Ancora
una volta la FGA (Fondazione Giovanni Agnelli, curiosa assonanza con
FCA) esce con il suo “cinepanettone”, ovvero con l’edizione del 2018 di Eduscopio
(simpatica assonanza con endoscopio, fate voi…). Grande successo di
critica, a tener conto della grande risonanza mediatica. Tuttavia non
siamo convinti della “bontà” dell’operazione; la troviamo
mistificatoria, almeno sotto tre punti di vista.
micromega M.Boscaino-G.Tassinari
La
scuola rappresenta – ancora, e nonostante il tentativo di
destrutturarla rispetto a questa sua identitaria condizione - un
ambiente peculiare soprattutto da un punto di vista: è la prova che una
relazione significativa dà vita ad apprendimenti significativi.
La
metodologia FGA non tiene invece in alcun conto di quello che nella
letteratura specializzata viene denominato l’“effetto classe”, il lavoro
vivo degli insegnanti e degli studenti, la relazione e la cura. Si
tratta di un errore metodologico particolarmente grave, che omette un
elemento non così imprevedibile e fantasioso – benché strutturale – di
cui Antonio Gramsci ha fatto oggetto di riflessione: l’interazione tra
gli allievi e i loro professori.
Anche senza chiamare in causa la
metodologia statistica e la letteratura specializzata, infatti,
l’esperienza quotidiana di ognuna/o di noi testimonia della rilevanza
dell’analisi a livello di classe.
Per
essere espliciti, questo è, a nostro avviso, il punto di caduta
dell’approccio proposto dalla Fondazione Agnelli e dai suoi
collaboratori, ed esso non attiene semplicemente alla metodologia statistica.
Ma è un errore che mina tutto l’esercizio,
in quanto proprio la mancata presa in carico dell’effetto “classe” nel
modello statistico utilizzato dalla Fondazione Agnelli corrisponde ad
una completa mancanza di attenzione al processo scolastico nelle sue
determinazioni concrete e fattuali, quelle più vive e umane, che proprio
nelle classi si esplicano, nel loro farsi quotidiano in cui
l’interazione studenti-professori-studenti determina quelle
trasformazioni interiori che sono l’esito più potente e politicamente
prezioso del processo educativo. La
hybris statistica della FGA trascura proprio di cogliere, come abbiamo
appena detto, gli aspetti qualitativi della vita scolastica, il che non
sarebbe difficile se si adottasse un metodo di tipo sociologico. Ma come
dice la Bibbia, “ciò che manca non può essere contato” (Ecclesiaste I,
15).
Il
risultato del processo educativo non può essere appiattito soltanto sul
successo negli studi universitari o nel mondo del lavoro (di cui non
neghiamo l’importanza). Durante gli anni delle scuole medie superiori
gli adolescenti si trasformano in uomini e donne e acquisiscono i
diritti politici: una dimensione non riconducibile esclusivamente al
successo universitario L’apprendimento scolastico è innanzitutto un
processo collettivo (come la gran parte dei fatti sociali, che, proprio
per questo, sono sociali). E’ sbagliato pensare agli studenti e alle
loro famiglie come a degli individui isolati, che agiscono in uno spazio
idealizzato senza interazioni reciproche.
Si tratta di un’impostazione al tempo stesso sia idealistica che ideologica,
nel senso deteriore con cui Marx usa questi termini. Adottare al
contrario un’ontologia realistica implica che nelle rappresentazioni dei
fenomeni che stiamo cercando di costruire siano inseriti gli snodi
fondamentali in cui si articolano i fenomeni stessi che stiamo cercando
di indagare. Ovvero, in altri termini, la mera osservazione non basta, è
necessaria anche (non solo) una teoria. Altrimenti si ricade nella
categoria che Marx definiva dei materialisti volgari. Al netto di queste
divagazioni,– che però sono di metodo e di merito – occorre evidenziare
che molti altri elementi sfuggono nella fotografia meccanica di esiti
che sono socialmente ed economicamente determinati; la graduatoria
registra – con qualche oscillazione di anno in anno che non cambia in
alcun modo il senso di questa affermazione – una condizione che
corrisponde al maggiore o minore benessere economico e culturale del
territorio su cui la scuola insiste. Si guardi a questo riguardo – ma è
solo un esempio – la classifica dei licei, sia classici che scientifici,
di Roma: non uno posizionato in una zona che non sia centrale e/o
abitata da borghesia medio/alta. Quello che negli Stati Uniti è chiamato
l’ “effetto Volvo”
(basterebbe constatare il numero di auto di grossa cilindrata che
accompagnano i ragazzi a scuola la mattina per predire i risultati dei
loro test di apprendimento) si riverbera in maniera non sorprendente
anche nelle graduatorie di Eduscopio.
