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lunedì 30 aprile 2018
Politiche Attive del Lavoro? Garanzia Giovani, il risultato di 4 anni di programma rivolto ai Neet: in Italia solo il 17,5% degli iscritti ha trovato lavoro.
PD? Quale? Maurizio Martina esasperato da Matteo Renzi dopo il niet ai 5 Stelle: "Impossibile guidare il Pd in queste condizioni".
Il reggente non prende bene il niet di Renzi a Di Maio che rende inutile la Direzione di giovedì: "Impossibile guidare il partito in queste condizioni".
"In queste ore - ha aggiunto Martina -
stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza.
Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il
mio punto di vista alla Direzione Nazionale di giovedì che
evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni
della sua convocazione".
Classe Operaia. Ilva, sciopero nell’acciaieria di Taranto: produzione ferma. “Assenza totale di manutenzione, garantire la sicurezza”.
Si dice PIL.
Quel cretino del Pil. Si dà un sacco di arie, si crede un oracolo e
invece non è nessuno. Essendo solo una roba “loro”. Una roba in mano
“loro”. E quando si dice “loro”, si sa quello che si dice. “Loro” sono
quelli che hanno in mano tutto. Quello che si chiama, in una parola, il
potere.
Maria R. Calderoni
Già uno si deve dare da fare per scoprire che significano quelle tre letterine messe in fila -la prima maiuscola – e arrivare a sapere che PIl vuol dire Prodotto interno lordo. E a questo punto, gli cascano le braccia: che è? Che sarà mai? Che vorrà dire?
Presi per il Pil non è una frase buttata lì, bensì il titolo di un libro. Appunto “Presi per il Pil. Tutta la verità sul numero più potente del mondo” (edizioni L’Asino d’oro, pag.193, € 20) è il libro che Lorenzo Fioramonti ha scritto per farci sapere un po’ di quello che c’è sotto il cosiddetto Pil.
Non proprio una love story, ma, ormai, una lunga story. Venuto alla luce addirittura nel 1652, non ha nobili natali. Infatti trae origine dalla richiesta di Sua Maestà britannica a un giovane medico, William Petty, di condurre in Irlanda, dopo l’invasione, una sistematica rilevazione della ricchezza del paese. Con il semplice scopo <di conoscere quale e quanta terra poteva sottrarre alla popolazione, trasformandola in una fonte di entrate per finanziare appunto le forze di occupazione britanniche, lì in Irlanda permanenti.
Secondo l’acuto Petty, la sicura contabilità sia del valore immobiliare che della forza lavoro, era utilissima al fine di rendere ambedue soggette alla tassazione centrale. Insomma, un sistema di contabilità più avanzato che avrebbe assicurato al sovrano <un monitoraggio sistematico delle tasse da riscuotere>; infischiandosene se in tal modo il governo guadagnava e la gente comune vi perdeva. Quello che importava era la statistica. Per la quale le differenze non contano, dal momento che <la media unifica tutto>. Per la quale si può <estrapolare il valore della gente in termini esclusivamente monetari>. Sì, l’inventore del Pil credeva veramente che si potesse dare un valore monetario agli esseri umani. Sì, <affidandosi all’apparente neutralità dei numeri, Petty prova a nascondere il fatto che le sue teorie stessero influenzando profondamente il modo in cui il governo vedeva la popolazione: come strumenti e merci e non come esseri umani>.
Petty <l’inventore del concetto di “capitale umano”: l’equivalente economico del valore della vita di ogni persona. Uno strumento formidabile nelle mani del governo, che poteva così avvalersi della contabilità costi-benefici: per esempio in caso di epidemia, era meglio salvare la gente o era meglio investire in altri settori?>.
Altro che sforzo genuino di conoscenza imparziale, l’invenzione di Petty <non fu altro che un modo per sostenere gli interessi della classe dominante e fu infatti adottato come strumento di dominio>.
Pil bugiardo e complice. Proprio come è strutturata la sua contabilità, sappiatelo, un aumento di ricchezza tra gli strati più abbienti, <poteva facilmente oscurare una perdita di potere d’acquisto tra i più poveri. Infatti, dal momento che il Pil non è altro che una media di reddito e produzione, quindi un paese in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, può facilmente vantare alti livelli di crescita>. In realtà <il Pil sembra, in molti casi, una sorta di “lavatrice” statistica, che nasconde le disuguaglianze crescenti e altri effetti negativi>. E non a caso si intitola “Crescita iniqua” il rapporto Ocse 2008 che ha reso noto la strepitosa crescita della disuguaglianza sociale nei “crescenti” anni Ottanta…
Se quindi, come in questi giorni, il lieto governo lietamente ci comunica che in Italia il Pil è cresciuto, ma la salute economica di tutti noi non ne ha percepito la benché minima acca, sappiamo perché.
Presi per il c…
No no, scusate, volevo dire presi per il Pil.
Maria R. Calderoni
Già uno si deve dare da fare per scoprire che significano quelle tre letterine messe in fila -la prima maiuscola – e arrivare a sapere che PIl vuol dire Prodotto interno lordo. E a questo punto, gli cascano le braccia: che è? Che sarà mai? Che vorrà dire?
Presi per il Pil non è una frase buttata lì, bensì il titolo di un libro. Appunto “Presi per il Pil. Tutta la verità sul numero più potente del mondo” (edizioni L’Asino d’oro, pag.193, € 20) è il libro che Lorenzo Fioramonti ha scritto per farci sapere un po’ di quello che c’è sotto il cosiddetto Pil.
Non proprio una love story, ma, ormai, una lunga story. Venuto alla luce addirittura nel 1652, non ha nobili natali. Infatti trae origine dalla richiesta di Sua Maestà britannica a un giovane medico, William Petty, di condurre in Irlanda, dopo l’invasione, una sistematica rilevazione della ricchezza del paese. Con il semplice scopo <di conoscere quale e quanta terra poteva sottrarre alla popolazione, trasformandola in una fonte di entrate per finanziare appunto le forze di occupazione britanniche, lì in Irlanda permanenti.
