Salvatore Cannavò Mutualismo. Ritorno al futuro per la sinistra (Alegre)
Nella chiacchiera infinita, compulsiva, inconcludente che affoga la
politica e noi tutti, fa da sottofondo il piagnisteo, quanto mai vuoto e
insopportabile, sulla fine della sinistra. In effetti, questo dicono i risultati del 4 marzo che nella somma tra Pd (sinistra?), Liberi e Uguali, Potere al Popolo
e frammenti vari (a malapena il 23%) ci mostra un triste rigagnolo in
mezzo alle secche là dove soltanto dieci anni fa scorreva ancora
impetuosa l’acqua della passione e dell’impegno. Poi però scopriamo
l’esistenza di una sinistra sommersa che come un fiume carsico agisce in
profondità, invisibile agli sguardi superficiali. Non la troveremo nei
talk show perché non di parole inutili è composta ma di vita reale. Se
non ci credete nel libro di Cannavò, giornalista e manager del Fatto,
già parlamentare della sinistra (che parte dalle ragioni storiche che
hanno portato alla fine del movimento operaio) troverete la lista
“virtuosa” di cooperative e aziende nate o recuperate sui principi e
valori della mutualità.
Una costellazione del “fare insieme”, dell’“agire in comune” composta da operai, agricoltori, manager. Collettività di lavoro che non si piangono addosso, che si danno da fare e che hanno riscoperto “la stessa capacità d’inventiva e innovazione di cui diedero prova gli operai e gli intellettuali della seconda metà dell’Ottocento”. Solo qualche esempio. Rimaflow, la fabbrica recuperata di Trezzano sul Naviglio – alle porte di Milano – avviata nel 2013, diventata una nuova cittadella operaia che ha puntato tutto su riuso e riciclo (carta e plastica, computer e cellulari, più un liquorificio sociale che produce il “Rimoncello” e l’“Amaro Partigiano”, tanto per essere chiari). San Rosarno (distretto delle arance). Sfrutta Zero (raccolta e distribuzione del pomodoro). Mondeggi bene comune (uliveti). Ex Asilo Filangeri (arte, cultura, spettacolo). E così via. Una miriade di esperienze che si muovono secondo un programma che rivendica un salario minimo legale, un reddito di base, il diritto a un nuovo welfare comune, autogovernato e modellato sui nuovi bisogni sociali. Fondamentali, naturalmente, “il carattere multietnico e multiculturale e il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro femminile”. Cercate la sinistra scomparsa? È qui.
Una costellazione del “fare insieme”, dell’“agire in comune” composta da operai, agricoltori, manager. Collettività di lavoro che non si piangono addosso, che si danno da fare e che hanno riscoperto “la stessa capacità d’inventiva e innovazione di cui diedero prova gli operai e gli intellettuali della seconda metà dell’Ottocento”. Solo qualche esempio. Rimaflow, la fabbrica recuperata di Trezzano sul Naviglio – alle porte di Milano – avviata nel 2013, diventata una nuova cittadella operaia che ha puntato tutto su riuso e riciclo (carta e plastica, computer e cellulari, più un liquorificio sociale che produce il “Rimoncello” e l’“Amaro Partigiano”, tanto per essere chiari). San Rosarno (distretto delle arance). Sfrutta Zero (raccolta e distribuzione del pomodoro). Mondeggi bene comune (uliveti). Ex Asilo Filangeri (arte, cultura, spettacolo). E così via. Una miriade di esperienze che si muovono secondo un programma che rivendica un salario minimo legale, un reddito di base, il diritto a un nuovo welfare comune, autogovernato e modellato sui nuovi bisogni sociali. Fondamentali, naturalmente, “il carattere multietnico e multiculturale e il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro femminile”. Cercate la sinistra scomparsa? È qui.
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