mercoledì 21 novembre 2018

Bocciati dalla UE. A Matteo Renzi e Paolo Gentiloni 30 miliardi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio a bocca asciutta: perché la bocciatura dell'Ue è un unicum.

I governi di centrosinistra hanno trattato con Bruxelles, Lega e 5 Stelle no. Il metro di giudizio differente di Bruxelles legato a Pil, deficit e debito.

La manovra del governo gialloverde sbatte contro la bocciatura storica della Commissione europea. Mai successo prima né all'Italia né a un altro dei 27 Paesi dell'Ue. Eppure negli ultimi quattro anni - dal 2015 al 2018 - Bruxelles ha concesso ai governi italiani una flessibilità imponente, pari a un totale di 30 miliardi. Lo sa bene la stessa Commissione, che il 9 ottobre scorso, attraverso il portavoce Margaritis Schinas, ha ricordato l'importo per rispondere alle critiche di Matteo Salvini. Cosa è cambiato? La risposta a questo quesito dà il senso dell'unicum che rappresenta la decisione adottata oggi.

Un elemento che ha portato la Commissione europea a cambiare atteggiamento nei confronti dell'Italia è la modalità, strettamente politica, dell'interlocuzione tra Roma e Bruxelles. La configurazione di questa interlocuzione durante i governi Renzi e Gentiloni è stata quella del dialogo continuo, pur non senza contrasti (Renzi propose di fatto anche un deficit/Pil al 2,9% per 5 anni), ma comunque principalmente mosso da una logica volta ad aggiustare la rotta insieme. La flessibilità ottenuta dagli esecutivi di centrosinistra è nata ed è stata coltivata in un ambiente di contrattazione costante, facilitata nelle sue conclusioni da eventi eccezionali come il terremoto e la questione migranti.
Al contrario la modalità scelta da Matteo Salvini e Luigi Di Maio è stata quello dello scontro frontale, di un negoziato che oltre le intenzioni non è mai sfociato in una proposta di mediazione con tanto di numeri e considerazioni. Al contrario, nei passaggi più delicati della gestazione della legge di bilancio, le risposte del governo italiano a Bruxelles sono state caratterizzate da un'impostazione politica netta, quella cioè di andare avanti sempre e comunque. È stato così per il deficit portato al 2,4%, è stato così per la composizione della manovra. Il conto subito, in altre parole, e due sole opzioni date alla Commissione: prendere o lasciare. Luigi Marattin, economista e deputato del Pd, ha seguito da vicino la nascita delle leggi di bilancio renziane e sintetizza così con Huffpost la differenza: "La bocciatura Ue, senza precedenti, è grave perché denota un'assoluta mancanza di rispetto per le regole comuni e, soprattutto, perché dimostra che la barca della finanza è totalmente fuori controllo. E schiantarsi contro gli scogli può essere particolarmente grave per i risparmi degli italiani". I deputati M5s la pensano in modo opposto: "La Commissione dovrà riconoscere i suoi errori di stima, e rassegnarsi alla necessità di una manovra espansiva, tanto più necessaria in seguito al rallentamento dell'economia globale".
La natura differente dell'interlocuzione, a sua volta, si colloca all'interno di una considerazione politica ancora più ampia, quella cioè che vede contrapposti governi filo-europeisti, come appunto quelli di Renzi e Gentiloni, a esecutivi sovranisti, che puntano a stravolgere l'impianto attuale. Oggi l'Europa non è più quella di tre anni fa, cioè Merkel centrica, e Salvini e Di Maio hanno un appuntamento da preparare proprio per portare a termine la loro mission, cioè le elezioni europee della prossima primavera.
Dentro il clima politico differente si collocano i numeri delle manovre italiane e i parametri europei. L'unicum della bocciatura nasce dal cortocircuito che è scaturito da questi due ordini di elementi. È utile guardare appunto ai numeri per comprendere bene come si è arrivati a un trattamento di opposta natura nei confronti dell'Italia. Prendendo come riferimento l'elaborazione del Centro studi di Confindustria su dati dell'Ufficio parlamentare di bilancio, si evince che dal 2015 al 2018 l'Italia ha ottenuto 29,7 miliardi di flessibilità, suddivisi così: circa 4,5 miliardi nel 2015, 14 nel 2016, 6 nel 2017, 5,2 nel 2018. Le risorse che l'Italia ha potuto spendere in più grazie al via libera di Bruxelles sono legate in misura principale a eventi eccezionali come il terremoto e i flussi migratori, ma nel 2016 - l'anno più profittevole per l'Italia - sono rientrate anche le spese per la sicurezza (antiterrorismo), quelle per le riforme strutturali e quelle per gli investimenti.

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