Secondo l’acuto Petty, la sicura contabilità sia del valore immobiliare che della forza lavoro, era utilissima al fine di rendere ambedue soggette alla tassazione centrale. Insomma, un sistema di contabilità più avanzato che avrebbe assicurato al sovrano <un monitoraggio sistematico delle tasse da riscuotere>; infischiandosene se in tal modo il governo guadagnava e la gente comune vi perdeva. Quello che importava era la statistica. Per la quale le differenze non contano, dal momento che <la media unifica tutto>. Per la quale si può <estrapolare il valore della gente in termini esclusivamente monetari>. Sì, l’inventore del Pil credeva veramente che si potesse dare un valore monetario agli esseri umani. Sì, <affidandosi all’apparente neutralità dei numeri, Petty prova a nascondere il fatto che le sue teorie stessero influenzando profondamente il modo in cui il governo vedeva la popolazione: come strumenti e merci e non come esseri umani>.
Petty <l’inventore del concetto di “capitale umano”: l’equivalente economico del valore della vita di ogni persona. Uno strumento formidabile nelle mani del governo, che poteva così avvalersi della contabilità costi-benefici: per esempio in caso di epidemia, era meglio salvare la gente o era meglio investire in altri settori?>.
Altro che sforzo genuino di conoscenza imparziale, l’invenzione di Petty <non fu altro che un modo per sostenere gli interessi della classe dominante e fu infatti adottato come strumento di dominio>.
Pil bugiardo e complice. Proprio come è strutturata la sua contabilità, sappiatelo, un aumento di ricchezza tra gli strati più abbienti, <poteva facilmente oscurare una perdita di potere d’acquisto tra i più poveri. Infatti, dal momento che il Pil non è altro che una media di reddito e produzione, quindi un paese in cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, può facilmente vantare alti livelli di crescita>. In realtà <il Pil sembra, in molti casi, una sorta di “lavatrice” statistica, che nasconde le disuguaglianze crescenti e altri effetti negativi>. E non a caso si intitola “Crescita iniqua” il rapporto Ocse 2008 che ha reso noto la strepitosa crescita della disuguaglianza sociale nei “crescenti” anni Ottanta…
Se quindi, come in questi giorni, il lieto governo lietamente ci comunica che in Italia il Pil è cresciuto, ma la salute economica di tutti noi non ne ha percepito la benché minima acca, sappiamo perché.
Presi per il c…
No no, scusate, volevo dire presi per il Pil.
Gli incalcolabili danni dell’economia mainstream.
I modelli economici ed econometrici utilizzati per
programmare e valutare le politiche economiche da governi e banche
centrali derivano dall’adozione di un paradigma teorico fallace e
obsoleto. Ma che continua a produrre enormi danni sulla vita di noi
tutti.
L’economia è una scienza sociale che consente di quantificare e valutare empiricamente numerose variabili che attengono alla sua analisi – variabili micro, meso e macroeconomiche. La valutazione dei fenomeni economici e delle loro determinanti è legata alla teoria economica sottostante e al modo di intendere il sistema economico in termini socialmente e storicamente determinati.
Criticare e ripensare il paradigma economico dominante e le teorie che ne derivano, pertanto, non è solo uno sterile esercizio tra accademici e addetti ai lavori, ma è un elemento imprescindibile di discussione riguardo alle politiche economiche che condizionano materialmente il contesto economico e sociale in cui noi tutti viviamo.
Le politiche economiche messe in campo da governi e banche centrali sono sì il frutto di valutazioni rispetto all’andamento di variabili economiche chiave – quali ad esempio il PIL, la disoccupazione o il debito pubblico –, ma il segno di tali politiche è diretta conseguenza del paradigma teorico sottostante ai modelli economici (ed econometrici) utilizzati dalle istituzioni in questione.
Macron l’americano.
Grande frastuono mediatico in Francia per la visita di
Emmanuel Macron al presidente degli Stati Uniti: in questo momento,
mentre scrivo, sta concludendosi con un discorso in inglese al
congresso. Si sono sprecati gli abbracci, i baci e altre carinerie.
Tutti e due, il Donald e l’Emmanuel, avevano bisogno di una immagine rinfrescata; ma il bilancio politico del presidente francese appare modesto. Soprattutto sono emersi i dissensi a proposito del Medio Oriente e in particolare dell’Iran: Macron era molto più mite di quanto non sia stato il suo ospite americano, che ha addirittura alzato la voce contro i fatali persiani. “Abbiamo riempito il Medio Oriente con miliardi di dollari, senza averne nulla in cambio: adesso la musica cambia!” Macron ha cercato di rimediare la violenza di Trump, proponendo un rinnovo del contratto a suo tempo firmato da Obama, ma Trump non ha ceduto: la scadenza del vecchio contratto è il 12 del mese prossimo. In quel giorno, Trump farà sapere il suo parere.
Neanche sul problema dei dazi su acciaio e alluminio esportati dalla Francia si è lasciato commuovere, ma questo è secondario rispetto alle ambizioni di Macron di svolgere un ruolo internazionale come rappresentante degli stati europei. Effettivamente, è più lui ad aver bisogno dell’amico americano che il reciproco: Trump ha l’aria di stare benissimo anche da solo, mentre Macron si trova in una difficile situazione nel proprio paese.
Ilva, così non va! Assemblee e mobilitazioni per respingere la proposta di Mittal .
La giornata odierna è stata
caratterizzata da una prima riunione tra la delegazione sindacale e il
viceministro allo Sviluppo Economico Teresa Bellanova che ha ascoltato
le richieste fatte dal sindacato.
usb.it
FIM, FIOM, UILM e USB, nonostante le distanze
emerse sulla parte economica relativamente al PDR, hanno proseguito la
trattativa sindacale sui livelli occupazionali.
La delegazione sindacale ha pertanto evidenziato, sia al Governo che ad Am InvestCO, la necessità di salvaguardare gli attuali livelli occupazionali di Ilva in termini di lavoratori sociali e dell'indotto.
Il confronto ha di fatto messo a nudo la
volontà di Am InvestCO di non volersi smuovere da quanto previsto dal
contratto di aggiudicazione del 5 giugno. Mittal ha pertanto confermato
la proposta occupazionale iniziale, ovvero al di sotto dei 10 mila
lavoratori impiegati fino all'attuazione del piano industriale per
tornare successivamente alla casella iniziale di 8480.
"Primo Maggio, per il lavoro contro il lavoro".
In
principio del ragionamento che s’intende sostenere con questo
intervento ecco un breve riassunto del discorso marxiano sul lavoro:
“Marx coglie da una parte il lavoro come “essenza dell’uomo”, come ricambio organico “uomo – natura”, mezzo per la realizzazione dei bisogni dell’uomo e perciò dimensione universale del rapporto stesso tra uomo e natura.
