Da
qualche anno ne incontro tanti, nei cortei sindacali e non solo. Sono
gli operai della ” logistica”. Per “logistica” si intende una serie
di specifiche attività di supporto, generalmente legate
all’organizzazione dei magazzini e dei trasporti dentro un processo più
vasto per mezzo del quale pianificare, attuare e controllare il flusso
delle merci dal luogo di origine al luogo di consumo in tempi rapidi,
in modo efficiente ed al minor costo possibile.
Con
l’avvento della globalizzazione la ” logistica” ha assunto
un’importanza preponderante nel ciclo di valorizzazione del capitale. E
così in questo settore si è fatto ricorso ad una manodopera estremamente
flessibile, disposta a lavorare a qualsiasi ora, a ritmi massacranti e
quanto più possibile ricattabile. E’ la nuova ” classe operaia” che,
negli ultimi tempi, ha aperto un nuovo, interessante e proficuo ciclo di
lotte.
”Oggi,
con la delocalizzazione e la terziarizzazione della produzione, assume
ancora maggiore importanza. Una volta c’era la grande fabbrica, che oggi
non c’è quasi più, che produceva tutti i pezzi dell’oggetto fino alla
sua creazione finale. Oggi praticamente per costruire un oggetto ci sono
decine e decine di aziende dell’indotto, ognuna fa le sue parti e
quindi hanno bisogno praticamente di un trasporto logistico per
ricomporre, a livello materiale, tutti i pezzi dentro un unico luogo. Lo
studio della logistica iniziò con le guerre, dopo di che si è
sviluppata a livello di industria, a livello di distribuzione dei beni
per le popolazioni.
Oggi
in Italia stiamo parlando di un milione e centomila addetti alla
logistica. La presenza dei migranti non supera il 20%, pure se negli
ultimi tempi qualcuno è stato indotto a pensare che la maggioranza siano
migranti. Non è vero. Solo il 20%, e tra l’altro concentrati per il 19%
al centro nord; al sud, invece, in certe zone, la presenza dei migranti
nella logistica è pari a zero. Ovviamente la presenza dei migranti
negli ultimi anni ha rappresentato un punto determinante contro lo
sfruttamento e contro la schiavitù, contro la distruzione dei diritti di
chi opera in quel settore”. [1]
Ma
perché vi parlo di questo? Semplice, ieri due operai della logistica
nordafricani sono venuti a portarmi dei mobili in una casa in cui sto
per trasferirmi. C’erano 35° e mi hanno aspettato stoicamente sotto un
sole cocente. Gli ho chiesto scusa per l’attesa e mi hanno sorriso quasi
stupiti aggiungendo: “nessun problema, davvero”
Abbiamo
cominciato a caricare su per le scale i pezzi ed alcuni erano davvero
pesanti. Si, “abbiamo”, perché, nonostante avessi mio figlio Davide da
gestire (che infatti è ruzzolato per le scale!), quando vedo lavorare
qualcuno, per tradizione, non sto mai a a guardare ma cerco sempre di
darmi da fare, in un modo o nell’altro.
Ad
un certo punto ho chiesto di portare insieme ad uno dei due un pezzo
che mi sembrava davvero troppo per una persona sola. Amed (nel trambusto
credo di aver capito si chiamasse così) mi ha risposto con un secco
“no”. Ho insistito, ma non ha voluto saperne e così se l’è messo sulle
spalle ed è andato su. A lavoro finito gli ho fatto (pure!) la predica e
rivolgendomi soprattutto ad Amed ho detto: ” attento, se esageri con i pesi prima o poi arriverà un’ernia o qualche altro problema alla schiena.”
Amed mi ha risposto: ”Dobbiamo
fare presto perché abbiamo altre consegne da fare. Nessuno ci chiede
mai di aiutarci e se poi ti fossi fatto male io sarei stato licenziato
subito. Lo so che rischiamo con i pesi ma non abbiamo scelta.” Poi dopo avermi chiesto quanti anni aveva Davide (che intanto ci ascoltava incuriosito) ha aggiunto ”Mia figlia ha quattro anni e mezzo. Lo faccio per lei.”
Ecco,
sta tutta qui la formula della moderna schiavitù: un ricatto infame che
si fonda su una legislazione che rende i lavoratori stranieri schiavi e
che fa il paio con una campagna apertamente razzista che ora si è fatta
anche “istituzionale” ad opera del ministro dell’interno e che mira a
classificare – nell’immaginario collettivo come nella realtà fattuale –
questi esseri umani come inferiori ed antropologicamente inclini a
delinquere.
Il “dumping sociale”
lo fanno i padroni con la complicità organica dei governi sulle loro
spalle come su quelle dei lavoratori italiani. Chi vuole mettere gli uni
contro gli altri, fa esattamente il loro gioco.
[1 ]”Nel cuore della logistica“, intervista di Radio Città Aperta del 20 aprile 2017 a Ryad Zaghdane, sindacalista USB
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