Patrizia Gentilini Medico oncologo ed ematologo, membro di Isde
Le sostanze erano presenti nel cibo somministrato agli animali e
ciascuna di esse a una dose considerata non tossica e quindi
assolutamente tollerabile.
Il cocktail conteneva sia insetticidi
(thiacloprid, chlorpyrifos) che fungicidi (boscalid, captan, thiofanate,
ziram) ampiamente usati anche in Italia e puntualmente presenti nelle nostre falde acquifere.
Le cavie che hanno ricevuto le piccole e ripetute dosi quotidiane di pesticidi (in
modo quindi del tutto sovrapponibile a quella che è l’esposizione
umana) hanno presentato, rispetto al gruppo di controllo alimentato con
il medesimo mangime ma senza residui di pesticidi, profonde alterazioni metaboliche, in particolare steatosi epatica, tendenza all’obesità, intolleranza al glucosio con effetto diabetogeno, alterazione del microbiota intestinale.
Si tratta di una ricerca certamente
importante specie perché mette in evidenza l’inadeguatezza delle
valutazioni tossicologiche che (oltre a molte altre manchevolezze)
prendono in esame il singolo pesticida e trascurano l’effetto “cocktail”,
ovvero l’azione spesso sinergica delle diverse sostanze
contemporaneamente presenti.
Tuttavia non si tratta certo di una novità
visto che da decenni una parte della comunità scientifica denuncia il
pericolo rappresentato da sostanze che alterano l’equilibrio ormonale, compreso quello metabolico e che sono note come “interferenti endocrini”.
Il termine “interferente endocrino”
è stato introdotto per la prima volta nel 1991 e con esso si intendono
tutte le sostanze che interferiscono con la sintesi, la secrezione, il
trasporto, l’azione, il metabolismo o l’eliminazione degli ormoni.
Si tratta di diverse migliaia di sostanze di natura chimica anche molto
diversa fra loro, da metalli pesanti come cadmio e arsenico al
bisfenolo A, dal Ddt alle diossine, ai pesticidi etc. e, al pari degli
ormoni, agiscono a dosi estremamente basse, per cui il detto di Paracelso “la
dose fa il veleno” in questo caso non vale.
Gli effetti negativi per la
salute che ne conseguono sono molteplici: alterazione della fertilità,
malformazioni, deficit riproduttivi, malattie della tiroide, alterazioni
metaboliche, immunitarie, disturbi neuro-comportamentali e tumori.
La
peculiarità degli interferenti endocrini è però quella di poter agire
anche sulle cellule germinali e
indurre quindi alterazioni che si trasmettono alle generazioni
successive e credo che a nessuno sfugga la gravità di questa
possibilità.
A parte gli studi sperimentali sugli animali esistono già da decenni moltissimi studi epidemiologici
che su popolazioni esposte hanno dimostrato l’esistenza di una
correlazione fra alterazione dell’assetto lipidico, più elevati livelli
di colesterolo e trigliceridi e presenza di contaminanti, quali
policlorobifenili e pesticidi, nel sangue e di aumento di rischio di diabete per gli agricoltori e le loro mogli.
Spero ardentemente che il clamore suscitato
dall’indagine francese non si affievolisca e che su questi temi ci sia
sempre più attenzione non solo da parte dei cittadini ma anche delle istituzioni.
Rendere fruibile un’informazione scientifica rigorosa e “traghettare”
le conoscenze alle comunità e ai decisori politici è un obiettivo
prioritario dell’Isde cui nessuno di noi si sottrae, è quindi con molto piacere che comunico che la “neonata” sezione Isde di Lecce già per il prossimo 9 luglio ha organizzato su questi temi un importante convegno dal titolo Xylella, pesticidi, rischi sanitari. L’informazione è il primo, indispensabile strumento per difendere la nostra salute e quella dei nostri cari.
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