“Marx coglie da una parte il lavoro come “essenza dell’uomo”, come ricambio organico “uomo – natura”, mezzo per la realizzazione dei bisogni dell’uomo e perciò dimensione universale del rapporto stesso tra uomo e natura.
Dall’altra parte individua nel lavoro salariato, la forma storica e
determinata del lavoro produttivo nella realtà dei rapporti di
produzione capitalistici, il vero centro, perno della produzione
all’interno di questi rapporti.
Superando la teoria del valore degli economisti classici, Marx afferma che alla radice della determinazione del valore c’è non una quantità fisica – in termini di orario – di lavoro, ma una quantità storica e sociale di valore, che la concretezza del doppio carattere della merce (attraverso il mercato) – valore d’uso e valore di scambio – e del lavoro che vi mette capo manifesta, ma allo stesso tempo nasconde e mistifica (in quanto i valori quantitativi non rispondono).
Lavori produttivi (e all’opposto improduttivi), nei rapporti sociali di produzione capitalistici, sono quelli che mettono capo non alla produzione di merci, fisicamente riscontrabili, ma alla formazione di valore e plusvalore.
Non è il lavoro concreto, che realizza il valore d’uso della merce, a determinare il lavoro produttivo, bensì la determinazione formale, puramente quantitativa: il lavoro astratto.
Superando la teoria del valore degli economisti classici, Marx afferma che alla radice della determinazione del valore c’è non una quantità fisica – in termini di orario – di lavoro, ma una quantità storica e sociale di valore, che la concretezza del doppio carattere della merce (attraverso il mercato) – valore d’uso e valore di scambio – e del lavoro che vi mette capo manifesta, ma allo stesso tempo nasconde e mistifica (in quanto i valori quantitativi non rispondono).
Lavori produttivi (e all’opposto improduttivi), nei rapporti sociali di produzione capitalistici, sono quelli che mettono capo non alla produzione di merci, fisicamente riscontrabili, ma alla formazione di valore e plusvalore.
Non è il lavoro concreto, che realizza il valore d’uso della merce, a determinare il lavoro produttivo, bensì la determinazione formale, puramente quantitativa: il lavoro astratto.
Mafia/e. Confraternite, battesimi e cresime di mafia.
repubblica.it Michele Pennisi
La mafia è una religione capovolta con una sacralità atea che rende schiave le persone inserendole in un circolo diabolico dal quale è difficile uscire.
I mafiosi, indifferenti alle verità di fede, in un ambiente in cui il sentimento e la pratica religiosa sono ancora consistenti e la religione cattolica è maggioritaria e radicata nella cultura di un popolo, mostrano interesse per i simboli e le manifestazioni religiose. Essi pretendono di dimostrare che la mafia è espressione autentica di quelle zone, anche attraverso i gesti di devozione dei loro capi, che non si pongono alcun problema sull’evidente contrasto fra quei simboli e la coerenza nella vita quotidiana.
Quest’atteggiamento schizofrenico crea notevole confusione e ambiguità. In tal modo la fede cattolica e i suoi segni più sacri sono resi strumenti di ostentazione di potere, di acquisizione di consenso sociale e di onorabilità ecclesiale.
Il loro interesse per dei riti religiosi cresce in alcune circostanze: per esempio quando la chiesa diventa il luogo nel quale celebrare eventi significativi riguardanti gli esponenti del clan, come i matrimoni o i battesimi dei figli o dei nipoti, e giunge all’apice col funerale.
Rifiuti, contro gli inceneritori diciamo ‘game over’ allo Sblocca Italia.
La recente sentenza del Tar del Lazio che
ha accolto il ricorso di Associazioni e Comitati contro il Decreto
Sblocca Italia, rimandando la decisione alla Corte di giustizia europea,
è motivo di grande soddisfazione per tutti coloro che da decenni si
battono nel nostro Paese per una corretta gestione dei rifiuti e sarà oggetto di una conferenza stampa il 4 maggio ore 11 davanti all’obelisco di Montecitorio con parola d’ordine #sbloccaitaliagameover, ovvero “sblocca italia fine del gioco”.
Patrizia Gentilini Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde e Medicina Democratica
La sentenza è già stata oggetto di interesse, ma merita di essere ulteriormente approfondita perché riconosce la fondatezza di chi si oppone all’incenerimento dei rifiuti, pratica incrementata fino all’inverosimile dal famigerato Sblocca Italia, ma al penultimo posto (subito prima del conferimento in discarica) nella gerarchia di trattamento dei rifiuti.
Ricordiamo che lo Sblocca Italia– oltre a prevedere la costruzione di nuovi impianti – ha permesso che venissero superati i vincoli territoriali per cui i rifiuti possono viaggiare in lungo e in largo per la penisola e ha stabilito che gli inceneritori bruciassero al massimo della loro potenzialità. Addirittura si scrive che questi impianti – che rientrano fra le industrie insalubri di 1° classe (art.216 RD 1265/34 DM 5.9 /1994) – “costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, ai fini della tutela della salute e dell’ambiente”. Ogni commento è superfluo.
Elezioni Regionali Friuli Venezia Giulia. Matteo Salvini festeggia la vittoria di Fedriga in Friuli Venezia Giulia: "Andiamo a governare".
"Dopo i Molisani, anche donne e uomini del Friuli Venezia Giulia ringraziano il Pd per l'egregio lavoro svolto, e salutano Di Maio e Compagni".
Il leader leghista ha infatti pubblicato un tweet in cui campeggia una foto di una spiaggia con al centro una carta, quella del 2 di picche. Segue il commento: "Dopo i Molisani, anche donne e uomini del #FriuliVeneziaGiulia ringraziano il PD per l'egregio lavoro svolto, e salutano Di Maio & Compagni. GRAZIE!!!!! #andiamoagovernare io sono pronto!".
Ancora Cento Passi: ecco chi sono gli eredi della lezione di Peppino Impastato.
A 40 anni dall'omicidio, L'Espresso in edicola da domenica 29 aprile ricorda con uno speciale di copertina il ragazzo di Cinisi ucciso da Cosa nostra. Lo fa raccontando i giornalisti di frontiera che hanno raccolto il testimone portando avanti inchieste sul territorio.
L'Espresso Giovanni Tizian e Lirio Abbate
L'eredità di Peppino Impastato la troviamo disseminata
lungo la penisola. Dalla Sicilia all'Emilia passando per la Campania.
