Cari amici,
un sito si è preso la briga di parametrare effettivamente la dimensione della PA italiana rispetto ad alcune grandi economie mondiali. Il nome lo farò alla fine, e capirete il perchè. Ora vi presento i dati ottenuti da elaborazioni sui dati OCSE. Iniziamo dalla parametrizzazione del numero di dipendenti pubblici sul numero degli abitanti per alcuni paesi, esclusi i militari.
Il numero di dipendenti pubblici per 1000 abitanti è il più asso fra i paesi parametro, molro inferiore a Francia ed a Germania, l’80% in meno degli USA, un terzo rispetto alla Svezia.
Forse questo fenomeno può essere spiegato dalle privatizzazioni nei servizi pubblici avvenute negli ultimi 30 anni: se i servizi essenziali sono privati, anche i dipendenti relativi sono privati. Vediamo quindi il numero dei dipendenti di settori parapubblici:
No, non è questo il caso, anche se l’Italia, in questo caso, non è più ultima, è penultima ed i dipendenti di tutti gli altri paesi, per 1000 abitanti la superano in numero, tranne che per quanto riguarda la Grecia. L’osservazione sui settori para-pubblici è significativa solo per la Svezia.
Ora il pezzo forte: quale sarebbe la disoccupazione negli altri paesi se il numero dei loro dipendenti pubblici fosse proporzionalmente uguale all’Italia? Qui le sorprese: avrebbero una disoccupazione ben superiore a quella italiana!
Tra l’altro non è vero che i laureati italiani sbagliano laurea , dato che se consideriamo le lauree STEM (scienze , tecnologia ingegneria e matematica) dal penultimo passiamo al terzultimo posto. Insomma anche gli ingegneri non trovano lavoro decente in Italia, come del resto mi riferiscono molti tecnici del settore. I vari detrattori della “Spesa pubblica improduttiva” ci rimarrebbero di sale…..
Ora queste interessanti informazioni sono state pubblicate nel sito valori.it, che ringraziamo per i dati, ma di cui critichiamo le conclusioni. L’idea dei redattori dell’articolo è di creare un milione di posti pubblici. Come? Con un’imposta patrimoniale sulla ricchezza finanziaria, cioè quella mobile. L’idea è di fare un’imposta una tantum e con il risultato far partire le assunzioni che poi si automanterrebbero con l’effetto moltiplicatore della spesa pubblica. Peccato che ci siano una serie di fondamentali problemi concettuali:
- se la spesa viene finanziata dalla tassazione non vi è effetto di moltiplicazione, o meglio questo è molto ridotto. Non sarebbe una patrimoniale una tantum, ma una semper, sino ad esaurimento del bene da tassare;
- la ricchezza finanziaria si chiama, per sua natura, mobile. Se la tassa fosse di carattere “Personale” cioè colpendo le ricchezze mobili dei cittadini italiani, assisteremmo al più colossale fenomeno di spoliazione e di trasferimento all’estero della ricchezza mobiliare della storia, con la creazione di schermi societari etc, tutte forme difficilmente superabili. Se invece colpisse su base territoriale, cioè la ricchezza finanziaria generata dall’Italia, avremmo un’imposta patrimoniale essenzialmente fondata sul debito pubblico….
- ci sarebbero effetti distorsivi devastanti sulla ricchezza mobile;
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