Dopo mesi di passione, le banche
e le loro crisi sono sparite dall’agenda politica del Paese, assorbita
com’è dalle consultazioni e dal nodo della formazione di una maggioranza
di governo, ma le ferite restano tutte aperte e l’assemblea del Monte dei Paschi in corso a Siena contribuisce a spargervi sale. Salvata con i soldi pubblici e controllata dal Tesoro con una quota di poco inferiore al 70%,
la banca senese è l’esempio vivente dei danni che hanno prodotto al
Paese, al risparmio e al tessuto produttivo i rapporti incestuosi
banche-politica.
Costretti a rispondere alle domande dei piccoli
azionisti, ma trincerandosi dietro la legge sulla privacy per non fare i nomi, i dirigenti dell’istituto ammettono a denti stretti che il gruppo Mps “vanta crediti nei confronti di 13 partiti politici per complessivi 10 milioni di euro, di cui 9,7 milioni non performing”.
Dei 13 partiti inadempienti
sarebbe interessante avere qualche dettaglio in più, visto che non sono
comuni debitori, ma a tutti gli effetti – anche pratici, non avendo
onorato i loro debiti – corresponsabili del dissesto
della banca. Quali tra questi 13 partiti sono attualmente rappresentati
in Parlamento? Quante sigle fanno capo storicamente alla vasta galassia
del Pd e delle forze politiche che hanno contribuito a fondarlo? Quali garanzie sono state date a Mps in cambio dei finanziamenti ottenuti? Il primo interessato a conoscere la risposta a queste domande dovrebbe essere proprio lo Stato,
che è arrivato a controllare la banca per averla salvata con i soldi
dei contribuenti italiani, i quali – peraltro – avrebbero diritto a
conoscere non solo quali partiti sono stati finanziati da Mps, ma anche
il lungo elenco delle personalità pubbliche e dei loro congiunti che
hanno ricevuto soldi da Mps per una cifra superiore di quasi 7 volte a quella dei partiti.
Sempre rispondendo alla domanda
dell’azionista, l’istituto senese conferma di vantare crediti per
complessivi 67 milioni, di cui 61 non performing, nei confronti di “persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche
come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone
intrattengono notoriamente stretti legami”. In sostanza, tutti costoro
hanno approfittato della loro posizione per ottenere prestiti dalla
banca che per oltre il 91% dell’importo non sono stati
restituiti. Il presupposto per recuperare credibilità è la trasparenza,
ma la scelta dell’azionista di maggioranza – il Tesoro (cioè lo Stato) –
e delle figure apicali dell’istituto – va nel senso esattamente
opposto. E questo non vale solo per Mps, ma anche per ciò che resta in
mano pubblica delle due banche venete, i cui crediti non performing sono
stati appena trasferiti alla società pubblica Sga
senza rendere nemmeno noto il prezzo del trasferimento, per non parlare
delle elenco dei debitori. Del resto, già la scelta di puntare su un
personaggio come Marco Morelli – sanzionato dalla Banca
d’Italia proprio per le vicende della passata gestione di Mps – la dice
lunga su come i passati governi e il ministro Pier Carlo Padoan abbiano deciso di gestire la crisi bancaria.
Nel corso dell’assemblea del
Monte, Morelli ha sostenuto che nei primi mesi del 2018 cia sia “una
ripresa degli impieghi vivi lordi, che è il primo segnale importante che
la banca si è rimessa in cammino”, ma la realtà è molto più complessa
di come la descrive l’amministratore delegato, che infatti è stato poi
costretto a precisare che quello che aspetta la banca senese “è un
percorso lungo, duro e difficile, con diverse incognite”. Tra queste
ultime anche le modalità con cui verrà effettivamente realizzata la maxi cessione
di crediti deteriorati che – secondo quanto detto dallo stesso Morelli –
potrebbe chiudersi entro maggio, cioè con un anticipo di un mese
“rispetto alla scadenza prevista”. Sul punto non è stato fornito alcun
ragguaglio, ma le indiscrezioni parlano di un prezzo di cessione
inferiore a quello inizialmente annunciato, cosa che – se confermata –
avrà un ulteriore impatto negativo sui già traballanti conti del gruppo.
Ma questo si vedrà il 10 maggio, quando verranno
finalmente diffusi i dati del primo trimestre 2018. Per intanto, tra una
consultazione al Quirinale e l’altra, si gradirebbe un chiarimento
pubblico in merito alla questione dei finanziamenti ai partiti e a
esponenti politici da parte di Siena e una pronta diffusione degli
elenchi dei debitori.
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