L'Espresso ha girato l'Italia per raccontare alcune storie non di
singoli cronisti, ma di collettivi e redazioni che hanno raccolto il
testimone di Impastato. E pubblicherà le loro storie nel prossimo numero
in edicola domenica 29 aprile con uno speciale dal titolo “Ancora Cento
passi” per ricordare Peppino Impastato, 40 anni dopo l'omicidio di quel
9 maggio 1978 quando si concretizzò il progetto di ucciderlo ordito dal
capo di cosa nostra, Tano Badalamenti. Quarant'anni dopo i depistaggi
di Stato che volevano trasformare Peppino in un terrorista ucciso dal
suo stesso progetto dinamitardo.Venticinque anni fa, quando il World Wide Web divenne libero.
Il 30 aprile del 1993 il Cern rilasciò il codice sorgente della rete
inventata da Tim Berners-Lee con licenza open source. Libero e gratuito.
E fu l'inizio della rivoluzione.
repubblica.it
ROMA - Il 30 aprile 1993 non fu un giorno qualunque. Anzi. Fu quando il Cern
(l'organizzazione europea per la ricerca nucleare, con sede a
Ginevra) mise a disposizione del pubblico il World Wide Web, fino a quel
momento utilizzato dalla sola comunità scientifica, rinunciando a
qualsiasi tipo di diritto sul software scritto qualche anno prima da un
suo ricercatore laureatosi in fisica a Oxford, il britannico Tim Berners-Lee.
Fu in quel giorno di 25 anni fa che il Web divenne di fatto libero,
perché allora il suo inventore decise di donare agli sviluppatori di
tutto il mondo il linguaggio di questo nuovo mondo digitale, il suo
codice sorgente.
Terremoto Umbria. La “ricostruzione” a Castelluccio è… un centro commerciale.
Allora, so benissimo che ormai del terremoto e dei terremotati non gliene frega più niente a nessuno, quindi qui, adesso, potrò tranquillamente essere palloso – tanto non vi disturbo – e magari nei prossimi giorni tornerò a scriverne ancora, anche se ormai l’impatto del giornalismo sulla società è pari a zero e quindi gli eventuali articoli saranno soltanto un modo per alimentare la mia futura spocchia (sto già preparando la migliore faccia da stronzo per l’inevitabile «ve l’avevo detto» che servirò a chiunque verrà a parlarmi della schifezza del centro commerciale di Castelluccio).
contropiano.org Mario Di Vito
Comunque.
Parliamo, appunto, del centro commerciale a forma di deltaplano la cui costruzione è cominciata da qualche giorno in quel di Castelluccio di Norcia: una struttura da 11.000 metri quadrati nel bel mezzo della piana. Dovrà ospitare un totale di 10 ristoranti e 18 attività commerciali e di servizio.
Quando dalle montagne di carte relative al dopo-sisma emerse questa storia – luglio 2017 -, i vertici della Regione Umbria e i privati interessati alla costruzione del centro commerciale hanno prima bollato le voci come «fake news» (strategia ormai un po’ patetica, usata a vari livelli, per scavalcare le obiezioni senza discuterne) e poi hanno cominciato a rassicurare: non ci sarà cemento, sarà una struttura a impatto zero, ci sarà anche una copertura in verde che non disturberà il paesaggio e così via.
Rivedere il Revisionismo.
In questi giorni ricorre l’anniversario della cattura ed esecuzione di Benito Mussolini e dei gerarchi repubblichini. Si tratta di un episodio fra i più dibattuti e trattati nella storiografia recente, e non su questo ci soffermeremo in questa nota, rimandando eventualmente alle molte opere che trattano di quei giorni, ultima delle quali in ordine di merito anche la nostra [1].
contropiano.org Massimo Zucchetti
Gli
ultimi giorni di Mussolini sono una vicenda emblematica di come sia
necessaria, a volte, una cronaca “momento per momento”, un dettaglio
quasi pedante anche sui particolari, da inserire in un’operazione più
ampia, che crediamo sia – in futuro – da estendere necessariamente anche
ad altri episodi della Guerra di Liberazione. Abbiamo scelto di usare
lo stesso approccio della memorialistica revisionista, ovvero
l’insistenza sul dettaglio, con lo scopo – però – di superare il
revisionismo, cioè di “Rivedere (o revisionare) il revisionismo“.
È
infatti indubbio che alcune delle versioni di questi fatti che per
prime uscirono – e vennero adottate come ufficiali nel dopoguerra e fino
ai ’70 – fossero talvolta imprecise o romanzate: la lotta partigiana,
d’altronde, si meritava un’epopea, e l’ebbe. Negli anni 60/70, tuttavia,
vennero pubblicate ricostruzioni complete del periodo della lotta di
Liberazione, adeguatamente integranti la memorialistica di dettaglio in
precedenza uscita: si fa riferimento qui per semplicità ai testi in
[2-5]. A questa si aggiunge l’ulteriore opera di Giorgio Bocca sulla
Repubblica di Mussolini [6], che costituisce, già nel 1995, un esempio
di storiografia che tenne anche in conto delle testimonianze di parte
repubblichina.
domenica 29 aprile 2018
La sinistra scomparsa non cercatela in un partito.
“Il mutualismo esprime una solidarietà ‘contro’ lo stato di
cose presente, ma esige anche una solidarietà ‘per’, fatta di risposte
immediate a bisogni immediati. Il mutualismo è politico perché valorizza
di nuovo ‘l’agire in comune’, la cooperazione non solo produttiva, ma
morale, intellettuale, solidale su cui si è fondato il movimento operaio
nella storia”.
Salvatore Cannavò Mutualismo. Ritorno al futuro per la sinistra (Alegre)
Salvatore Cannavò Mutualismo. Ritorno al futuro per la sinistra (Alegre)
Nella chiacchiera infinita, compulsiva, inconcludente che affoga la
politica e noi tutti, fa da sottofondo il piagnisteo, quanto mai vuoto e
insopportabile, sulla fine della sinistra. In effetti, questo dicono i risultati del 4 marzo che nella somma tra Pd (sinistra?), Liberi e Uguali, Potere al Popolo
e frammenti vari (a malapena il 23%) ci mostra un triste rigagnolo in
mezzo alle secche là dove soltanto dieci anni fa scorreva ancora
impetuosa l’acqua della passione e dell’impegno. Poi però scopriamo
l’esistenza di una sinistra sommersa che come un fiume carsico agisce in
profondità, invisibile agli sguardi superficiali. Non la troveremo nei
talk show perché non di parole inutili è composta ma di vita reale. Se
non ci credete nel libro di Cannavò, giornalista e manager del Fatto,
già parlamentare della sinistra (che parte dalle ragioni storiche che
hanno portato alla fine del movimento operaio) troverete la lista
“virtuosa” di cooperative e aziende nate o recuperate sui principi e
valori della mutualità.