Un
secondo elemento di debolezza è costituito dal fatto che il
posizionamento in graduatoria è in molti casi un elemento che distorce i
termini della realtà. Per fare un esempio, consideriamo i licei
scientifici con sede a Bologna. Nell’edizione 2018 il Galvani si piazza
al primo posto con un punteggio di 83,2 e al secondo posto il
Copernico con 82,06. Va da sé che la differenza è così modesta che
parlare di primo e di secondo posto è un puro artificio retorico, giusto
per il piacere (o il furore) di fare graduatorie. Oppure c’è un
obiettivo non dichiarato? Perché una graduatoria? A cosa serve? A nostro
giudizio - sotto
il profilo strettamente politico - la FGA utilizza il sapere tecnico
come strumento di potere. In molti altri paesi sono state
drammaticamente registrate le conseguenze della scelta di questo
approccio in termini di impoverimento del sistema scolastico, quando non
di chiusura di istituti: un esempio per tutti, l’Inghilterra. Il
sospetto che tale opzione sia volta al raggiungimento dell’obiettivo
ultimo – mai esplicitamente dichiarato, ma sotteso a molti dei processi
che investono da decenni la scuola italiana – di rendere il settore
dell’istruzione pubblica un quasi mercato (nel senso della New
Management Economics). Quanto ciò sia auspicabile ognuno è in grado di
giudicarlo da sé. Si noti, tra parentesi, come le recenti leggi
regionali che prevedono la regionalizzazione del sistema scolastico di
istruzione combinate con l’annunciata (da Salvini) prospettiva
dell’abrogazione del valore legale del titolo di studio andranno a
scovare anche nelle graduatorie di Eduscopio motivazioni coerenti con la
propria vocazione alla rottura del principio di unitarietà del sistema
scolastico nazionale, nonché della valorizzazione delle più sfrenate
istanze dell’autonomia scolastica, per rendere il “prodotto” più
appetibile per la “clientela” più esigente.
Infatti l’obiettivo, per
realizzarsi, necessita che nell’opinione pubblica il settore
dell’istruzione sia percepito come un settore di mercato, ed a questo
servono gli esercizi retorici come Eduscopio,
che si qualifica pertanto come operazione sottilmente ed efficacemente
propagandistica.
Ciò che è maggiormente criticabile, a nostro parere, è
proprio il compiere un’azione politica pretendendo invece che sia
un’operazione neutra,
senza implicazioni valoriali, e che quindi tale azione si giustifichi
di per sé, oggettivamente.
Tale è l’approccio, peraltro, con cui si
portano avanti una serie di politiche soprattutto inerenti l’ambito
della valutazione, come –ad esempio – i test Invalsi. Senza mettere in
chiaro a quale teoria dei valori (perché se si parla di valutazione,
almeno qualche frammento di teoria dei valori ci sembrerebbe necessaria)
si compie un’operazione di inversione tra fini e mezzi, si confonde la
parte con il tutto.
Nella psicologia questa operazione viene chiamata
feticismo, termine utilizzato anche da Marx nel I capitolo, paragrafo VI
del I libro del Capitale con riferimento al carattere della merce nel
mercato capitalistico.
Ancora,
vi sono gli aspetti strettamente tecnici, che sarebbe assai lungo e
invero noioso illustrare in questa sede e su cui ci riserviamo di
intervenire in seguito. A nostro giudizio nelle elaborazioni della
Fondazione Agnelli vi sono molte aporie. D’altra parte ex malo malum:
è poco plausibile che da un’idea cattiva possa derivare una metodologia
buona.
Già due anni fa avevamo invitato il direttore della FGA, Andrea
Gavosto, ad una disputa pubblica. Il dottor Gavosto declinò l’invito,
eravamo sotto Natale, disse. L’invito ovviamente lo ripetiamo adesso.
Marina Boscaino,Giorgio Tassinari (ordinario di Statistica economica, Università di Bologna)
(14 novembre 2018)
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