Ed eccoli i numeri diffusi dagli ingegneri del ministero delle Infrastrutture dopo i sopralluoghi nelle aree colpite. Secondo i risultati dei controlli effettuati, un totale di 1.218 edifici è stato dichiarato abusivo, ovvero il 48,93% di quelli andati in fumo. Un numero che si sposa con quello relativo agli acri considerati non a norma, ovvero 100mila nel triangolo Maratona-Mati-Pentelis.
Sì, il triangolo che da sempre è considerato il buen retiro della borghesia ateniese, che di inverno si riversa sul monte Parnassos e già da primavera inoltrata punta su Mati e sulla marina di Maratona.
Solo oggi il ministro delle Infrastrutture, Christos Spirtzis, che assieme a quello dell’interno Panos Skourletis rischia la poltrona, ha annunciato controlli a tappeto sulle licenze edilizie.
Secondo l’ex direttore nazionale degli ispettori ambientali, Margharita Karavassili, il piano urbanistico generale fu completato nel 1992 in un’area in cui l’80% era di carattere forestale, il che significa che secondo la legislazione non poteva essere inglobata nel piano edilizio ma vi hanno costruito ugualmente. Una di queste era l’area di Mati, al confine con il comune di Rafina. Pare che le possibili vie di fuga, ovvero stradine per l’accesso all’area marittima, siano state “tombate” con modifiche a ville e condomini esclusivi, come giardini, parcheggi sotterranei, piscine.
Il team di ricerca di Geologia del Dipartimento dell’università di Atene guidato dal professor Efthymis Lekka dopo una prima analisi dei dati raccolti ha detto ai media che una delle cause scatenanti di un così elevato numero di vittime è stato il particolare disegno urbano dell’insediamento di Mati, che ha agito come una “trappola” per la popolazione. Ovvero strade strette, numerosi vicoli ciechi, pezzi ampi di condomini e ville allungati e allargati senza un piano regolatore, quindi senza possibilità di vie di fuga laterali.
Il docente di architettura Konstantinos Moraitis lo ha ammesso candidamente ad una radio ellenica: “In molte parti del Paese, come l’area di Mati, abbiamo costruito in aree boscose, ci siamo spesso spostati in modo arbitrario, molte volte abbiamo lavorato senza un progetto specifico che non è stato quindi sospeso o migliorato. Non c’è il potenziale per sopravvivere a una condizione di crisi che potrebbe non essere un incendio o un terremoto”.
Chissà se anche la casa del celebre regista Theo Angelopoulos era in regola. È stata devastata dalle fiamme, con le parole di sconforto pronunciate dinanzi alle tv elleniche dalla vedova Phoebe. In fumo anche tutto l’archivio del maestro, così come tutti in Grecia lo chiamano anche adesso che non c’è più. “È stato bruciato tutto – ha raccontato – anche la sua corrispondenza con personaggi famosi, tutti i libri degli scrittori che gli avevano dedicato. Mia figlia Katerina ha afferrato solo una scatola con qualche documento della nostra compagnia”.
Risale al 1993 la conclusione unanime di una commissione parlamentare che affrontava il tema degli incendi boschivi firmata da deputati bipartisan Dionisi Behrakis, (conservatore di Nea Dimokratia), Moschos Gikogoglou (socialista del Pasok) e Antonis Skyllas (comunista del KKE). Richiamavano ministero degli Interni ed enti locali al rinnovamento del catasto doganale, al censimento fotografico aereo delle foreste, alla creazione di un unico organismo responsabile e di supporto per attrezzature e servizi, alla formazione dei dirigenti, all’elaborazione di piani emergenziali a livello nazionale, regionale e locale. Nulla è stato fatto da allora.
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