Austerità in Italia: i sacrifici alimentano il debito.
Negli ultimi anni il rapporto tra debito pubblico e PIL è aumentato,
non diminuito, e questo, insieme ad una informazione economica spesso
tendenziosa o di cattiva qualità, potrebbe indurre molti a credere che
le politiche di austerità
in Italia non siano state fatte, o quantomeno che non siano state fatte
a sufficienza (si vedano, rispettivamente, le dichiarazioni degli ex
commissari alla spending review Perotti e Cottarelli).
Economiaepolitica.it Walter Paternesi Meloni, Antonella Stirati Università di Roma Tre
Al contrario, in questa breve nota proveremo a mostrare per mezzo di
alcuni dati di contabilità nazionale che i tagli alla spesa e l’aumento
della pressione fiscale ci sono stati, e che proprio per questo il rapporto debito/PIL è aumentato.
Il fondamento economico per cui le
politiche di austerità fiscale possono in molti casi peggiorare ciò che
dicono di voler migliorare, ossia il rapporto debito/PIL, risiede nel
fatto che, per via del moltiplicatore fiscale,[1]
la riduzione di debito pubblico – attuata ad esempio grazie ad un
avanzo di bilancio – può causare una riduzione del denominatore del
rapporto (il reddito) di proporzione maggiore della riduzione del
numeratore (il debito pubblico). In altre parole, un consolidamento
fiscale, inteso come taglio della spesa o aumento delle tasse, può far
crescere il rapporto debito/PIL invece di ridurlo.[2]
Per queste ragioni il principio del bilancio in pareggio, introdotto in Costituzione nel 2012 ed in linea con le linee di politica economica dettate dal Fiscal Compact, non è virtuoso ogni qual volta l’economia si trovi in una fase ciclica negativa o comunque vi siano nel Paese lavoro e capacità produttiva (gli impianti delle imprese) inutilizzati o sotto-utilizzati.[3]
In tali circostanze, infatti, perseguire il bilancio in pareggio tagliando la spesa equivarrebbe – per parafrasare metafore poco appropriate ma molto usate nella recente campagna elettorale – ad un padre di famiglia indebitato che rinunciasse ad andare a lavorare per risparmiare sul costo del trasporto verso il posto di lavoro.
Per queste ragioni il principio del bilancio in pareggio, introdotto in Costituzione nel 2012 ed in linea con le linee di politica economica dettate dal Fiscal Compact, non è virtuoso ogni qual volta l’economia si trovi in una fase ciclica negativa o comunque vi siano nel Paese lavoro e capacità produttiva (gli impianti delle imprese) inutilizzati o sotto-utilizzati.[3]
In tali circostanze, infatti, perseguire il bilancio in pareggio tagliando la spesa equivarrebbe – per parafrasare metafore poco appropriate ma molto usate nella recente campagna elettorale – ad un padre di famiglia indebitato che rinunciasse ad andare a lavorare per risparmiare sul costo del trasporto verso il posto di lavoro.
Ambiente. Si può fare! A Genova nasce la risposta al problema della plastica: dagli scarti vegetali si ricavano nuovi materiali ecologici.
Gli scarti di frutta e verdura da oggi possono trasformarsi in plastica biodegradabile.
Ogni anno in Europa si producono 25,8 milioni di tonnellate di spazzatura plastica, di cui solo il 31% finisce in discarica, mentre il resto si disperde in natura andando a impattare negativamente sull’ambiente e l’ecosistema. Il 95% del valore degli imballaggi di plastica (70-105 miliardi di euro all’anno) viene perso a causa dell’utilizzo usa e getta dei contenitori in plastica.
Alla ricerca di alternative ecosostenibili alle plastiche che conosciamo, il team di ricerca sugli smart materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ha sperimentato e brevettato diverse tecnologie che permettono, già da ora, di ottenere bioplastiche ecologiche che azzerano l’impatto ambientale, provenendo dagli scarti del mercato ortofrutticolo e risultando quindi completamente biodegradabili.
F.Q. Pietro Barabino
Alla ricerca di alternative ecosostenibili alle plastiche che conosciamo, il team di ricerca sugli smart materials dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova ha sperimentato e brevettato diverse tecnologie che permettono, già da ora, di ottenere bioplastiche ecologiche che azzerano l’impatto ambientale, provenendo dagli scarti del mercato ortofrutticolo e risultando quindi completamente biodegradabili.
"Fisco, anche lì la redistribuzione dei redditi è sempre e comunque a favore dei più ricchi".
Il Domenicale di
Controlacrisi, a cura di Federico Giusti
Le
tasse sono troppe, leit motive ricorrente e capace di mettere d'accordo
tutti\e a prescindere dal pensiero politico e dalla collocazione
sociale.
Amari tempi, quelli nei quali il partito contro le tasse riesce ad assoldare nelle proprie fila tanto l'imprenditore quanto il freelance o il lavoratore subordinato.
Il sistema di tassazione va in ogni caso rivisto partendo da un presupposto elementare ossia che la politica di uno stato si misura dal sistema fiscale adottato. Non a caso il sistema fiscale approvato dal Congresso degli Stati Uniti vede la drastica riduzione delle tasse per i capitali e i piu' ricchi, minori introiti al Bilancio Federale a cui seguiranno inevitabili e draconiani tagli alla spesa pubblica.
Quando il Governo Renzi e Gentiloni hanno ridotto il peso dei contributi previdenziali versati dai datori di lavoro come forme di incentivo per la ripresa dell'occupazione, sapevano bene a cosa saremmo andati in corso, ossia contratti di breve durata (in virtu' delle regole che disciplinano il lavoro favorendo il datore e la licenziabilità del dipendente) e nella prospettiva poi di avere pensionati tra qualche lustro con assegni previdenziali da fame.
La flat tax e l'aliquota unica tanto cara alle destre rappresentano una concreta minaccia al welfare. Ma a prendersela con la natura progressiva del sistema fiscale sono in molti, anzi in troppi.
