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Settimanali e quotidiani hanno iniziato una campagna terroristica per
descrivere come e qualmente questo paese sprofonderebbe nel più nero
degli abissi se dovesse uscire dall’euro, unico scudo della nostra
malandata economia.
Si tratta di una delle operazioni più in malafede che si siano mai
viste che si basa su serie di fake news. Ragioniamo cominciando dal
principio. In primo luogo un fatto incontrovertibile: l’euro è un
esperimento fallito, sic et sempliciter. Quando si decise di realizzare
la moneta unica, si indicarono questi obbiettivi: 1. dare un forte
impulso alla convergenza delle economie nazionali dell’Unione
avvicinandole fra loro; 2. fare della moneta la premessa di una rapida
unione politica
del continente; 3. disporre di una moneta fortissima che rappresentasse
una alternativa al dollaro negli scambi internazionali; 4. consentire
ai paesi più indebitati di risparmiare sugli interessi, potendo giovarsi
di una moneta forte e stabile. Ebbene: nessuno dei primi tre obiettivi è
stato minimamente raggiunto, anzi, le economie nazionali sono sempre
più divergenti e nell’Unione politica non crede più nessuno, salvo le giaculatorie di rito che promettono il contrario.
Quanto alla rivalità con il dollaro, ci sarebbe voluta una classe politica
di ben altro coraggio e, di fatto, l’euro è diventato piuttosto un
puntello dell’egemonia della moneta americana. Unica cosa parzialmente
vera, e solo per i primi dieci anni, èstato
l’abbassamento dei tassi sul debito: purtroppo i paesi debitori (Italia
e Grecia in testa) non hanno approfittato della cosa per far scendere
il proprio debito, ma come un incitamento ad aumentare spese e
indebitamento, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. In
compenso i costi sono stati assai maggiori dei rari benefici (come il
risparmio sul cambio monetario intraeuropeo): una decadenza della
capacità decisionale dei governi nazionali con il trasferimento della
sovranità monetaria da una tecnostruttura totalmente sganciata dalle
procedure democratiche, la crescente invadenza della tecnocrazia europea
sensibile alle sollecitazioni della rete lobbistica, l’impoverimento
delle economie più deboli (Italia, Grecia, Spagna e Portogallo) private
della manovra sul cambio, conseguente organizzazione disegualitaria e
gerarchica dell’Unione a dominante tedesca e via di questo passo.
Dunque esperimento fallito da superare, anche se il fondamentalismo
finanziario delle classi dirigenti mondiali impedisce di prendere atto
del fallimento. E questo spiega in buona parte l’insorgenza populista
che sta travolgendo l’Europa.
Dunque pensare al superamento dell’euro è cosa di buon senso. Detto
questo, c’è modo e modo di farlo, e ci sono due problemi. In primo luogo
chiediamoci: superare l’euro per fare cosa? Non è detto che l’unica
alternativa sia il ritorno allo “statu quo ante” delle singole monete
nazionali non coordinate fra loro: potrebbe esserci il ritorno alle
singole monete ma nel quadro di un nuovo Sme debitamente ripensato,
oppure la suddivisione dell’euro in due o tre monete –come proponeva una
decina di anni fa Zingales – per gruppi più omogenei di paesi (gruppo
nordico, gruppo mediterraneo e magari gruppo dell’Est), oppure ancora
forme di doppia circolazione monetaria, magari mantenendo l’euro come
unità di conto di monete locali in rapporto riaggiustato annualmente.
Insomma le soluzioni possono essere diverse, tutte da discutere
valutando i possibili vantaggi e svantaggi.
In secondo luogo si pone il problema di come giungere al nuovo
ordinamento. Sono da escludere colpi di mano unilaterali, che sarebbero
molto pericolosi: questo è il modo migliore di farsi male. Da un ordine
monetario non si esce come da una festa da ballo, salutando tutti ed
uscendo ciascuno per proprio conto. Il sagace ideatore della moneta fece
molto male a non ipotizzare nel trattato istitutivo un possibile
recesso nel caso il loro esperimento non avesse funzionato, ma adesso
sarebbe molto meglio iniziare a discuterne prima che il tetto ci caschi
in testa. Aspettare ancora potrebbe essere altrettanto pericoloso che
decidere in modo unilaterale, perché se si arrivasse al punto di non
ritorno si potrebbe scatenare un “si salvi chi può” che sarebbe la
soluzione peggiore di tutte.
(Aldo Giannuli, “Se usciamo dall’euro: tra realtà e terrorismo informativo”, dal blog di Giannuli del 4 novembre 2018).
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mercoledì 14 novembre 2018
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