F. Q.
Il cromo esavalente oltre i valori soglia – La magistratura, insomma, vuole vederci chiaro anche sulle analisi ambientali. L’attività ha portato al sequestro di corposa documentazione, tra cui tutti i rapporti di prova e analisi dal novembre 2017 a oggi, legati ai campionamenti effettuati sulle acque di falda sottostanti il cantiere in località San Basilio di Melendugno, dove le indagini del Noe di Lecce e di Arpa Puglia negli scorsi mesi avevano riscontrato il superamento della concentrazione di soglia di contaminazione di diversi metalli pesanti, tra i quali il cromo esavalente, un cancerogeno certo che – stando alle analisi dello scorso luglio svolte da Arpa – era presente con un valore di 2,8 volte superiore ai limiti. All’epoca la multinazionale aveva spiegato che i superamenti degli inquinanti si erano “riscontrati anche prima dell’inizio dei lavori” e confermato che “tutti i materiali utilizzati in cantiere” erano “conformi alle normative vigenti”.
I vertici sotto accusa – Nell’ampia inchiesta della procura di Lecce risultano indagati il country manager Michele Mario Elia, la legale rappresentante Clara Risso e il project manager di Tap per l’Italia, Gabriele Paolo Lanza. Fino a questo momento, le ipotesi dei pm all’interno dell’indagine riguardavano la truffa e le violazioni urbanistiche. Al centro di tutto, la mancata applicazione della Legge Seveso nella costruzione del terminale di ricezione: in pratica, l’opera che trasporterà il gas dall’Azerbajian all’Italia non è stata considerata unica dal punto di approdo all’allaccio con la rete Snam a Mesagne, ma due opere distinte con lo snodo della centrale di Melendugno non considerata uno “stabilimento“. Nonché l’espianto di circa 450 ulivi.
Lo stop al cantiere confermato dal Tar – Adesso si apre un nuovo filone ambientale grazie alle analisi di Arpa Puglia e all’ordinanza di Potì. Tra l’altro, il provvedimento del sindaco è stato confermato giovedì dal Tar del Lazio pronunciatosi sull’impugnazione che il Consorzio Tap aveva prodotto per l’annullamento, previa sospensiva cautelare, dell’ordinanza del primo cittadino. L’azienda – sempre secondo quanto veniva sottolineato nell’ordinanza del sindaco – non avrebbe impermeabializzato l’area di cantiere come previsto nella prescrizione A36 e A55 della Valutazione di impatto ambientale, causando la dispersione in falda delle sostanze pericolose. Fonti vicine all’azienda assicurano la “massima collaborazione alle autorità” da parte di Tap nell’ambito dell’inchiesta e affermano che “continueranno su questa strada nel proseguimento delle indagini nella convinzione che esse non potranno che dimostrare l’assoluta correttezza di quanto Tap fino ad ora ha realizzato”.
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