L’estate
è arrivata e anche quest’anno i giornali riempiranno pagine sugli
eventi da seguire, sagre, concerti, luoghi da visitare, dati sui flussi
turistici, celebrità in visita a Capri o in altre località per vip, e
consigli per evitare il traffico nei giorni da bollino rosso.
Meno,
invece, nelle cronache della stagione estiva, è trattato il tema delle
condizioni di lavoro di quanti operano nel settore turistico; parliamo
di chi serve i cocktail, porta i lettini per il sole, ripulisce le
spiagge e le camere dei turisti, prepara i buffet, anima e intrattiene i
clienti di resort e lidi con musica, balli e spettacoli.
In
sintesi, il turismo, nei discorsi ufficiali, è presentato come un
settore in crescita che genera il 13 % del Pil, crea occupazione (12%),
fa girare centinaia di miliardi, e su cui è opportuno investire 1.
In
realtà se non ci si limita alle analisi quantitative e si prova a dar
voce a quanti lavorano come bagnini, cameriere/i, cuoche/i, animatori,
si capisce come i profitti e le fortune dell’industria turistica vengono
realizzati grazie ad alti tassi di sfruttamento intensivo dei
dipendenti, al lavoro in nero e sottopagato, al lavoro di cura delle
donne, a quello degli immigrati e dei giovani in alternanza
scuola-lavoro.
Riportiamo qui alcune delle testimonianze di chi lavora nelle stagioni estive del Mezzogiorno d’Italia.
Una
giovane donna, ad esempio, raccontava che anche quest’anno avrebbe
lavorato per 450euro come animatrice in un villaggio turistico a 4
stelle nella zona della sibaritite in Calabria, per 12 ore di lavoro al
giorno pur avendo un contratto part time di 4 ore giornaliere. Quello
delle retribuzioni da fame è un argomento scomodo, tanto che il
management del resort, che ospita oltre 2000 persone a settimana, ha
chiesto espressamente ai dipendenti di non parlarne con i clienti; che,
dal canto loro, invece pagano, cifre non proprio leggere: un paio di
miglia di euro per una famiglia di 4 persone nella settimane di agosto.
Un’altra
donna immigrata, spiegava come fosse molto diffuso il lavoro nero e
come venivano aggirati i rari controlli dell’ispettorato del lavoro-
ritrovandosi a scappare dalla porta sul retro della cucina insieme con
altri lavoratori o confondendosi con i clienti sedute ai tavolini del
bar fingendo di essere in attesa di una consumazione. Accanto ai
dipendenti assunti con contratti più o meno regolari, quindi, lavorano
quelli in nero e gli stessi voucher sono stati un ottimo strumento per
facilitare gli abusi padronali.
L’altro
tema che spesso emerge dalle testimonianze è quello dell’uso
strumentale nei mesi estivi dell’alternanza scuola-lavoro. Nell’albergo
in cui lavoravo- spiega un giovane animatore- mi sono ritrovato con
molti studenti o studentesse che lavoravano a luglio e agosto, ed era
gente che o non pagano per niente o sottopagati, eppure lavoravano per
dieci ore e più’’.
Vi
è poi la questione della resistenza fisica e dell’uso di bevande
stimolati per reggere i ritmi ed ancora quello della drastica perdita di
peso per quelli che lavorano nel settore. ‘’ Più che una stagione
estiva è un massacro, spiegava una donna che ha lavorato in Puglia
l’anno scorso in un resort di lusso per 1200 euro mensiili. Dalla sua
esperienza emerge inoltre come questa clientela d’élite fatta di
professionisti, industriali, possidenti di vario genere che sfoggiavano
auto di lusso, fosse abituata a dettare ordini e a usare toni
pesantemente offensivi nei riguardi dei dipendenti e di come i manager
li istruissero a sopportare e gestire questo tipo di relazioni verbali
violente.
