martedì 2 ottobre 2012

File sharing, legale se per uso personale

acapor boxesIl Procuratore Generale del Portogallo rispedisce al mittente le denunce avanzate dall'equivalente portoghese della SIAE.

L'anno scorso, la portogheseACAPOR - associazione che potremmo paragonare alla nostra SIAE - aveva portato davanti all'ufficio del Procuratore Generale del Portogallo, come segno di protesta, diversi scatoloni contenenti pieni di fogli, sui quali erano riportati circa 2.000 indirizzi IP.
Tali indirizzi, secondo l'ACAPOR, facevano capo ad altrettanti pirati, colpevoli di scaricare e diffondere via Internet materiale coperto da copyright.
«Faremo tutto ciò che potremo per attirare l'attenzione del governo sulla situazione molto seria in cui si trova l'industria dell'intrattenimento» aveva commentato l'associazione, spiegando che «2.000 denunce dovrebbermo essere abbastanza per mettere in difficoltà il sistema giudiziario».

Evidentemente, l'ACAPOR non si aspettava quanto poi è successo. Il Dipartimento di Indagini e Azioni Penali ha vagliato tutto il materiale e, ora, ha reso note le proprie decisioni, che si possono sintetizzare nella decisione di non procedere.
«Dal punto di vista legale,» - ha spiegato il procuratore - «pur considerando che gli utenti sono dia dei downloader che degli uploader, crediamo che la loro condotta sia legale, anche se si considera che gli utenti continuano a condividere i file una volta che il download è terminato».
Secondo il procuratore la condivisione, se personale e non a fine di lucro, allora è in regola con la legge. Il diritto all'educazione, alla cultura e alla libertà di espressione non deve essere ristretto a causa del copyright, se avviene con finalità non commerciali.
C'è di più: gli indirizzi IP portati dall'ACAPOR sarebbero in ogni caso inutilizzabili per un'azione penale, dato che un indirizzo non identifica automaticamente una persona.
Il titolare dell'abbonamento che fa capo a un determinato indirizzo, infatti, «non è necessariamente l'utente che lo sta usando nel momento in cui avviene l'infrazione, o l'utente che rende disponibile l'opera coperta dal diritto d'autore, ma è soltanto l'individuo che ha un servizio registrato a proprio nome, indipendentemente dal fatto che questa persona lo stia usando oppure no».
Tutto ciò è chiaramente risultato indigesto ai dirigenti dell'ACAPOR, che hanno accusato il procuratore di aver soltanto scelto di percorrere la via più semplice, così da non dover dar seguito a 2.000 azioni legali.


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