E’
quanto stabilito qualche giorno fa dalla Corte dei Conti di Genova
rispetto ad una serie di soggetti che – a vario titolo – furono
responsabili di quanto avvenne in quell’ormai ben nota estate.
Ed
è andata persino bene, ai condannati: la procura aveva chiesto infatti
sette milioni di euro come ristoro per i risarcimenti, ed altri cinque
milioni per danno di immagine.
Tra
i 28 coinvolti nel procedimento c’è Alfonso Sabella, che nei giorni del
G8 era a capo dell’Ispettorato del Dipartimento dell’Amministrazione
Penitenziaria (Dap).
Lo ricordiamo anche come “assessore alla legalità”
del Comune di Roma durante l’ultima fase dell’Amministrazione Marino, ma
negli anni sono diversi gli incarichi anche importanti ricoperti dal
magistrato siciliano.
In
realtà la posizione di Sabella era stata archiviata in precedenza: ma
per i giudici della Corte dei Conti il suo ruolo era tale da doversi
assumere la responsabilità di controllare che non avvenisse quello che
poi è avvenuto.
Identica
motivazione per la condanna del generale Oronzo Doria, anche lui
archiviato ai tempi e riesumato in questo procedimento per la posizione
apicale e per il conseguente “omesso controllo”.
La
notizia, uscita su diversi quotidiani la settimana scorsa, ci ha
portato immediatamente a pensare ad un’altro avvenimento, anche questo
recente: il “botta e risposta” tra il pm Enrico Zucca ed il capo della
Polizia Franco Gabrielli.
Partiamo
dalle dichiarazioni di Zucca, attualmente sostituto procuratore presso
la Corte d’Appello e tra i magistrati che si sono occupati del processo
per i fatti alla scuola Diaz: nel corso di un incontro pubblico sul tema
dei diritti internazionali, il pm – parlando del caso di Giulio Regeni –
scosse la platea con le seguenti affermazioni:
“I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori”. Ed ancora: “L’11
settembre 2001 e il G8 hanno segnato una rottura nella tutela dei
diritti internazionali. Lo sforzo che chiediamo a un paese dittatoriale
è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper far per vicende meno
drammatiche”.
Affermazioni
nette ed abbastanza pesanti, anche se inattaccabili dal punto di vista
della verità dei contenuti: non è certo un mistero che molti dei
protagonisti di quei drammatici giorni abbiamo proseguito la loro
carriera all’interno delle forze di polizia dello Stato o abbiano avuto
incarichi e consulenze anche prestigiose in strutture pubbliche, a
partecipazione pubblica o private. Basta una sommaria ricerca in
internet per trovare informazioni a profusione sul tema.
Comunque
sia, le dichiarazioni di Zucca hanno sollevato il classico vespaio:
indagine da parte del procuratore generale della Cassazione, richiesta
al Csm di aprire una pratica, e sopratutto l’intervento forte ed
indignato del capo della Polizia, Franco Gabrielli, che nel corso di una
commemorazione in Sicilia (in ricordo di Beppe Montana, commissario
della squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia – ndr) è intervenuto
definendo le parole di Zucca “arditi parallelismi ed accuse infamanti”, chiedendo poi rispetto “in nome di chi ha dato il sangue e la vita”.
Questa la cronaca.
Ora,
un po’ di ragionamenti. Proviamo a mettere tutto in fila, e vediamo che
effetto fa: un pm che si è occupato dei processi sugli abusi commessi
al G8, parlando del caso Regeni e delle doverose pressioni che lo Stato
italiano dovrebbe esercitare sull’Egitto per ottenere verità e
giustizia, fa notare come le nostre istituzioni partano da una posizione
debole e ambigua – secondo lui – avendo in qualche modo “premiato”, o
“punito meno del dovuto”, alcuni propri rappresentanti colpevoli di
abusi riconosciuti anche con sentenza definitiva. Arriva poi la
risposta del capo della Polizia, che in modo esplicito parla di “accuse
infamanti”. Infine, dopo circa due settimane, la Corte dei Conti chiede
sei milioni di euro di risarcimento per i danni erariali legati ai
risarcimenti proprio per gli abusi di cui parla Zucca.
Tra
i condannati, un magistrato che negli anni ha ricoperto ruoli
importanti: la sua posizione – parliamo di Sabella – era stata
archiviata, certo, ma il ruolo e la sua responsabilità, per i giudici
contabili, ha comunque un peso.
E
comunque, basta andare a guardare i nomi dei funzionari condannati o
coinvolti, ed i ruoli che hanno poi ricoperto negli anni: parliamo ad
esempio di Gilberto Caldarozzi, condannato a tre anni ed otto mesi per falso
(ovviamente per il G8 di Genova) e nominato dirigente apicale della
Direzione Investigativa Antimafia. Oppure, sempre citando i più recenti
casi, possiamo parlare di Pietro Troiani, il poliziotto che portò le
molotov all’interno della Diaz, da poco nominato dirigente del Coa, il
Centro Operativo Autostrade del Lazio.
Entrambe,
tecnicamente, due “non promozioni”: sia Caldarozzi che Troiani hanno
conservato il grado, ma è evidente il prestigio e la apicalità dei nuovi
ruoli.
Insomma,
tutti i torti – il pm Zucca – non li ha proprio: uscendo dal sottile
tecnicismo – promozioni che non sono promozioni, e via dicendo –
effettivamente potrebbe apparire un po’ arrogante pretendere trasparenza
dagli altri (partendo dall’ovvio presupposto che la verità sul caso di
Giulio Regeni è indispensabile), mentre allo stesso tempo
continuiamo a non fare i conti sul serio con l’oscura pagina di Genova.
Cosa che, tra l’altro, aveva detto lo stesso Gabrielli in una intervista
uscita con clamore la scorsa estate, in cui – tra le altre cose –
affermò che l’allora capo della Polizia, Gianni De Gennaro, “avrebbe dovuto dimettersi”. Invece divenne presidente di Finmeccanica.
Tecnicamente, è chiaro, non si trattava di una promozione…
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