La lenta inesorabile mutazione del sindacalismo complice italiano.
Prima hanno offerto la loro complicità nell’opera di distruzione sistematica del Sistema Previdenziale Pubblico (leggi: Pensioni) in cambio degli enti bilaterali con cui co-gestire insieme ai padroni quei fondi pensione” chiusi” da rimpinguare con i TFR dei lavoratori da gettare in pasto alle speculazioni in borsa delle holding finanziarie.
Poi hanno fatto da docile sponda allo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale(Leggi: Sanità) ed hanno inserito nei contratti i fondi sanitari integrativi ovviamente anche questi in co-gestione con i padroni.
Ora, tra una firma a perdere e l’altra, sono usciti allo scoperto e dopo aver definitivamente archiviata la funziona di difesa collettiva e generale dei diritti dei lavoratori, si stanno dedicando “anema e core” alla medesima attività che svolge proficuamente, da tre anni circa, il loro nume tutelare, guida spirituale, guru, idolo e modello irraggiungibile: Raffaele Bonanni, una pensione d’oro da 336.000 euro annui ed una splendida carriera da broker assicurativo.
Certo, arrivare ad eguagliare le performances di Bonanni sarà molto difficile anche per i suoi epigoni più talentuosi. Tuttavia, male che vada, per i più bravi a far danni, c’è sempre un posto pronto da deputato o senatore della Repubblica, ovvero, il meritato premio del sindacalista che ha dato il suo prezioso apporto al raggiungimento dei due grandi obiettivi storici del padronato italiano: i salari più bassi d’Europa ai lavoratori deprivati ormai dei più elementari diritti e la consegna del welfare ai gruppi finanziari privati.
E i sindacati a questo punto a cosa servono più?
Ma certo, a mandare in giro “delegati” per appioppare polizze assicurative ai lavoratori, a percentuale. Dopo aver distrutto il più grande movimento dei lavoratori d’occidente, ora se ne contendono le spoglie per tirar su qualche quattrino nelle ore di permesso sindacale o di assemblea in cui vi presenteranno le “offerte più vantaggiose” del mercato assicurativo.
E se vi capitasse di parlare di sindacati italiani con un qualsiasi lavoratore di un qualsiasi paese europeo, state attenti: vi rideranno in faccia.
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