domenica 29 luglio 2018

"Sanità alla canna del gas e tra emergenze senza fine, mentre la depressione diventa una malattia di massa che colpisce le classi meno abbienti".


Il Domenicale di Controlacrisi, a cura di Federico Giusti.
 

controlacrisi.org
Il fondo sanità sta prendendo corpo, il suo ammontare dovrebbe essere in toto pari 112,6 miliardi di euro, un incremento dello 0,83 % rispetto al 2017 quando il Fondo sanitario nazionale riparti' 111,7 miliardi.
Ma questi soldi sono sufficienti a fronteggiare l'emergenza sanitaria nel paese?
Forse dovremmo prima analizzare le cifre che portano a 112,6 miliardi di euro, se lo facessimo scopriremmo che sul sistema sanitario viene scaricata la lotta alle ludopatie senza finanziamenti aggiuntivi, solo 150 milioni destinati a stabilizzazioni e assunzioni, numeri al di sotto delle reali necessità.
Per chi avesse voglia di approfondire l'argomento rinviamo a una circolare Ministeriale (clicca qui)
Non è facile del resto ricostruire nel dettaglio cifre e spese, forse il punto di partenza dovrebbe essere altro, non il rispetto dei vincoli di spesa e delle politiche di austerità, dovremmo partire dai bisogni reali per costruire un piano sanitario capace di affrontare e risolvere i problemi sempre piu' gravi. Prima gli italiani? Non sembra proprio, sono decine di migliaia i senza cura, quanti attendono mesi prima di una cura o di una tac.
Stanno arrivando le prime stabilizzazioni del personale precario in sanità ma il loro numero è cosi' esiguo da sembrare una goccia nel mare. Veniamo da anni di gravi carenze organiche e i servizi sanitari complessivamente erogati al cittadino in continua diminuzione. La situazione si farà drammatica nel'arco di pochi anni, la Fornero ha ritardato l'età della pensione per migliaia di lavoratrici e lavoratori, la forza lavoro italiana è la piu' vecchia d'Europa nella Pubblica amministrazione, passati alcuni anni è arrivata per tanti l'età pensionabile e da qui a 5 anni avremo il 30% degli organici in meno. Come si pensa di fronteggiare questa reale emergenza? Le soluzioni esisterebbero,Governo e Ministra Buongiorno dubitiamo siano in possesso di coraggio e determinazione per operare scelte dirimenti e necessarie come la cancellazione di ogni blocco al turn over, le assunzioni in 12 mesi di tutti i precari aprendo le porte ad un decreto per nuove stabilizzazioni, sospensione dei tetti di spesa almeno per un triennio, riscrittura delle norme contrattuali che limitano il salario accessorio.
Urgente sarebbe quello rimuovere la normativa che limita la spesa assunzionale fino al 2020 ad un rapporto invalicabile pari all’1,4% rispetto alla spesa del 2004. Se sistema sanitario è in condizioni precarie (a dir poco), se la popolazione invecchia e necessita di assistenza, come sarà possibile imporre una regola di bilancio rigida e decisa dai fautori dell'austerità senza prima vagliarne le conseguenze sociali?
Tra pochi mesi scadrà il contratto appena siglato che poi è arrivato dopo ben 9 anni di blocco, eppure in quasi dieci anni di assenza contrattuale niente è stato fatto per incrementare realmente iul potere di acquisto rivendendo al contempo gli ordinamenti professionali, il sistema di classificazione e di accesso alle varie professioni. Sarà per questo motivo che iniziamo a esportare infermieri e Oss nel nord Europa salvo poi affidarsi a cooperative o interinali dove sottopagata ritroviamo la forza lavoro italiana e non. ecco uno dei paradossi del sistema sanitario tra poli di eccellenza, professori superpagati da una parte e ospedali al collasso e miserie contrattuali a macchia di leopardo lungo la penisola.
E nel frattempo alcune malattie che credevamo debellate sono tornate a manifestarsi (e la colpa non è tanto dei migranti ma della carenza di cure e prevenzione del sistema sanitario), la prevenzione è sempre meno diffusa, i tempi di attesa per una tac o una risonanza troppo lunghi specie quando servono a individuare una malattia intervenendo tempestivamente con adeguate cure.
Nel frattempo gli italiani e i migranti che vivono nel nostro paese smentiscono i luoghi comuni del paese allegro e si scoprono sempre piu' depressi come spiega il report Istat (clicca qui per leggere)
Ci viene in mente la risposta di Basaglia agli indiani metropolitani che pensavano ai pazzi come categoria rivoluzionaria, la risposta del professore fu molto chiara: rivoluzione è parola seria con la quale non giocare, a distanza di anni i disturbi psiciatrici sono sempre piu' diffusi e poco si fa per scoprirne cause, origini, dai dati in nostro possesso si capisce che ad essere colpite sono soprattutto le classi sociali meno abbienti
La depressione è il frutto di disagi e instabilità sociale\economico, resta il disturbo mentale più diffuso nel nostro paese con un numero imprecisato che supera comunque 2,8 milioni, oltre il doppio di quanti erano stati censiti meno solo 5 anni anni fa.
Quasi il 6% della popolazione con età superiore ai 15 anni subisce i danni della depressione che colpisce soprattutto chi ha bassa scolarizzazione, i disoccupati di lungo corso, gli anziani esclusi dal contesto sociale. I giovani italiani sono meno depressi dei loro coetanei europei ma tra loro cresce il consumo di sostanze tra le quali è rispuntata l'eroina.
La dipendenza è solo una delle cause, non la causa, della depressione il cui aumento è connesso alle problematiche sociali ed economiche, all'assenza di lavoro, di reddito, di inserimento e valorizzazione dell'individuo nel contesto sociale, alle inefficienze del sistema sanitario e scolastico (a forza di tagliare fondi ..)
Depressione e ansia colpiscono poi i luoghi di lavoro e sono causa di numerosi giorni di assenza, frutto della esasperata competizione ormai diffusa nel settore privato e in quello pubblico, il malessere organizzativo è sempre piu' tangibile e con esso aumentano i problemi psichiatrici molti dei quali non sono certificati come tali per paura, pudore e spesso anche per incomprensione di quanti ne sono colpiti. Un paese sempre piu' depresso economicamente e culturalmente non poteva che alimentare la spirale del consumo di psicofarmaci o cadere in sindromi depressive alimentate dalla miseria e dalla devastazione sociale provocata dall'austerità

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