venerdì 27 aprile 2018

La politica dell’uguaglianza. La sinistra riparta da qui.

Pubblichiamo la prefazione da “Il Manifesto per l’Uguaglianza” (Laterza, 2018), il nuovo libro del filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, focalizzato sull’esplosione delle disuguaglianze. Un fenomeno non solo in contrasto con tutte le Costituzioni e le carte internazionali dei diritti, ma che mette in pericolo anche democrazia, pace e sviluppo economico. Ecco perché il progetto dell'uguaglianza deve essere la base per una rifondazione della politica.




micromega Luigi Ferrajoli

Il principio di uguaglianza è il principio politico dal quale, direttamente o indirettamente, sono derivabili tutti gli altri principi e valori politici. Esso equivale all’uguale valore associato a tutte le differenze di identità e al disvalore associato alle disuguaglianze nelle condizioni materiali di vita; si identifica con l’universalismo dei diritti fondamentali, siano essi politici o civili o di libertà o sociali; è il principio costitutivo delle forme e, insieme, della sostanza della democrazia; forma la base della dignità delle persone solo perché “persone”; è la principale garanzia del multiculturalismo e della laicità del diritto e delle istituzioni pubbliche; rappresenta il fondamento e la condizione della pace; è alla base della sovranità popolare; è perfino un fattore indispensabile di uno sviluppo economico equilibrato ed ecologicamente sostenibile; forma infine il presupposto della solidarietà ed è perciò il termine di mediazione tra le tre classiche parole della rivoluzione francese.

Inversamente, le vistose disuguaglianze prodotte, anche nei paesi di economia avanzata, dalle politiche che in questi anni hanno smantellato lo Stato sociale, ed esplose, a livello planetario, per effetto di una globalizzazione dell’economia e della finanza senza una sfera pubblica alla sua altezza, sono all’origine di tutti i problemi che stanno oggi minacciando le nostre democrazie e la stessa convivenza pacifica: dalla fame e la miseria di masse sterminate di esseri umani alle migrazioni di milioni di persone che fuggono dalle guerre e dalla povertà, dalla disoccupazione crescente allo sfruttamento globale del lavoro, dal crollo della rappresentanza e della partecipazione politica alle minacce all’ambiente e agli altri beni comuni, dagli spazi aperti alla criminalità e al terrorismo fino alla stessa stagnazione dell’economia.

Questa crescita delle discriminazioni e delle disuguaglianze è dovuta al crollo della politica, che in questi anni ha abdicato al suo ruolo di tutela degli interessi generali e di governo dell’economia e si è assoggettata alle leggi del mercato. Per questo il progetto dell’uguaglianza, e perciò della promozione dell’interesse di tutti, può oggi diventare la base di una rifondazione della politica, sia dall’alto che dal basso. Dall’alto, come programma riformatore, in attuazione delle promesse costituzionali, attraverso l’introduzione di limiti e vincoli non soltanto ai poteri pubblici dello Stato ma anche ai poteri privati del mercato, a garanzia sia dei diritti di libertà che dei diritti sociali. Dal basso, come motore della mobilitazione e della partecipazione politica, essendo l’uguaglianza nei diritti fondamentali, individuali e al tempo stesso universali, un fattore di ricomposizione unitaria e solidale dei processi di disgregazione sociale prodotti in questi anni dal dominio incontrastato dei mercati.

Sotto entrambi gli aspetti, il principio di uguaglianza si configura perciò non soltanto come un valore politico fine a se stesso e come la principale fonte di legittimazione democratica delle istituzioni pubbliche, ma anche come un principio di ragione, in grado di informare una politica alternativa alle irrazionali politiche attuali e di far fronte alle sfide globali dalle quali dipende il nostro futuro. Di solito, nel dibattito politico, il superamento delle discriminazioni e delle eccessive disuguaglianze viene screditato come una nobile utopia irrealizzabile.

Occorre invece distinguere tra ciò che è improbabile, a causa della mancanza di volontà politica, e ciò che è impossibile: per non legittimare ciò che accade come privo di alternative e per non deresponsabilizzare la politica in ordine al suo operato o alla sua latitanza. Soprattutto, occorre riconoscere che è l’accettazione passiva delle enormi e crescenti disuguaglianze, dello sfruttamento del lavoro e delle spaventose condizioni di vita nelle quali vivono e muoiono miliardi di persone che corrisponde a un’utopia regressiva: all’idea che in una società globale sempre più fragile e interdipendente queste tremende disuguaglianze, in contraddizione stridente con tutti i valori dell’Occidente – l’uguaglianza, la dignità della persona e i diritti umani –, possano continuare a crescere senza diventare esplosive; all’illusione che le masse di immigrati che premono alle nostre frontiere possano essere respinte con le leggi e con i muri; alla pretesa che la governabilità del mondo possa continuare a lungo ad essere affidata a quei sovrani assoluti, invisibili, irresponsabili e selvaggi, nei quali si sono trasformati i cosiddetti mercati, senza che si vada incontro a un futuro di catastrofi sociali, di guerre, di violenze e di terrorismi.

Nulla è più irrealistico, in breve, dell’idea che la realtà possa rimanere come è, e che la corsa del mondo verso lo sviluppo insostenibile possa a lungo continuare senza concludersi nell’autodistruzione. Naturalmente le promesse dell’uguaglianza nei diritti umani formulate nelle tante carte costituzionali e internazionali che affollano i nostri ordinamenti non saranno mai interamente e perfettamente mantenute. Ma è nell’interesse di tutti che i diritti di libertà e i diritti sociali, nella cui titolarità ed effettività consiste l’uguaglianza, non si riducano a una lustra ideologica; che le differenze di religione, di nazionalità, di cultura e di opinioni politiche convivano grazie alla garanzia dei diritti di libertà di tutti; che si ponga fine, attraverso la garanzia dei diritti sociali, alle terribili condizioni di miseria, di sfruttamento e di illibertà nelle quali si trovano miliardi di esseri umani.

È nell’interesse di tutti – perfino, nei tempi lunghi, dei più ricchi e dei più potenti – che la politica ponga un freno, con un’equa redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta, alla sua iniqua distribuzione capitalistica e alla sua appropriazione da parte di pochi e di sempre più pochi. Per questo è una necessità di ragione, oltre che un dovere morale e un obbligo giuridico, che la politica prenda finalmente sul serio il principio di uguaglianza: colmando, a livello non solo statale ma anche internazionale, quella gigantesca lacuna di garanzie e di istituzioni di garanzia dei diritti fondamentali dalla cui effettività dipende il futuro della pace, della democrazia e della generale sicurezza.

(24 aprile 2018)

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