Amari tempi, quelli nei quali il partito contro le tasse riesce ad assoldare nelle proprie fila tanto l'imprenditore quanto il freelance o il lavoratore subordinato.
Il sistema di tassazione va in ogni caso rivisto partendo da un presupposto elementare ossia che la politica di uno stato si misura dal sistema fiscale adottato. Non a caso il sistema fiscale approvato dal Congresso degli Stati Uniti vede la drastica riduzione delle tasse per i capitali e i piu' ricchi, minori introiti al Bilancio Federale a cui seguiranno inevitabili e draconiani tagli alla spesa pubblica.
Quando il Governo Renzi e Gentiloni hanno ridotto il peso dei contributi previdenziali versati dai datori di lavoro come forme di incentivo per la ripresa dell'occupazione, sapevano bene a cosa saremmo andati in corso, ossia contratti di breve durata (in virtu' delle regole che disciplinano il lavoro favorendo il datore e la licenziabilità del dipendente) e nella prospettiva poi di avere pensionati tra qualche lustro con assegni previdenziali da fame.
La flat tax e l'aliquota unica tanto cara alle destre rappresentano una concreta minaccia al welfare. Ma a prendersela con la natura progressiva del sistema fiscale sono in molti, anzi in troppi.
"Certificare i prodotti ma a partire da chi li produce. NoCap è l'inizio di una rivoluzione in agricoltura".
Intervista
a Yvan Sagnet.
Non servono molte parole per descrivere Yvan
Sagnet. L’uomo che ha guidato la rivolta dei braccianti agricoli contro i
caporali nelle campagne di Nardò, nel 2011, possiede la semplicità dei
grandi. Carismatico, arguto, moderato nei toni, eppure inflessibile
negli intenti. Parla dritto al cuore della gente, senza giri di parole.
Insignito, nel 2016, cavalierato dell’Ordine al Merito della Repubblica
italiana, Yvan è un giovane camerunense cresciuto sognando una nazione
dorata. L’Italia del calcio, l’Italia dal sole tiepido, l’Italia dalle
mille opportunità. Arrivato a Torino col suo bagaglio pieno di sogni, e
la sua borsa di studio al Politecnico. Poi, per mantenersi agli studi,
trova lavoro nelle campagne salentine. È qui che scopre il caporalato. È
qui che inizia a viverlo sulla sua pelle. Oggi, a distanza di sette
anni, il “cavaliere nero” – come pure è stato ribattezzato – è l’emblema
del cambiamento che fiorisce dal basso, un simbolo di riscatto
dall’oppressione.
“Non so come descrivermi. C’è chi dice che sono uno scrittore, perché ho pubblicato dei libri. C’è chi dice che sono un sindacalista, perché ho lavorato per tanto tempo nel sindacato. C’è chi dice che sono un attivista, perché ho fondato l’associazione internazionale No Cap. Quel che è certo, è che ormai non sono più un ingegnere. Ma resto un uomo.”
“Non so come descrivermi. C’è chi dice che sono uno scrittore, perché ho pubblicato dei libri. C’è chi dice che sono un sindacalista, perché ho lavorato per tanto tempo nel sindacato. C’è chi dice che sono un attivista, perché ho fondato l’associazione internazionale No Cap. Quel che è certo, è che ormai non sono più un ingegnere. Ma resto un uomo.”
Potere al Popolo. “Primo maggio di lotta e libertà”.
Da
decenni il lavoro subisce tutti gli assalti delle politiche liberiste,
italiane ed europee, della ferocia del mercato e della globalizzazione,
della prepotenza delle imprese.
I
governi di centrosinistra e centrodestra, spesso con la complicità o la
subalternità dei gruppi dirigenti di CGIL, CISL e UIL, hanno distrutto i
diritti sociali e del lavoro e hanno prodotto condizioni di precarietà e
di fatica insopportabili. Troppo spesso senza che ci fossero adeguate
mobilitazioni sindacali unitarie che contrastassero quelle scelte.
Oggi
dilagano sfruttamento e oppressione ovunque, mentre la precarietà e la
libertà di licenziamento, scatenata dalla cancellazione dell’articolo
18, impongono vere e proprie forme di schiavismo nei luoghi di lavoro.
Il
salario crolla i diritti sono soppressi e le diseguaglianze esplodono ,
mentre la stessa vita di chi lavora è sempre più aggredita, con gli
omicidi per profitto che aumentano più della crescita del PIL.
I
giovani vengono derubati di ogni futuro e di ogni sicurezza, mentre
contro le donne si presentano vecchie discriminazioni e nuove violenze.
Il 25 aprile che ci vuole, ogni giorno.
In piazza. Questa mattina. Il mio pippone del venticinque aprile.
Commemorare la Resistenza, nel 2018, senza cadere nella retorica celebrativa è piuttosto difficile.
contropiano.org Mattia Zucchini *
Intendiamoci, non c’è nulla di male nella retorica celebrativa, ma quando ho chiesto al nostro Presidente ANPI di avere l’onere, per quest’anno, di tenere il discorso ufficiale in occasione del 25 aprile, l’ho fatto con l’obiettivo di non salire qua sopra solo per recitare l’agonia dei buoni sentimenti e dei valori astratti che hanno ispirato i nostri padri costituenti eccetera eccetera.
Non vi parlerò neppure dei fascisti cattivi con le svastiche tatuate, il culto del corpo e la scarpe alla moda.
Certo, faremmo bene a fare attenzione a non assuefarci alle dosi neppure troppo omeopatiche di aggressioni, intimidazioni e provocazioni diluite ormai nella quotidianità delle nostre tranquille esistenze.
Di questi coglioni che inneggiano al duce, all’autarchia ed al becero nazionalismo ce ne sono, ce ne saranno ancora e, soprattutto, ce ne sono sempre stati.
E sono anche facili da riconoscere.
Quando si vestono da fascisti.
Quando parlano da fascisti.
Quando ci raccontano come si campasse alla grande durante il ventennio.
Con i figli al fronte a fare la guerra, il cibo razionato, le bombe sulle città e nemmeno un podio dal quale potersene lamentare.
Che bello che era il fascismo, ci spiegano oggi.
Con i treni che arrivavano in orario, ma con i vagoni piombati dall’esterno.
Ma anche questo, sono certo, ve lo siete già sentito dire e se c’è una cosa che vorrei evitare è contribuire a rendere il ricordo dei valori fondamentali una litania che stanca chi è confuso e assopisce chi è distratto.
Dunque che senso può avere, nel 2018, parlare di fascismo?