Nel
tentativo di spiegare quanto fosse maleducata questa clientela, dice:’’
C’era un noto imprenditore di una nota impresa italiana che produce
pasta che veniva lì e si leccava le dita…cioè io servo e non solo mi
dici “dammi quello”, “vai a chiamare questo”, “vai a chiamare quello”,
“fammi venire il direttore”, mette le mani nel cibo e io un giorno stavo
sclerando e ho detto “scusi può evitare di mettere le dita?” e lui: “Eh
vabbè ma ho soltanto preso una chela”. “Ho capito ma se poi si lecca le
dita”… stava iniziando a reagire anche lui con tutta la scostumatezza e
allora ho detto: “Va bene, la serve un attimo il mio collega, io mi
devo assentare un attimo”. Poi ho sbottato tante volte con i ragazzini
perché mi rispondevano con un tono. C’era uno spazio adibito con delle
capanne piccoline, poi un prato bellissimo e i ragazzi dicevano che
questo posto era prettamente di vecchi e quindi lì n on c’era niente da
fare, per cui l’unico spasso che avevano erano bere, fumare insomma
quello che fanno i ragazzi e lasciavano lo sporco più totale. Con tanto
di differenziata e di cassonetti della differenziata, ogni giorno mi
avvicinavo e gli dicevo “ragazzi mi raccomando lasciate pulito” e loro
“ma tanto questo è il lavoro che devi fare tu”. Io ho detto “sì, lo so,
però ci sono i cassonetti noi poi a fine serata, a fine servizio vediamo
di raccogliere la spazzatura”. E lì: “Eh adesso chiamo mio padre, ti
faccio vedere che se non la smetti tu calabrese di merda…ti faccio
vedere chi sono io”.
Nel
raccontare cosa significa ‘’fare una stagione estiva’’ molti
evidenziano la perdita significativa di peso corporeo, lo stress,
l’abuso di caffè e di bibite energetiche per reggere i ritmi di lavoro,
la mancanza di pause di recupero quotidiane e settimanali, i difficili
rapporti con i datori di lavoro, i mancati pagamenti, le sottrazioni
arbitrarie di salario in busta paga, il demansionamento fino agli abusi
verbali e sessuali.
Un
barman professionista spiega come ‘’ Anche noi barman, molte volte, per
reggere i ritmi, ad esempio, dalle 8 del mattino alle 2 di notte,
qualche volta mi dovevo fare un cicchettino di rum o di tequila perché
altrimenti c’erano volte in cui veramente che le palpebre da sole ti
dicevamo chiuditi che hai sonno e basta. Purtroppo sì, purtroppo sì,
perché non c’è la possibilità di riposo, i ritmi sono alti, e molte
volte devi mantenere degli standard alti dipende pure dalla struttura, e
poi, purtroppo c’è la proprietà che vuole determinati risultati non
dandoti gli attrezzi giusti per ottenerli e quello è un problema.
Succede molte volte ci sono ragazzi che s’intossicano di redbull e poi
cosa succede, che all’inizio sì vanno come saette e poi ad un certo
punto è come se il motore della moto o dell’auto ci metti l’alcol
all’inizio parte però poi quando si ferma, scoppia. Per esempio, un mio
collega, si è bevuto un sacco di redbull e integratori e poi, ad un
certo punto, un giorno, è svenuto durante il servizio, lo abbiamo dovuto
portare in ospedale che poi è rimasto una settimana in ricoverato,
aveva bevuto tante di quelle redola e tanti di quegli integratori che il
corpo è andato in sfacelo, purtroppo è così… Succede perché devi essere
capace di mantenere determinati ritmi, e molte volte non ci riesci,
perché comunque anche se sei giovane la mole di lavoro è pesante, gli
orari sono assurdi’’.
Anche
alla luce di queste testimonianze si evince come fino a quando si parla
genericamente di occupazione, così come si fa anche nel Piano
strategico per il Turismo 2017-20222
– dove il termine occupazione compare 22 volte e solo in 2 si accenna
vagamente al miglioramento delle condizioni di lavoro- tutto sembra
andare per il verso giusto: più turismo equivale a più benessere per
tutti, ma non appena si prova a mettere a fuoco il problema della
qualità del lavoro attraverso le analisi di tipo qualitativo-
intervistando chi lavora nelle stagioni turistiche, restituendo voce a
chi vive accomodando camere, preparando pasti, animando vacanzieri in
spiaggia- emerge uno spaccato del mondo del lavoro, fortemente
segmentato, in cui precarietà, flessibilità, riduzione dei salari,
estensione degli orari di lavoro, sono molto diffusi ed in aumento con
la crisi.
