si tratta di un’impostazione al tempo stesso sia idealistica che ideologica, nel senso deteriore con cui Marx usa questi termini. Adottare al contrario un’ontologia realistica implica che nelle rappresentazioni dei fenomeni che stiamo cercando di costruire siano inseriti gli snodi fondamentali in cui si articolano i fenomeni stessi che stiamo cercando di indagare. Ovvero, in altri termini, la mera osservazione non basta, è necessaria anche (non solo) una teoria. Altrimenti si ricade nella categoria che Marx definiva dei materialisti volgari. Al netto di queste divagazioni,– che però sono di metodo e di merito – occorre evidenziare che molti altri elementi sfuggono nella fotografia meccanica di esiti che sono socialmente ed economicamente determinati; la graduatoria registra – con qualche oscillazione di anno in anno che non cambia in alcun modo il senso di questa affermazione – una condizione che corrisponde al maggiore o minore benessere economico e culturale del territorio su cui la scuola insiste. Si guardi a questo riguardo – ma è solo un esempio – la classifica dei licei, sia classici che scientifici, di Roma: non uno posizionato in una zona che non sia centrale e/o abitata da borghesia medio/alta. Quello che negli Stati Uniti è chiamato l’ “effetto Volvo” (basterebbe constatare il numero di auto di grossa cilindrata che accompagnano i ragazzi a scuola la mattina per predire i risultati dei loro test di apprendimento) si riverbera in maniera non sorprendente anche nelle graduatorie di Eduscopio.
Un secondo elemento di debolezza è costituito dal fatto che il posizionamento in graduatoria è in molti casi un elemento che distorce i termini della realtà. Per fare un esempio, consideriamo i licei scientifici con sede a Bologna. Nell’edizione 2018 il Galvani si piazza al primo posto con un punteggio di 83,2 e al secondo posto il Copernico con 82,06. Va da sé che la differenza è così modesta che parlare di primo e di secondo posto è un puro artificio retorico, giusto per il piacere (o il furore) di fare graduatorie. Oppure c’è un obiettivo non dichiarato? Perché una graduatoria? A cosa serve? A nostro giudizio - sotto il profilo strettamente politico - la FGA utilizza il sapere tecnico come strumento di potere. In molti altri paesi sono state drammaticamente registrate le conseguenze della scelta di questo approccio in termini di impoverimento del sistema scolastico, quando non di chiusura di istituti: un esempio per tutti, l’Inghilterra. Il sospetto che tale opzione sia volta al raggiungimento dell’obiettivo ultimo – mai esplicitamente dichiarato, ma sotteso a molti dei processi che investono da decenni la scuola italiana – di rendere il settore dell’istruzione pubblica un quasi mercato (nel senso della New Management Economics). Quanto ciò sia auspicabile ognuno è in grado di giudicarlo da sé. Si noti, tra parentesi, come le recenti leggi regionali che prevedono la regionalizzazione del sistema scolastico di istruzione combinate con l’annunciata (da Salvini) prospettiva dell’abrogazione del valore legale del titolo di studio andranno a scovare anche nelle graduatorie di Eduscopio motivazioni coerenti con la propria vocazione alla rottura del principio di unitarietà del sistema scolastico nazionale, nonché della valorizzazione delle più sfrenate istanze dell’autonomia scolastica, per rendere il “prodotto” più appetibile per la “clientela” più esigente.  
Infatti l’obiettivo, per realizzarsi, necessita che nell’opinione pubblica il settore dell’istruzione sia percepito come un settore di mercato, ed a questo servono gli esercizi retorici come Eduscopio, che si qualifica pertanto come operazione sottilmente ed efficacemente propagandistica. 
Ciò che è maggiormente criticabile, a nostro parere, è proprio il compiere un’azione politica pretendendo invece che sia un’operazione neutra, senza implicazioni valoriali, e che quindi tale azione si giustifichi di per sé, oggettivamente. 
Tale è l’approccio, peraltro, con cui si portano avanti una serie di politiche soprattutto inerenti l’ambito della valutazione, come –ad esempio – i test Invalsi. Senza mettere in chiaro a quale teoria dei valori (perché se si parla di valutazione, almeno qualche frammento di teoria dei valori ci sembrerebbe necessaria) si compie un’operazione di inversione tra fini e mezzi, si confonde la parte con il tutto. 
Nella psicologia questa operazione viene chiamata feticismo, termine utilizzato anche da Marx nel I capitolo, paragrafo VI del I libro del Capitale con riferimento al carattere della merce nel mercato capitalistico.
Ancora, vi sono gli aspetti strettamente tecnici, che sarebbe assai lungo e invero noioso illustrare in questa sede e su cui ci riserviamo di intervenire in seguito. A nostro giudizio nelle elaborazioni della Fondazione Agnelli vi sono molte aporie. D’altra parte ex malo malum: è poco plausibile che da un’idea cattiva possa derivare una metodologia buona. 
Già due anni fa avevamo invitato il direttore della FGA, Andrea Gavosto, ad una disputa pubblica. Il dottor Gavosto declinò l’invito, eravamo sotto Natale, disse. L’invito ovviamente lo ripetiamo adesso.
Marina Boscaino,
Giorgio Tassinari (ordinario di Statistica economica, Università di Bologna)

(14 novembre 2018)

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