Vi proporrei di parlare del piccolo fascista che è in noi, nelle nostre abitudini, nella nostra ignavia, nel nostro essere distratti e nella nostra pancia.
Coree, cosa succede se si riuniscono.
Qualche mese fa mi trovavo in Vietnam in compagnia di tre coreani, due del Nord e uno del Sud. Chiesi al più anziano dei due nordcoreani chi avrebbe governato il Paese dopo un’eventuale riunificazione. Indicando il suo più giovane compagno il nordcoreano mi rispose: “i giovani”.
Fabio Marcelli Giurista internazionale
Uguali per lingua e cultura nazionale, nord e sudcoreani vivono da quasi 70 anni in una situazione di dolorosa separazione e artificiosa contrapposizione alimentata nel corso dei decenni dall’esistenza della guerra fredda e da scellerate politiche militariste.
La riunificazione del Paese – che vanta storia antica e gloriosa – costituisce una richiesta legittima e una naturale esigenza. Una Corea riunificata darebbe una risposta positiva alle aspirazioni dei suoi cittadini del Nord e del Sud e rappresenterebbe un forte fattore di stabilizzazione per tutto il contesto asiatico.
Ovviamente non sarà un percorso né breve né facile. Dovrà essere previsto un lungo periodo di transizione mantenendo un dualismo istituzionale ma dando vita parallelamente a istituzioni comuni. Non è certo pensabile riprodurre in qualche modo il modello tedesco, sostanzialmente caratterizzato dal mero assorbimento dell’Est da parte dell’Ovest. Al di là delle soluzioni da escogitare e sperimentare sul piano interno
– dando vita a un sistema originale che superi i limiti insiti in
entrambe le esperienze – sarà decisivo dare una risposta valida sul
piano internazionale.
sabato 28 aprile 2018
La Cassazione boccia il teorema giudiziario contro il movimento No Tav
dinamopress Luca Galantucci
La Cassazione annulla la sentenza della Corte d’Appello di Torino riguardo alle giornate di mobilitazione del movimento No Tav dell’estate 2011: una assoluzione, eliminazione di alcuni capi di imputazione per 7 imputati, con conseguente richiesta di rideterminazione (al ribasso) delle pene, e processo da rifare interamente per i restanti 26 imputati
Amianto, dossier di Legambiente: “In Italia bonificato il 2% degli edifici. Lazio e Trentino non hanno piano di rimozione”.
E il dato è per difetto, visto che alcune Regioni non hanno nemmeno completato le attività di censimento. È la fotografia scattata dall’ultimo rapporto Liberi dall’amianto?, realizzato da Legambiente e presentato in occasione della Giornata mondiale delle vittime d’amianto, che si celebra oggi.
“Le procedure di bonifica e rimozione dall’amianto in Italia sono ancora in forte ritardo“, denuncia l’associazione ambientalista. E ci sono i numeri a dimostrarlo: sono 6.869 gli edifici pubblici e privati bonificati ad oggi, su un totale di 370mila nei quali ci sono tracce della fibra killer che l’Italia ha messo al bando nel 1992. Le strutture, all’interno delle quali ci sono quasi 58milioni di metri quadrati di coperture realizzate in eternit, sono in larga parte edifici privati (oltre 214mila) e coperture in cemento armato (quasi 66mila), ma anche 50.744 edifici pubblici risultano ancora a rischio.
L’Aja certifica: “in Siria non c’è stato alcun attacco chimico”.
Nesun giornale italiano ne ha dato notizia, eppure la seduta svoltasi l’altro ieri a l’Aja, nella sede dell’Opcw (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons),
ha preso in esame il famoso “attacco con armi chimiche” delle truppe di
Assad che per poco non è diventato il casus belli di uno scontro
potenzialmente catastrofico tra Usa e Russia.
Cos’è successo?
Davanti ai “giudici” sono comparsi 17 cittadini siriani di Douma, ripresi nei video che hanno fatto il giro del mondo. Tra di loro il bambino di 11 anni, Assan Diab. Che veniva investito da un getto d’acqua per “liberarlo dai gas al cloro”.
Com’è noto, abbiamo nutrito più di qualche dubbio su quel filmato girato dagli “Elmetti bianchi” (una sorta di Croce rossa legata ai jihadisti alleati degli Usa e della Turchia), proponendovi anche un’analisi informata da parte di un ex ufficiale dell’esercito italiano che aveva svolto il suo servizio proprio nei reparti Nbc (quelli che devono affrontare le conseguenze di eventuali attacchi nucleari-batteriologici-chimici). Ma quel che è venuto fuori da questa seduta olandese ha superato anche la nostra esperienza in bufale di guerra.
Il bambino ha spiegato che “Eravamo nel seminterrato e abbiamo sentito gente gridare che dovevamo andare in ospedale. Abbiamo attraversato un tunnel. All’ospedale hanno iniziato a versare acqua fredda su di me e avevo fumo negli occhi…”. Tutti i 17 testimoni hanno affermato che non c’è stato nessun attacco chimico, ma la “normale”, terribile, guerra “convenzionale” con il suo seguito di crolli, calcinacci, rifugi sotterranei, caos.
venerdì 27 aprile 2018
L’economia digitale: quattro minacce e altrettante utopie
Fonte: Sbilanciamoci.infoAutore: Vincenzo Comito
Il nostro immaginario del prossimo futuro è
popolato di incubi come i robot che sostituiscono il lavoro umano o le
cyber intrusioni nella vita privata ma anche nei gangli della democrazia
e poi di altrettante utopie californiane e affini. Ultimamente i
cantori di “le temps des cerises” sembrano avere meno fiato delle sirene
di sciagura.
Le riflessioni, oltre che le notizie, sull’economia digitale occupano un crescente spazio sui giornali, nelle librerie, nei centri di ricerca e questo certamente a ragione, vista le grande importanza del tema per il futuro del mondo.
Analizzando almeno alcune di tali riflessioni abbiamo cercato di estrarne alcuni punti nodali; in particolare, abbiamo isolato quattro minacce che, secondo la letteratura esaminata, lo sviluppo del settore fa planare sul mondo o almeno su di una parte di esso e, d’altro canto, anche un uguale numero di utopie, più o meno benevole.
Le riflessioni, oltre che le notizie, sull’economia digitale occupano un crescente spazio sui giornali, nelle librerie, nei centri di ricerca e questo certamente a ragione, vista le grande importanza del tema per il futuro del mondo.
