Ma il preside gelò gli entusiasmi: “Questi 74 alunni – sentenziò con l’ultima legge dello Stato alla mano – devono essere divisi per 25; formeremo tre classi, due da 25 alunni e una da 24 alunni”.
L’anno scolastico trascorse faticosamente e tumultuosamente, nonostante numerose e ripetute sospensioni degli alunni più indisciplinati deliberate dai consigli di classe delle tre scolaresche numerose. A giugno la falce delle bocciature recise ben 14 carriere scolastiche, con grande meraviglia degli ispettori del ministero dell’Istruzione che visitarono quella scuola, afflitta da cotante bocciature “preludio ad un altissimo tasso di dispersione scolastica“. Ma l’ispezione mise in luce “programmazioni” tecnicamente perfette, supportate da cooperative learning, role-play, circle time, etc.
I verbali dei consigli di classe riferivano di interventi personalizzati in orario curricolare nei confronti degli studenti in difficoltà, di corsi di recupero (pur condizionati dalla cronica mancanza di fondi) di ben otto ore totali per 18 allievi e di infruttuosi tentativi di dialogo con le famiglie degli alunni più problematici (peraltro seguiti dagli educatori dei servizi sociali del Comune per 90 minuti la settimana ciascuno).
Quell’anno il ministero dell’Istruzione incrementò dello 0,3% i fondi contro la dispersione scolastica mentre il Comune rimodulò a ben 60 minuti settimanali il supporto degli educatori dei servizi sociali alle famiglie degli alunni a rischio bocciatura e abbandono scolastico.
Due bocciature più tardi, otto di quei 14 alunni, colpiti da insuccesso scolastico, abbandonarono la scuola, per poi iscriversi a corsi di devianza e microcriminalità premiati con soggiorni obbligatori a spese dello Stato. Lo stesso Stato che, alcuni anni prima, aveva iniziato a risparmiare il 25% dei fondi per la formazione delle classi.
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