Accanto
a questo, le vaghe promesse di miglioramento della qualità del lavoro
sembrano fare a pugni con le innovazioni introdotte dal Jobs Act e dalla
Naspi che riduce l’indennità di disoccupazione amplificando i problemi
di sopravvivenza per chi lavora in un settore caratterizzato dalla
stagionalità. Non a caso sul diritto all’indennità di disoccupazione è
nato, uno tra i coordinamenti più interessanti, oltre a quello della
Riviera romagnola contro il lavoro sfruttato3,
sulla scena delle rivendicazioni emerse dal silente settore turistico:
coordinamenti dal basso che hanno fatto della rete e di facebook il
principale strumento di comunicazione- diverse migliaia gli iscritti al
gruppo ‘lavoratori stagionali’4–
per animare una campagna che è poi approdata a giornate di sciopero e
manifestazioni a Roma e in luoghi simbolo del turismo, come la costiera
amalfitana.
La distruzione dei luoghi turistici
Ed
ancora, ai margini del discorso, sebbene si faccia un gran parlare di
sostenibilità, la questione di come città storiche e luoghi di rara
bellezza come Venezia o Pompei, ad esempio, possano sopravvivere ad un
flusso annuo di milioni di turisti, viene solo apparentemente
affrontata, con interventi tampone più o meno creativi – vedi i
tornelli- per poi lasciarla cadere tra i problemi senza soluzione o
quasi; perché sostenibilità e crescita dei profitti fanno a pugni e
spesso la tanto reclamizzata valorizzazione diventa disprezzo dello
stesso patrimonio che si pretende di salvaguardare; o addirittura assume
i caratteri distruttivi: vedi il caso della colata di cemento, a
copertura di reperti archeologici, davanti al sagrato del santuario di
Capo Colonna in Calabria5
o anche, più banalmente, nel caso della turistizzazione selvaggia della
costa calabrese, ma lo stesso vale per buona parte del Mezzogiorno
d’Italia, tra villette a schiera, alberghi e palazzi a pochi passi dalla
spiaggia segnati ormai dall’incuria e dalla salsedine; ecomostri di
varia fattura, dal turismo fai da te ai villaggi turistici delle
multinazionali; alla casetta, a uno o due piani, costruita in economia e
mai finita. Si compie così la parabola di un modello di sviluppo
predatorio, tanto per gli operatori quanto per i luoghi, che inizia ad
essere contrastato dalle iniziative di autoorganizzazione dei lavoratori
e dei comitati a salvaguardia dei territori.
Sembra
di poter concludere che la narrazione dello sviluppo del turismo come
settore salvavita dell’economia nazionale andrebbe meglio riscritta
dicendo che si tratta di un settore ancora in fase di accumulazione
originaria, con una struttura a rete, fortemente finanziarizzato6,
con un impatto massivo sui luoghi e con condizioni di lavoro
all’insegna della precarietà e dello sfruttamento nonostante i profitti 7.
Capita
così che, guardando dal finestrino del treno che porta verso Reggio
Calabria, o dall’alto di uno dei tanti paesini Calabresi o cilentani
della vicina Campania, quello che è successo sotto, verso il mare, lo
sviluppo turistico meridionale, al di là della retorica, appare come
l’ennesima depredazione, una nuova forma di colonialismo, anche se
apparentemente dal volto sorridente.
