giovedì 19 aprile 2018

Basta un click.

Lei, nella sua stanzetta da bambina dalle cui mensole occhieggiano le Barbie e le Bratz dai corpi sensuali, scarica sul Whatsapp del suo fidanzatino i selfie del suo nudo dalle forme acerbe, scialacquando la sua intimità con la leggerezza di chi gioca a un gioco nuovo, guardami quanto sono bella e sexy e trasgressiva, guarda che sono già una donna, guarda che so fare, basta un click.

 
Marida Lombardo Pijola Giornalista e scrittrice

Lui, con quel mento dai peli solitari -accidenti alla barba che non cresce mai- finalmente si sente un maschio vero, uno che a lui le donne gliela danno, o almeno gliela mostrano, ed eccole trasformate in funzioni del suo sguardo, eccole possedute come trofei a servizio del suo prestigio e del suo testosterone in tempesta puberale, basta un click.
Quasi bambini, 13 anni, anche di meno, 12, o 11... quasi bambini pazzi di quel gioco che si chiama sexting, pronti a giocarlo senza conoscerne il senso, le incognite, gli effetti, senza che nessuno abbia mai spiegato loro il significato vero della parola dalla quale quel gioco deriva, il sesso, la sessualità, lo scambio di emozioni e sentimenti, non solo di corpi dati via come pezzi di carne nella macelleria dell'incoscienza e del consumo.
E poi può accadere ciò che è accaduto in una scuola media di Milano, lei non poteva prevederlo perché della vita non sa quasi niente, lui, per le stesse ragioni, non poteva coglierne la ferocia, il carico di dolore che avrebbe provocato, la gravità.
Può accadere che lui diffonda tra i compagni di scuola le foto di quella bimba che si è travestita da pornostar come ci si traveste a carnevale; può accadere che lui esibisca quel nudo puerile all'intera comunità di cui entrambi fanno parte, e che la mostri, tronfio, come in altri tempi avrebbe mostrato la figurina rara di una collezione Panini, guardate che cosa ho beccato, guardate chi sono e cosa riesco a fare, basta un click.

Lei non sapeva che un corpo non puoi sfilartelo di dosso come una t-shirt e poi cederlo ad altri, il rischio è di lasciarlo andare alla deriva in un pianeta di sguardi avidi, irriverenti, derisori, un luogo affollatissimo dove da quel momento quel corpo non ti apparterrà più, e sarai prigioniera di quel luogo, e avrai perduto per sempre la tua immagine, e una parte di te stessa che si chiama dignità, e senza immagine, e senza dignità adesso come fai. Lei non sapeva perché nessuno l'aveva avvertita.
E lui non sapeva che di questo genere di espropri si muore di dolore, e a volte si muore proprio, più d'una si è tolta la vita, meglio morte che ostaggi per sempre degli sguardi altrui, meglio morte che tormentate dalla vergogna e dall'umiliazione. Lui non sapeva perché nessuno glielo aveva spiegato.
Perché chi non sapeva, chi non sa, sono soprattutto gli adulti che in questo gioco sempre più feroce e più ordinario rimangono sullo sfondo, figure inerti, figure secondarie, comprimari. Gli adulti ancora inconsapevoli delle regole dei giochi nei quali già da molti anni sono ingaggiati i propri figli, i propri alunni.
Gli adulti ancora incapaci di raggiungere i loro cervelli e i loro cuori con l'elogio del rispetto, del pudore, della gioia di diventare donne intere, capaci di tenersi stretta ogni parte del valore straordinario delle donne, uomini veri, capaci di tenersi alla larga dalla miseria dell'attività di predatori di corpi femminili.
Gli adulti ancora sembrano ignorare che migliaia di cuccioli di uomo e di donna sono smarriti in una giungla. E che molto prima di diventare donne e uomini, se non si è stati avvertiti, protetti, informati, formati, ci si può far male, ci si può perdere, e si può perdere il futuro, e ci si possono infliggere ferite molto difficili da rimarginare. Riguarda noi. Riguarda i nostri figli. Basta un click.

Nessun commento:

Posta un commento