Quel cretino del Pil. Si dà un sacco di arie, si crede un oracolo e
invece non è nessuno. Essendo solo una roba “loro”. Una roba in mano
“loro”. E quando si dice “loro”, si sa quello che si dice. “Loro” sono
quelli che hanno in mano tutto. Quello che si chiama, in una parola, il
potere.
Maria R. Calderoni
Già uno si deve dare da fare per scoprire che significano quelle tre
letterine messe in fila -la prima maiuscola – e arrivare a sapere che
PIl vuol dire Prodotto interno lordo. E a questo punto, gli cascano le
braccia: che è? Che sarà mai? Che vorrà dire?
Presi per il Pil non è una frase buttata lì, bensì il titolo di un
libro. Appunto “Presi per il Pil. Tutta la verità sul numero più potente
del mondo” (edizioni L’Asino d’oro, pag.193, € 20) è il libro che
Lorenzo Fioramonti ha scritto per farci sapere un po’ di quello che c’è
sotto il cosiddetto Pil.
Non proprio una love story, ma, ormai, una lunga story. Venuto alla
luce addirittura nel 1652, non ha nobili natali. Infatti trae origine
dalla richiesta di Sua Maestà britannica a un giovane medico, William
Petty, di condurre in Irlanda, dopo l’invasione, una sistematica
rilevazione della ricchezza del paese. Con il semplice scopo <di
conoscere quale e quanta terra poteva sottrarre alla popolazione,
trasformandola in una fonte di entrate per finanziare appunto le forze
di occupazione britanniche, lì in Irlanda permanenti.
Secondo l’acuto Petty, la sicura contabilità sia del valore
immobiliare che della forza lavoro, era utilissima al fine di rendere
ambedue soggette alla tassazione centrale. Insomma, un sistema di
contabilità più avanzato che avrebbe assicurato al sovrano <un
monitoraggio sistematico delle tasse da riscuotere>; infischiandosene
se in tal modo il governo guadagnava e la gente comune vi perdeva.
Quello che importava era la statistica. Per la quale le differenze non
contano, dal momento che <la media unifica tutto>. Per la quale si
può <estrapolare il valore della gente in termini esclusivamente
monetari>. Sì, l’inventore del Pil credeva veramente che si potesse
dare un valore monetario agli esseri umani. Sì, <affidandosi
all’apparente neutralità dei numeri, Petty prova a nascondere il fatto
che le sue teorie stessero influenzando profondamente il modo in cui il
governo vedeva la popolazione: come strumenti e merci e non come esseri
umani>.
Petty <l’inventore del concetto di “capitale umano”: l’equivalente
economico del valore della vita di ogni persona. Uno strumento
formidabile nelle mani del governo, che poteva così avvalersi della
contabilità costi-benefici: per esempio in caso di epidemia, era meglio
salvare la gente o era meglio investire in altri settori?>.
Altro che sforzo genuino di conoscenza imparziale, l’invenzione di
Petty <non fu altro che un modo per sostenere gli interessi della
classe dominante e fu infatti adottato come strumento di dominio>.
Pil bugiardo e complice. Proprio come è strutturata la sua
contabilità, sappiatelo, un aumento di ricchezza tra gli strati più
abbienti, <poteva facilmente oscurare una perdita di potere
d’acquisto tra i più poveri. Infatti, dal momento che il Pil non è altro
che una media di reddito e produzione, quindi un paese in cui i ricchi
diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, può facilmente
vantare alti livelli di crescita>. In realtà <il Pil sembra, in
molti casi, una sorta di “lavatrice” statistica, che nasconde le
disuguaglianze crescenti e altri effetti negativi>. E non a caso si
intitola “Crescita iniqua” il rapporto Ocse 2008 che ha reso noto la
strepitosa crescita della disuguaglianza sociale nei “crescenti” anni
Ottanta…
Se quindi, come in questi giorni, il lieto governo lietamente ci
comunica che in Italia il Pil è cresciuto, ma la salute economica di
tutti noi non ne ha percepito la benché minima acca, sappiamo perché.
Presi per il c…
No no, scusate, volevo dire presi per il Pil.
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