*Docente dell’Università di Calabria
Note:
1 Dati
XXI Rapporto sul turismo italiano 2016-2017, elaborato dall’istituto di
ricerca su innovazioni e servizi per lo sviluppo del Consiglio
nazionale delle ricerche del Turismo di Milano:
https://www.iriss.cnr.it/wp-content/uploads/2018/02/Estratto_XXI-Rapporto-sul-Turismo-Italiano.pdf
Alfonso Morvillo, curatore del
rapporto, in un’intervista rilasciata al Sole 24ore fornisce anche dati
comparati sulla crescita rispetto ad altri settori: “Adottando
un’accezione allargata di turismo vediamo che pesa oltre il 12% del Pil,
aumentato rispetto all’anno scorso, vale tre volte l’agroalimentare e 4
il tessile abbigliamento in termini di valore aggiunto, è un settore
strategico su cui assolutamente puntare” tratto da
http://stream24.ilsole24ore.com/video/impresa-e-territori/turismo-italia-valore-aggiunto-1036-miliardi-e-46percento-arrivi/AEyQkB0D.
2
L’elaborazione del Piano Strategico per il Turismo (PST) ha visto la
Direzione Generale Turismo Del MIBact – Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali e del Turismo
3. vedi video you tube Riviera, l’estate dei nuovi schiavi: “Noi, sfruttati e con paghe da fame” https://www.youtube.com/watch?v=nTuh3Ut-0g0&t=133s
3. vedi video you tube Riviera, l’estate dei nuovi schiavi: “Noi, sfruttati e con paghe da fame” https://www.youtube.com/watch?v=nTuh3Ut-0g0&t=133s
https://www.youtube.com/watch?v=7ECwFQASwO0&index=4&list=PL68016CEA806B2DB9
6 Un articolo, nella sezione Affari e Finanza di Repubblica il 26/02/2018 si legge:‘’
Secondo le rilevazioni effettuate da Jll H&H Group in esclusiva per
Affari & Finanza, lo scorso anno in Italia sono state realizzate
compravendite in questo segmento immobiliare per un totale di 1 miliardo
e 100 milioni di euro, appena poco sotto il miliardo e 142 milioni del
2016, ma molto al di sopra degli 892 milioni del 2015. Un trend in
crescita, trainato dagli investitori istituzionali. I tassi bassi e la
ricerca di nuovi asset su cui riversare risorse da mettere a reddito
hanno contribuito a convogliare verso il settore alberghiero di lusso i
fondi sovrani, i fondi pensione, le assicurazioni, tutti i gestori che
investono in un’ottica di lungo periodo. E dietro di loro si sono mossi i
private banker e i wealth manager. La a caccia agli asset prestigiosi
ha interessato anche l’Italia, paese che da solo ha catalizzato il 5%
dei deal realizzati in Europa. E il 24% delle compravendite realizzate
tra il 2007 e il 2017 nel nostro paese si deve agli hnwi, che ormai
vengono subito dopo gli investitori istituzionali. Poi ci sono gli
operatori privati del settore alberghiero che hanno coperto il 13% delle
operazioni, seguiti da società private, che coprono l’11% delle
operazioni’’. Tratto dahttp://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2018/02/26/news/hotel_di_lusso_ma_non_solo_nei_grandi_patrimoni_entrano_ospedali_e_studentati-189771034/
https://www.fool.com/investing/2017/05/19/3-top-hotel-stocks-to-buy-in-2017.aspx
7
Per capire la portata del giro d’affari del settore, rimandiamo alle
valutazioni di Brand Finance sui maggiori 50 gruppi alberghieri a
livello mondiale. Tra i migliori 50 marchi, stando alla classifica di
Brand Finance, i primi cinque grandi gruppi dell’industria alberghiera
comprendono: Hilton, Marriott, Hyatt, Holiday Inn, Countyard.
In base a questa
valutazione, il marchio Hilton, ad esempio, primo in classifica,
quest’anno ha avuto una tripla A con segno meno, il valore stimato era,
infatti, di 7.800 milioni di dollari nel 2016, in crescita nel 2017 con
8.370 ed in calo del 24% nel 2018, anno in cui il valore del gruppo è
dato a 6.330milioni di dollari. Il business del turismo è anche uno dei
profittevoli mercati di riciclo di proventi illeciti, aspetto questo da
non sottovalutare.
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