Analizzando almeno alcune di tali riflessioni abbiamo cercato di estrarne alcuni punti nodali; in particolare, abbiamo isolato quattro minacce che, secondo la letteratura esaminata, lo sviluppo del settore fa planare sul mondo o almeno su di una parte di esso e, d’altro canto, anche un uguale numero di utopie, più o meno benevole.
Puglia. Tap, sequestrato nuovo cantiere per violazione della "Valutazione di impatto ambientale".
Il provvedimento è stato preso dalla Procura di Lecce dopo un esposto presentato da alcuni parlamentari.
I lavori che erano in corso, avviati pochi giorni fa, avrebbero dovuto concludersi il 30 aprile prossimo. Riguardano il cosiddetto 'cluster 5' dove è stata recintata da Tap un'area lunga circa un chilometro che ricade nell'azienda agricola 'Le Paisane', e da dove sono state espiantate 448 giovani piante di ulivo che sono state poste a dimora sotto tendoni realizzati ai margini della zona dei lavori.
Piperno: «Il Pci impedì a Fanfani di salvare Moro. Gotor? Scrive balle».
L’intervista – «Io in via Gradoli? Una balla di Gotor». Piperno ritorna sulle ultime settimane del sequestro Moro, tra fine aprile e inizio maggio ’78, quando emerse un accenno di trattativa che poi non ebbe seguito.
contropiano.org Paolo Persichetti *
Liquida Miguel Gotor, che nelle ultime settimane
lo ha accusato sul Fatto Quotidiano di essere la “gola profonda” che avrebbe portato alla scoperta della base brigatista di via Gradoli: «non a caso dagli scrittori di libri polizieschi ritenuto uno storico, ma dagli storici considerato solo un romanziere».
Infine ridicolizza le “clamorose scoperte”, annunciate nella ultima
relazione intermedia prodotta dalla defunta Commissione Moro 2
Il sequestro Moro poteva
concludersi senza la morte dell’ostaggio? Franco Piperno ribadisce che
era possibile. Tutto ruota attorno ai giorni concitati d’inizio maggio
‘78, dopo la telefonata di Moretti del 30 aprile alla famiglia dello
statista democristiano e il comunicato Br nel quale figurava quel
gerundio – «eseguendo la sentenza» – che di fatto rimandava l’esecuzione.
L’iniziativa socialista
aveva aperto un canale di comunicazione ed ai brigatisti era stato detto
che il 7 maggio Fanfani avrebbe fatto un’importante dichiarazione di
apertura. Perché tacque? Il suo silenzio fu la conseguenza di una
interferenza del Pci, che forte dei suoi voti indispensabili per
l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica aveva validi argomenti
per condizionare le decisioni del Presidente del Senato, uno dei
pretendenti più quotati?
Durante le trattative
per la formazione del nuovo governo, Fanfani aveva cercato di scavalcare
a sinistra Moro proponendo un governo d’emergenza con la partecipazione
diretta dei comunisti.
Ne scrive sui suoi Diari
un infastidito Andreotti e lo testimonia l’ambasciatore Usa Gardner,
allarmatissimo ma poi rassicurato dall’opzione ben più moderata di Moro
che tenne fuori dal governo i tre ministri tecnici indicati dal Pci,
rompendo gli accordi presi da Zaccagnini, pronto a dimettersi, e dallo
stesso Andreotti.
Libro. Fenomenologia del mutualismo (consigli utili per la sinistra).
Un recente libro di Salvatore Cannavò analizza l'azzeramento della sinistra nel Paese e traccia le linee guida per un nuovo inizio: "Per guardare al futuro dobbiamo tornare là dove tutto è cominciato". Dalle cooperative di Marx alle fabbriche recuperate, dal Chiapas al Rojava, dalle battaglie per il "comune" alla richiesta del salario minimo, il giornalista ipotizza la via del mutualismo conflittuale e politico.
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micromega Giacomo Russo Spena
La sinistra che vince nei ricchi Parioli ma sparisce nelle periferie. La sinistra che non sa più rappresentare le classi subalterne. La sinistra che ha perso culturalmente. La sinistra che a furia di attaccare il cosiddetto populismo, è finita a difendere le elite del Paese. La sinistra che è incapace di narrazioni egemoniche della società. La sinistra che è stata azzerata alle scorse elezioni. La sinistra che non c'è più.
Dato il quadro, il giornalista Salvatore Cannavò scrive per Alegre Edizioni un libro importante per ripartire, o almeno per provare a farlo. Il titolo è esplicativo: "Mutualismo, ritorno al futuro per la sinistra" (191pp, 15euro).
Un testo non sempre condivisibile in ogni passaggio ma che – smussati gli spigoli troppo operaisti dell'autore e alcuni schemi un po' tradizionali – ripercorre con minuzia le storture della sinistra e, soprattutto, traccia le ricette per uscire dalla marginalità e promuovere quell'auspicato cambiamento, di cui ci sarebbe bisogno nel Paese.
La politica dell’uguaglianza. La sinistra riparta da qui.
Pubblichiamo la prefazione da “Il Manifesto per l’Uguaglianza” (Laterza, 2018), il nuovo libro del filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, focalizzato sull’esplosione delle disuguaglianze. Un fenomeno non solo in contrasto con tutte le Costituzioni e le carte internazionali dei diritti, ma che mette in pericolo anche democrazia, pace e sviluppo economico. Ecco perché il progetto dell'uguaglianza deve essere la base per una rifondazione della politica.
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micromega Luigi Ferrajoli
Il principio di uguaglianza è il principio politico dal quale, direttamente o indirettamente, sono derivabili tutti gli altri principi e valori politici. Esso equivale all’uguale valore associato a tutte le differenze di identità e al disvalore associato alle disuguaglianze nelle condizioni materiali di vita; si identifica con l’universalismo dei diritti fondamentali, siano essi politici o civili o di libertà o sociali; è il principio costitutivo delle forme e, insieme, della sostanza della democrazia; forma la base della dignità delle persone solo perché “persone”; è la principale garanzia del multiculturalismo e della laicità del diritto e delle istituzioni pubbliche; rappresenta il fondamento e la condizione della pace; è alla base della sovranità popolare; è perfino un fattore indispensabile di uno sviluppo economico equilibrato ed ecologicamente sostenibile; forma infine il presupposto della solidarietà ed è perciò il termine di mediazione tra le tre classiche parole della rivoluzione francese.
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